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Messaggio Da einrix Ven 03 Mag 2013, 10:10

Sempre sugli stessi argomenti, proprio questa mattina mi sono accorto che Laterza sta pubblicando una collana speciale con la finalità di chiarire molti di quei concetti che ho esposto nel libro di Ha Joon Chang.

E così ho comperato sia
- La ricchezza avvantaggia tutti [FALSO] di Z. Bauman Consigli di lettura 9788858106525
- Non ci possiamo permettere lo stato sociale [FALSO] di F. Rampini Consigli di lettura 9788842095026
ma ve ne sono altri su altri temi controversi.

Forse non è la sezione giusta questa, prendendo quasi la piega di un :Consigli per la lettura

E converrà magari trovargli uno spazio più consono. Mi affido al buon senso di chi gestisce il Forum
Grazie.
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Messaggio Da Guya Lun 13 Mag 2013, 13:45

Consigli di lettura Coverfront_2231

“Il miracolo scippato”: le quattro occasioni sprecate della scienza italiana negli anni sessanta

Agli inizi degli anni sessanta, l’Italia primeggiava in quattro settori: informatico, petrolifero, nucleare e medico. “È il momento Sputnik della nostra generazione [...] Investendo in educazione e ricerca non soltanto sorpass(eremo) i sovietici ma riusci(remo) a innovare e a creare nuove industrie e milioni di posti di lavoro”. Ma purtroppo le cose andarono diversamente. Oggi non siamo un paese tecnologico. In pieno terzo millennio, l’Italia è il fanalino di coda tra i paesi più sviluppati proprio per scarsità d’innovazione e ricerca. Perché?
Marco Pivato, attraverso il suo libro inchiesta “Il miracolo scippato”, cerca di dare una spiegazione a questo fallimento ricostruendo, per la prima volta, la storia di quattro casi esemplari di virtuosismo scientifico italiano finiti male, vale a dire: l’azienda Olivetti che mette sul mercato il primo computer a transistor della storia; vale a dire Enrico Mattei che, erodendo il monopolio delle compagnie petrolifere americane ed inglesi, dà una possibilità all’Italia di svilupparsi durante il boom economico tanto da diventare una delle principali potenze nello scenario dell’Europa pacificata; vale a dire la storia del nucleare italiano, quindi Felice Ippolito e Cnen (Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare) che portano l’italia, a metà degli anni sessanta, ad essere il terzo paese produttore di energia dietro soltanto a Stati Uniti e Gran Bretagna; vale a dire Domenico Marotta, direttore dell’istituto superiore di sanità dal 1935 al 1961, che ha realizzato il contrario di quello che oggi chiamiamo la fuga dei cervelli, tanto da attrarre e preparare premi Nobel come Daniel Bovet e Ernst Boris Chain.

Tutto questo fermento viene interrotto a tempo di record. Quattro incubatrici di un modello di sviluppo economico e sociale, basato sulla ricerca scientifica, gettate alle ortiche tra le faide politiche interne, le pressioni e i sabotaggi internazionali in piena guerra fredda.

Attraverso la cronaca, la stampa, la letteratura ed una serie di interviste a testimoni diretti come Ernesto Galli della Loggia, Sergio Zavoli, Umberto Veronesi, l’ex presidente del CNR Luciano Maiani e Rita Levi-Montalcini, Marco Pivato ha ricostruito questi quattro puzzle al fine di capire cosa sia successo veramente all’Italia di cinquant’ anni fa.
“La scienza è portatrice di valori laici e progressisti – commenta Sergio Zavoli – e in quegli anni avrebbe portato la storia del nostro paese verso scenari incondivisibili dalla Dc e dalla chiesa che si credeva avesse il mandato di opporsi a tutte le spinte riformatrici. Persino Papa Giovanni XXIII, che pure era un Papa progressista, era molto cauto nei confronti della tecnologia Tv perché allontava la famiglia dalla comunione e dall’aggregazione. Per questo la Tv è arrivata in Italia con dieci anni di ritardo”.
“Se l’Italia – continua Rita Levi Montalcini – ha scelto un modello di sviluppo senza ricerca non dipende dai valori associati alla scienza ma solo da un deprecabile motivo: la fame di polemica. La classe politica del nostro paese – dichiara il Nobel – si contraddistingue per questa litigiosità che ci ha allontanato dalla sintesi verso obiettivi comuni per il bene dei partiti. Gli italiani, questo bisogno di dialogo, o non l’hanno mai riconosciuto o non l’hanno mai accettato ed è questa dimenticanza che io condanno e che mi ha delusa più di ogni altra cosa”.
“Abbiamo studiato, valutato e ora abbiamo le prove, i mandanti e gli esecutori di questa vera e propria Caporetto della scienza italiana [...] Questo è un racconto senza lieto fine che propone le cause che hanno portato il nostro paese a perdere il treno dell’innovazione. Bisogna cambiare le cose. Dobbiamo lasciare alle giovani classi d’ imprenditori e politici, che stanno per prendere la poltrona ai dinosauri del nostro confuso parlamento, la responsabilità di realizzare un nuovo risorgimento.” (Marco Pivato)

Marco Pivato, di formazione chimico farmaceutico, si è specializzato in giornalismo scientifico alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa) di Trieste. Attualmente è redattore presso il gruppo del Quotidiano Nazionale. È membro della Società di tossicologia italiana (Sitox), dell’Unione giornalisti italiani scientifici (Ugis) e dell’Associazione stampa medica italiana (Asmi).
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Messaggio Da Adam Lun 13 Mag 2013, 16:15

Di tutt'altro genere:

Del Premio Nobel Mo Yan

Le sei reincarnazioni di Ximen Nao


Consigli di lettura 41ivXtWQQFL._SL500_AA300_


Un grande scrittore, in un ottimo italiano di traduzione - che si spera fedele all'originale - che racconta la storia recente della Repubblica popolare Cinese avvalendosi della metempsicosi. Con tratti ironici e descrittivi di grande qualità.
Un modo divertente per conoscere un modo da noi lontano per Storia e Geografia, ma assai vicino per l'aspetto antropologico che hanno i comuni problemi degli umani.
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Messaggio Da Condor Gio 16 Mag 2013, 21:37

Consigli di lettura 97888014

Dell'invecchiare, dell'essere fragili, inadeguati, perfino del morire
parliamo ormai di nascosto. Ai bambini è negata l'esperienza
della fine. La caducità, la sofferenza, la sconfitta sono fonte
di frustrazione e di vergogna. L'estetica dell'eterna giovinezza
costringe molte donne nella prigione del corpo perfetto
e le inchioda dentro un presente mortifero, incapace di darci
consolazione, perfino felicità.
In questa intensa, sorprendentemente gioiosa inchiesta
narrativa, Concita De Gregorio ci chiede di seguirla proprio
in questi luoghi rimossi dal discorso contemporaneo. Funerali
e malattie, insuccessi e sconfitte, se osservati e vissuti
con dignità e condivisione, diventano occasioni imperdibili
di crescita, di allegria, di pienezza. Perché se non c'è peggior
angoscia della solitudine e del silenzio, non c'è miglior sollievo
che attraversare il dolore e trasformarlo in forza.

«Penso a Stefania Sandrelli morente che,
ne La prima cosa bella, chiede a suo figlio
quarantenne se ha bisogno di mutande, calzini.
Poi sospira: "Però ci siamo tanto divertiti".
È una fatica, raccontarsela tutta, ma una grande
soddisfazione, un sollievo e una cura.
Un'avventura magnifica. Ci siamo tanto divertiti,
si dice sempre alla fine».


***


«Per raccontare la vita com'è, bisogna cominciare dalla fine, dalla
morte, così difficile da affrontare e da spiegare ai bambini(...) "Dare
un nome a quello che non si può dire, entrare con un salto nel regno
segreto e farlo in compagnia, addirittura"(...)»
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Messaggio Da cireno Ven 17 Mag 2013, 18:36

Il libro di Concita lo compero certamente. Ho appena finito di leggere Dipinti e lacrime di Elkins

(ALLA RICERCA DEL PIANTO PERDUTO DIPINTI E LACRIME DI JAMES ELKINS
Nel saggio pubblicato da Bruno Mondadori lo storico dell'arte americano ripercorre le vie del sentimento estetico dal punto di vista dei fruitori, spiegando perché le lacrime sono spesso state una reazione diffusa davanti ai dipinti ma soprattutto perché, ammalati di intellettualismo, non siamo più capaci di piangere di fronte a un'opera d'arte
)

e sono orfano. Domani lo compero.




PS Stanotte ho rivisto un vecchio film di Krzysztof Kieslowski "Non desiderare la donna d'altri", bellissimo, veramente. Consiglio.
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Messaggio Da cireno Sab 18 Mag 2013, 11:34

L'ho comperato, parlo del libro della De Gregorio, un piccolo libro di 116 pagine, costo 10 euro. Ho già cominciato a leggerlo.
Certo che l'inizio:-

-Le cose migliori che mi sono successe negli ultimi tre anni sono state a un funerale. Incontri, viaggi, emozioni, sorprese scoperte e allegrie, riso nel pianto e luce nel lutto.......


cireno
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Messaggio Da Condor Sab 18 Mag 2013, 21:28

cireno ha scritto:L'ho comperato, parlo del libro della De Gregorio, un piccolo libro di 116 pagine, costo 10 euro. Ho già cominciato a leggerlo.
Certo che l'inizio:-

-Le cose migliori che mi sono successe negli ultimi tre anni sono state a un funerale. Incontri, viaggi, emozioni, sorprese scoperte e allegrie, riso nel pianto e luce nel lutto.......

...Perché non ha proprio senso arrendersi, mai. Né davanti alla chemio né davanti al fallimento di un progetto né davanti alla vita quando il mondo fuori è quello che è, dove niente è più al suo posto e non si sa come farcelo tornare. Ecco come: ricominciando da dove siamo partiti, dal nostro posto, prendendo i bimbi per mano e attraversando la strada di notte, non importa se è buoio o se fa vento. La luce è dentro, basta accenderla. (da: Fatti di vento - pag.48-)

E ancora un altro passo.

...A ricordare, a fare in modo che non rimangano conti in sospeso. Riavvicinare un padre a un figlio: un padre che non è mai riuscito a dire ti voglio bene e un figlio che non ha mai saputo dire grazie, per esempio.
(da:I conti in sospeso - pag.66-).

Amico Cireno, non dirmi che ti sei fatto prendere dal timore della morte? Non è da te!
Quel timore pervade solamente i materialisti, consapevoli e inconsapevoli di esserlo, senza alcuna distinzione di colore politico o di credo religioso - anche il non credere, nel senso ecumenico del termine, in fondo, è un credo religioso -.
Non mi pare che tu possa essere annoverato a quella categoria di persone (quella dei materialisti).
Siamo umani. La paura della morte ci attanaglia con intensità morbosa nel momento in cui ci rendiamo conto che poco abbiamo donato ai nostri simili; vorremmo poter fare di più, ma il tempo è già al conto alla rovescia.
Un donare che non è vincolato a beni tangibili, con proprio intendere dei materialisti, ma è espressamente legato ai nostri sentimenti: messi in luce con un sorriso, una carezza, una parola di conforto verso il nostro prossimo.
Perchè - come è riportato nella recensione del libro - se non c'è peggior angoscia della solitudine e del silenzio, non c'è miglior sollievo che attraversare il dolore e trasformarlo in forza -


Permettimi un'ultima cosa in merito al tetro quotato: non potevo mica suggerire di leggere un libro come - Capitalismo di rapina, la nuova razza predona dell'economia italiana (Biondani; Gerevini; Malagutti) -
Ottimo libro, ma dopo qualche decina di pagine di lettura viene la nausea su come pochi "eletti" siano riusciti ad annientare la credibilità economica di uno Stato.
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Messaggio Da Ospite Dom 26 Mag 2013, 22:35

Bruno Bettelheim Il mondo incantato
Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe.
Consigli di lettura 674064

Questo libro lo lessi anni fa, quando ormai mia figlia aveva superato l'età in cui si ascoltano le fiabe e me ne spiacque, per il rimpianto di non avergliele potute raccontare avendo maggiore consapevolezza del loro significato e della loro funzione.
Di gradevole lettura, lo consiglio anche a chi non ha figli o nipoti cui narrare le favole; a chi volesse inventarne delle nuove, migliori delle moderne e sciocche storie della buonanotte, che hanno dimenticato orchi e streghe; e a chiunque voglia iniziare a scoprire la ricchezza di significati nascosti nell'apparente semplicità delle fiabe popolari.

Riporto una recensione, che ben lo descrive, trovata qui: http://scrignoletterario.it/node/256
Ogni favola ha una sua morale. Leggendo questo libro ci si renderà conto che c’è molto di più di una semplice morale nelle fiabe per bambini. L’autore, attraverso percorsi psicoanalitici, ci porta dal regno della fantasia a quello della realtà.
Il bambino ha bisogno delle favole. Le favole non sono semplici storielle che servono agli adulti per far prendere sonno ai piccoli, ma sono storie di vita che insegnano a diventare grandi, a costruirsi una propria identità, stima di se stessi.
Così nella prima parte del libro ci viene spiegato, tanto magistralmente quanto semplicemente, l’uso, l’importanza di raccontare le fiabe. Raccontare: ecco una parola chiave; nel libro, ad esempio, viene riportata l’importanza di raccontare, più che di leggere, le favole ai bambini, così che essi possano sviluppare la propria immaginazione; quest’ultima nei moderni libri di fiabe in commercio, è sempre più alleggerita dall’uso esagerato di illustrazioni. Il racconto, sempre più spesso è sostituito dalle figure.
La seconda parte del libro analizza le fiabe più celebri ed eccone svelati significati impensabili.
Le favole raccontano di problemi generazionali, di conflitti tra genitori e figli, di rivalità fraterne, ma parlano anche di sessualità e – perché no – di amore. Tutti problemi e situazioni che i bambini incontreranno nella loro crescita.
Non mancano continui accostamenti tra le fiabe raccontate da Perrault e quelle dei fratelli Grimm, la cui differenza di raccontare la stessa favola, ne cambia il significato.
Interessanti anche alcune divagazioni nella antica mitologia.
Non tragga in inganno il sottotitolo del libro: …significati psicoanalitici. Non è un libro destinato a psicologi o ad esperti del settore, è un libro per genitori e, nonostante qualche termine tecnico di facile comprensione, le circa trecento pagine del libro scorrono via fluidamente e piacevolmente.
Un libro che non può mancare sullo scaffale di casa, accanto ai libri di favole.
(Stefano Chiarato)

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Messaggio Da cireno Lun 27 Mag 2013, 09:40

Condor ha scritto:

...Perché non ha proprio senso arrendersi, mai. Né davanti alla chemio né davanti al fallimento di un progetto né davanti alla vita quando il mondo fuori è quello che è, dove niente è più al suo posto e non si sa come farcelo tornare. Ecco come: ricominciando da dove siamo partiti, dal nostro posto, prendendo i bimbi per mano e attraversando la strada di notte, non importa se è buoio o se fa vento. La luce è dentro, basta accenderla. (da: Fatti di vento - pag.48-)

E ancora un altro passo.

...A ricordare, a fare in modo che non rimangano conti in sospeso. Riavvicinare un padre a un figlio: un padre che non è mai riuscito a dire ti voglio bene e un figlio che non ha mai saputo dire grazie, per esempio.
(da:I conti in sospeso - pag.66-).

Amico Cireno, non dirmi che ti sei fatto prendere dal timore della morte? Non è da te!
Quel timore pervade solamente i materialisti, consapevoli e inconsapevoli di esserlo, senza alcuna distinzione di colore politico o di credo religioso - anche il non credere, nel senso ecumenico del termine, in fondo, è un credo religioso -.
Non mi pare che tu possa essere annoverato a quella categoria di persone (quella dei materialisti).
Siamo umani. La paura della morte ci attanaglia con intensità morbosa nel momento in cui ci rendiamo conto che poco abbiamo donato ai nostri simili; vorremmo poter fare di più, ma il tempo è già al conto alla rovescia.
Un donare che non è vincolato a beni tangibili, con proprio intendere dei materialisti, ma è espressamente legato ai nostri sentimenti: messi in luce con un sorriso, una carezza, una parola di conforto verso il nostro prossimo.
Perchè - come è riportato nella recensione del libro - se non c'è peggior angoscia della solitudine e del silenzio, non c'è miglior sollievo che attraversare il dolore e trasformarlo in forza -


Permettimi un'ultima cosa in merito al tetro quotato: non potevo mica suggerire di leggere un libro come - Capitalismo di rapina, la nuova razza predona dell'economia italiana (Biondani; Gerevini; Malagutti) -
Ottimo libro, ma dopo qualche decina di pagine di lettura viene la nausea su come pochi "eletti" siano riusciti ad annientare la credibilità economica di uno Stato.


La morte non mi fa paura, forse perché penso di essere immortale. E non ridere a questa mia affermazione, perché in qualche modo è proprio così che penso. Non che non sappia di non esserlo, immortale intendo, ma mi sembra inconcepibile pensare che io, proprio io che mi voglio così bene, domani possa mancare a me stesso. Un esempio: quando sette anni fa mi hanno diagnosticato un carcinoma intestinale ho preso tutto quasi con spensieratezza, come se la cosa non riguardasse me. Perfino all’IEO dove mi hanno operato la caposala riuscì a dirmi “guardi che è una cosa seria”. Era una cosa seria ma a me sembrava impossibile pensare fosse così tanto seria da poter spegnere la mia vita.
Non sono affatto materialista, se si esclude il lato condito anche da materialismo, che mi ha sempre portato ad apprezzare il dono che Dio, creando la donna, ha voluto farci. Per il resto non lo sono per niente. Però la morte mi disturba come idea in quanto ostacolo alla mia curiosità del vivere. Ma non solo: ancora di più mi disturba l’idea di poter dare un dolore alle persone che amo, e che penso mi amino. Mia moglie ha 11 anni meno di me e io non vorrei mai darle un dolore così grande, eppoi, dopo tanti tanti anni che davvero siamo un unico elemento, che riusciamo a capirci perfino senza parlare, con lo sguardo, rompere questa legame che per me è stato bellissimo, mi rattrista. Non per me, ripeto, ma per chi mi deve piangere.
Quando è morta mia mamma, in due minuti è morta, lei ha giaciuto là, sopra un lettino mortuario, pallida anzi con il viso di marmo e ormai priva della sua sensibilità. Il dolore a quel punto era il mio, e anche quello arrivato poi per la sua assenza è ancora mio. E’ questo che vorrei evitare a chi mi ama….
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Messaggio Da Condor Dom 14 Lug 2013, 15:06

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Il Global Service Management   - Franco D'Egidio -

Un libro dedicato non soltanto ai manager di aziende, ma - a mio avviso - anche ai consumatori, affinché questi ultimi possano valutare, senza alcun condizionamento esterno, il giusto prezzo di un prodotto che tenga conto non soltanto della qualità dello stesso, ma soprattutto del servizio offerto a supporto della vendita del bene o servizio.
Un discorso che si racchiude in pochissimi termini: cultura del cliente.
Cultura del cliente in un discorso applicato al mercato; cultura del cittadino in un discorso di rapporti tra cittadino e istituzioni.
In Italia siamo molto lontani dagli standard - con riferimento alla cultura del cliente - che gli anglosassoni impongono nei rapporti tra aziende e consumatori; e non meno importante, tra istituzioni e cittadini.
Se è vero che molte aziende hanno profonde lacune in ciò che viene definita: the customer satisfaction, è anche vero che il consumatore non è neanche preparato per valutare il giusto rapporto: qualità del servizio/prezzo di un prodotto, in quanto la qualità del servizio non è mai tangibile immediatamente, ma che con un po' di attenzione viene comunque percepito (se non ci si lascia abbagliare solamente dal prezzo proposto).
In Italia occorre lavorare ancora tantissimo sul fronte della cultura del cliente e della cultura del cittadino.
Molto in tal senso, ma solamente per la parte che riguarda il mercato, ha contribuito la “discesa” in Italia dei grandi gruppi stranieri, o catene, della distribuzione organizzata, pochissimo, invece, si è fatto in campo burocratico.

Di seguito riporto una breve presentazione del libro.
___________________________________________________________________________

In una realtà economica dove i beni sono sempre più standardizzati grazie alle maggiori disponibilità tecnologiche, il vero vantaggio competitivo è la completa soddisfazione del cliente; meglio ancora, la capacità di deliziare il cliente.
La reale carta vincente è saper conservare la clientela, aumentando l'indice di fidelizzazione attraverso il miglioramento della percezione che il cliente stesso ha del servizio offerto.
Le ricerche hanno dimostrato che conquistare un nuovo cliente costa in media 6 volte di più che mantenere quello acquisito.
Ma per potersi realmente differenziare dalla concorrenza e migliorare il livello di qualità percepita è indispensabile lavorare sulla parte intangibile del servizio. Questo perchè se la qualità tangibile è facilmente copiabile, e perciò non distintiva, quella non tangibile è parte stessa della cultura aziendale, patrimonio esclusivo e quindi costituisce un reale vantaggio competitivo.
Ecco quindi l'importanza vitale dell'ambito non tangibile del servizio, unico elemento in grado di differenziare l'offerta.
Il volume, un pamphlet che costituisce una provocazione per ogni manager/imprenditore pubblico e privato determinato a raccogliere la sfida competitiva dei prossimi 10 anni. Una anticipazione di dati vitali per garantire la "Customer Satisfaction", scaturiti da ricerche compiute negli Usa, in Scandinavia, in Giappone e non ancora diffusi in Italia.

Fonte
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