Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Non perentori, è vero, ma sostanziali si, tanto è vero che sei costretto a questa precisazione.einrix ha scritto:In quanto a quello che dice freg sul capitalismo che lui dice morto da trent'anni, non mi sono accorto d'avere scritto d'essere d'accordo. Almeno, così in termini perentori.
La mia incursione in questo 3d è stata determinata dalla shockante notizia che il capitalismo fosse defunto a mia insaputa. Avuta ora da te il confortante conferma che il caro estinto non è mai stato tale e sopravvive tranquillamente sia pur mutando, come tutte le cose vive, le sue forme posso quindi ritirarmi.
Già che ci sono però, standomene qui in fondo alla mia grotta - composta di vari ambienti, quadrupli bagni piscina aria condizionata, ottimo impianto di illuminazione e una ricca biblioteca cui attingere, nonchè strumenti vari di comunicazione e quant'altro - vorrei farti presente che forse qualche luce e qualche buona lettura in più può essere utile anche a te, visto che mi pare tu tenda a definire il capitalismo in termini diciamo così deamicisiani-morali(stici) e non economici.
Infatti, dal tuo discorso, sembrerebbe che siano capitalisti solo i "cattivi", dai "padroni delle ferriere" di ieri ai Soros affamatori di oggi. Ovvero solo i possessori di grandi capitali in grado di autofinaziare la propria impresa.
Mentre generalmente si ritiene che sia un capitalista chi investe capitali in mezzi di produzione al fine di produrre merci attraverso la cui vendita creare ulteriore capitale, a prescindere dagli interessi e dai bisogni della popolazione, che vengono presi in considerazione - quando non creati appositamente - solo nella misura in cui il loro soddisfacimento garantisca l'utile.
Chi svolge questo ruolo nel processo produttivo è un capitalista, paghi o non paghi le giuste tasse, voglia cancellare o ripristinare l'art. 18, rispetti o meno i contratti di lavoro, abbia o non abbia la capacità di autofinanziare completamente la propria attività
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Bessarione, sei strano sai? Pare che tu, per andare avanti, abbia sempre bisogno di certezze, ed allora scrivi: "Non perentori, è vero, ma sostanziali si, tanto è vero che sei costretto a questa precisazione"
Il mio è un continuo ri-precisare sempre gli stessi concetti. Anche in politica non è che ci siano trecento principi, forse ci stanno su di una mano quelli che contano. Poi i teoremi sono quanti ne vuoi. Le mie precisazioni tendono a correggere chi, qualche mio teorema non lo abbia capito. E poi, c'è sempre quel problema dei massimi e minimi, per cui fino ad un certo punto, al crescere della x cresce anche la y, ma dopo quel punto (corrispondente al massimo della y), la y diminuisce. Mentre sarebbe più facile che tutto crescesse sempre o diminuisse sempre, ma la realtà è complessa, ondivaga e la si può approssimare solo con ragionamenti altrettanto non lineari.
Anni fa è stata grande la mia sorpresa, nello scoprire che il capitalismo si fosse modificato lungo tutto un secolo, per una serie di ragioni, legate sia alle rivendicazioni operaie che ai processi industriali che si frammentavano sul territorio, senza dimenticare quell'aumento della produttività che mandava alle stelle l'efficienza dei sistemi industriali, ed ai minimi la mano d'opera. Tra le altre cose, me ne accorsi, perché entrai in una grande fabbrica manifatturiera che poi vidi sparire pezzo a pezzo, senza che entrasse in crisi il core business che restava sempre lo stesso, generando prodotti sempre più perfetti, anche se con profitti calanti.
Poi, sai, quando parlo di capitalismo, ormai ho smesso di definirlo (come ho appreso da Marcuse) un invariante rispetto ai regimi politici. Tanto la gente intende per capitalismo solo quello dei padroni delle ferriere, non quello della pianificazione socialista. Però la natura deamicisiana può pure essere considerata utile per dare timbro e colore ad una analisi politico-economica che potrebbe, perché arida, riuscire ai più incomprensibile, quanto indigesta. Capisci allora perché trovo risibile la tua definizione, che se si riferisce ad un "imprenditore" pare calzi meglio? Se chiedo soldi in prestito per avviare una impresa, capitalista è chi mi presta i soldi, io sono solo un imprenditore che deve remunerare il capitale che mi hanno prestato. Questa considerala pure tra le varianti che si possono costruire sul senso di ciò di cui stiamo discutendo.
Infine, sono contento che la tua grotta sia composta di vari ambienti, quadrupli bagni piscina aria condizionata, ottimo impianto di illuminazione e una ricca biblioteca cui attingere, nonché strumenti vari di comunicazione e quant'altro. Non ti chiederò chi te la tiene pulita, altrimenti poi, rischiamo di scoprire che anche li c'è una qualche forma di subordinazione e sfruttamento, o a livello della famiglia o di qualche servizievole filippino anticomunista.
Dico questo scherzando, naturalmente!
Il mio è un continuo ri-precisare sempre gli stessi concetti. Anche in politica non è che ci siano trecento principi, forse ci stanno su di una mano quelli che contano. Poi i teoremi sono quanti ne vuoi. Le mie precisazioni tendono a correggere chi, qualche mio teorema non lo abbia capito. E poi, c'è sempre quel problema dei massimi e minimi, per cui fino ad un certo punto, al crescere della x cresce anche la y, ma dopo quel punto (corrispondente al massimo della y), la y diminuisce. Mentre sarebbe più facile che tutto crescesse sempre o diminuisse sempre, ma la realtà è complessa, ondivaga e la si può approssimare solo con ragionamenti altrettanto non lineari.
Anni fa è stata grande la mia sorpresa, nello scoprire che il capitalismo si fosse modificato lungo tutto un secolo, per una serie di ragioni, legate sia alle rivendicazioni operaie che ai processi industriali che si frammentavano sul territorio, senza dimenticare quell'aumento della produttività che mandava alle stelle l'efficienza dei sistemi industriali, ed ai minimi la mano d'opera. Tra le altre cose, me ne accorsi, perché entrai in una grande fabbrica manifatturiera che poi vidi sparire pezzo a pezzo, senza che entrasse in crisi il core business che restava sempre lo stesso, generando prodotti sempre più perfetti, anche se con profitti calanti.
Poi, sai, quando parlo di capitalismo, ormai ho smesso di definirlo (come ho appreso da Marcuse) un invariante rispetto ai regimi politici. Tanto la gente intende per capitalismo solo quello dei padroni delle ferriere, non quello della pianificazione socialista. Però la natura deamicisiana può pure essere considerata utile per dare timbro e colore ad una analisi politico-economica che potrebbe, perché arida, riuscire ai più incomprensibile, quanto indigesta. Capisci allora perché trovo risibile la tua definizione, che se si riferisce ad un "imprenditore" pare calzi meglio? Se chiedo soldi in prestito per avviare una impresa, capitalista è chi mi presta i soldi, io sono solo un imprenditore che deve remunerare il capitale che mi hanno prestato. Questa considerala pure tra le varianti che si possono costruire sul senso di ciò di cui stiamo discutendo.
Infine, sono contento che la tua grotta sia composta di vari ambienti, quadrupli bagni piscina aria condizionata, ottimo impianto di illuminazione e una ricca biblioteca cui attingere, nonché strumenti vari di comunicazione e quant'altro. Non ti chiederò chi te la tiene pulita, altrimenti poi, rischiamo di scoprire che anche li c'è una qualche forma di subordinazione e sfruttamento, o a livello della famiglia o di qualche servizievole filippino anticomunista.
Dico questo scherzando, naturalmente!
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Se ne sono accorti tanti senza entrare in nessuna fabbrica, che ne parlava già a metà del 1800 un tedesco barbuto, prevedendo che il fenomeno avrebbe portato il capitalismo a distruggere sè stesso per la conseguente caduta tendenziale del saggio di profitto ...einrix ha scritto:Anni fa è stata grande la mia sorpresa, nello scoprire che il capitalismo si fosse modificato lungo tutto un secolo, per una serie di ragioni, legate sia alle rivendicazioni operaie che ai processi industriali che si frammentavano sul territorio, senza dimenticare quell'aumento della produttività che mandava alle stelle l'efficienza dei sistemi industriali, ed ai minimi la mano d'opera.
A me pare che il sistema finanziario coesista da sempre e sia parte integrante del sistema capitalistico dato che serve a risolvere la contraddizione (ritardo) tra la produzione di beni d'uso e l'incasso del loro prezzo. Se accettassimo la tua definizione potremmo tranquillamente dire che il capitalismo non è mai esistito, dato che non esiste impresa che non attinga capitali dal sistema finanziario.Se chiedo soldi in prestito per avviare una impresa, capitalista è chi mi presta i soldi, io sono solo un imprenditore che deve remunerare il capitale che mi hanno prestato. Questa considerala pure tra le varianti che si possono costruire sul senso di ciò di cui stiamo discutendo.
C'è poco da scherzare, è proprio così, solo che non sono filippini, sono schiavi importati clandestinamente dall'Africa nera: un tozzo di pane al giorno e via così! e se ne prendi una coppia, medio tempore te ne forniscono un sacco di altri a gratisse!Infine, sono contento che la tua grotta sia composta di vari ambienti, quadrupli bagni piscina aria condizionata, ottimo impianto di illuminazione e una ricca biblioteca cui attingere, nonché strumenti vari di comunicazione e quant'altro. Non ti chiederò chi te la tiene pulita, altrimenti poi, rischiamo di scoprire che anche li c'è una qualche forma di subordinazione e sfruttamento, o a livello della famiglia o di qualche servizievole filippino anticomunista.
Dico questo scherzando, naturalmente!
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
rispondo a Bessarione che scrive: "C'è poco da scherzare, è proprio così, solo che non sono filippini, sono schiavi importati clandestinamente dall'Africa nera: un tozzo di pane al giorno e via così! e se ne prendi una coppia, medio tempore te ne forniscono un sacco di altri a gratisse!"
Lo dicevo io che se non siamo nella Grecia di Omero è solo per una questione di tempo, ma le generazioni (da allora, meno di duecento), in fondo non sono mica poi tanto cambiate.
Ah! dimenticavo, sulla tua prima risposta mi viene in mente che forse Marx pensasse ad altro, nell'attesa della caduta del saggio di profitto. Mentre sulla seconda, la circolarità dei ragionamenti aiuta sempre a fare un altro giro e ti riporta sempre da dove sei partito.
Lo dicevo io che se non siamo nella Grecia di Omero è solo per una questione di tempo, ma le generazioni (da allora, meno di duecento), in fondo non sono mica poi tanto cambiate.
Ah! dimenticavo, sulla tua prima risposta mi viene in mente che forse Marx pensasse ad altro, nell'attesa della caduta del saggio di profitto. Mentre sulla seconda, la circolarità dei ragionamenti aiuta sempre a fare un altro giro e ti riporta sempre da dove sei partito.
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Infatti: scriveva delle noterelle pensando potessero risultare utili per quando detto saggio si fosse ridotto a tal punto da sconsigliare l'investimento di capitali nella produzione per dirottarli verso la pura speculazione finaziaria (non so se questo ti dice qualcosa circa quello che succede nel mondo).einrix ha scritto:Ah! dimenticavo, sulla tua prima risposta mi viene in mente che forse Marx pensasse ad altro, nell'attesa della caduta del saggio di profitto.
Ti segnalo una interessante discussione, che forse ti è sfuggita http://areaforum.forumattivo.it/t304-fare-l-imprenditore-in-italia-non-conviene-si-guadagna-di-piu-investendo-in-btp
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
A integrazione di quanto sopra sostenuto, faccio rilevare che nell'ultimo anno mentre l'economia reale precipita, gli indici di borsa sono cresciuti - a occhio, come si rileva dal grafico del link che allego - del 35%.
Dice niente la cosa?
http://it.money.msn.com/investor/charts/chartdl.aspx?PT=7&showchartbt=Ridisegna+grafico&compsyms=&M10=1&D4=1&D5=0&DCS=2&MA0=4096&MA1=0&CF=0&D7=&D6=&symbol=%2FEURUS&nocookie=1&SZ=0
Dice niente la cosa?
http://it.money.msn.com/investor/charts/chartdl.aspx?PT=7&showchartbt=Ridisegna+grafico&compsyms=&M10=1&D4=1&D5=0&DCS=2&MA0=4096&MA1=0&CF=0&D7=&D6=&symbol=%2FEURUS&nocookie=1&SZ=0
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Bessarione13 ha scritto:A integrazione di quanto sopra sostenuto, faccio rilevare che nell'ultimo anno mentre l'economia reale precipita, gli indici di borsa sono cresciuti - a occhio, come si rileva dal grafico del link che allego - del 35%.
Dice niente la cosa?
http://it.money.msn.com/investor/charts/chartdl.aspx?PT=7&showchartbt=Ridisegna+grafico&compsyms=&M10=1&D4=1&D5=0&DCS=2&MA0=4096&MA1=0&CF=0&D7=&D6=&symbol=%2FEURUS&nocookie=1&SZ=0
No, non dice niente. La Borsa va su e giù per i motivi più disparati, tra i quali il primo è che se non andasse su e giù nessuno se la filerebbe.
La Borsa è il sistema più economico per finanziare l'impresa, e se in italia c'è poca impresa, è perché c'è poca Borsa, non vice versa.
In borsa guadagnano le imprese quotate e chi prende la percentuale sulle transazioni. Tutti gli altri statisticamente perdono.
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Dunque, prendiamo atto che c'è una corrente di pensiero secondo la quale il capitalismo non c'è più.
Ci sono i capitali, certo, ma non il capitalismo.
Anzi, no: i capitali non ci sono, ci sono i ricchi, insomma ci sono i soldi per così dire "sfusi".
Poi ci sono le banche, questo sì. E i banchieri, e quelli che trafficano con la compravendita di soldi.
Poi ci sono quelli che i soldi non ce l'hanno, né sfusi, né in scatola.
Ci sono i poveri. Ci sono i nuovi schiavi.
Ma insomma, cos'è che manca? Trovato!, non ci sono più le fabbriche: quelle cose con le ciminiere alte alte, i muri di mattoni, i cancelli, la zona di carico e scarico merci e il guardiano coi baffoni.
Però, però ... anche senza fabbriche, chissà come, le scatolette di tonno, le automobili, le locomotive, le mutande di cotone e i carri armati qualcuno, da qualche parte, le produce, qualcuno le vende, qualcuno ci guadagna, qualcuno decide, qualcuno organizza: chi sarà mai? I governi? No, i governi no. Chi sarà mai, allora?
Questa domanda non ha una risposta, ma in compenso una risposta sicura c'è, quando l'organizzazione non funziona, i prodotti non escono, le vendite latitano, e si cerca di chi è la colpa: dei sindacati, diamine, e del welfare, della "società che pretende di vivere al di sopra delle proprie possibilità", della filosofia del lavoro e del sacrificio che non è più quella di una volta.
Il lettore, allora, ha l'impressione che questo sia un po' un guazzabuglio, e si chiede perché siamo a questo punto.
Cerca e pensa, cerca e pensa, il lettore allora una rispostina la trova: insieme al capitalismo è scomparsa anche la storia, le geografia, la politica e pure la società.
La storia è ri-diventata annalistica, ossia la somma delle gesta dei re e dei presidenti.
La geografia non parla più del "pianeta" ma dice "l'America, più l'Europa, più l'Asia... più l'Atlantico, più il mar della Cina...", e le montagne sono descritte come "un chilo di terra, più un chilo di terra, più un chilo di terra...".
La società è "io, te, lui, noi, voi, loro, più quell'altro, più quell'altro..."
E la politica? Un partito, poi un partito, poi un movimento, poi lui, poi noi, poi chi vi pare, poi chissà cosa ci riserva il domani.
Anzi a pensarci bene, non c'è più nemmeno il denaro sfuso, il deposito bancario, non sia mai "il capitale", ma un euro, più un euro, più un euro, più un euro ...
Ci sono i capitali, certo, ma non il capitalismo.
Anzi, no: i capitali non ci sono, ci sono i ricchi, insomma ci sono i soldi per così dire "sfusi".
Poi ci sono le banche, questo sì. E i banchieri, e quelli che trafficano con la compravendita di soldi.
Poi ci sono quelli che i soldi non ce l'hanno, né sfusi, né in scatola.
Ci sono i poveri. Ci sono i nuovi schiavi.
Ma insomma, cos'è che manca? Trovato!, non ci sono più le fabbriche: quelle cose con le ciminiere alte alte, i muri di mattoni, i cancelli, la zona di carico e scarico merci e il guardiano coi baffoni.
Però, però ... anche senza fabbriche, chissà come, le scatolette di tonno, le automobili, le locomotive, le mutande di cotone e i carri armati qualcuno, da qualche parte, le produce, qualcuno le vende, qualcuno ci guadagna, qualcuno decide, qualcuno organizza: chi sarà mai? I governi? No, i governi no. Chi sarà mai, allora?
Questa domanda non ha una risposta, ma in compenso una risposta sicura c'è, quando l'organizzazione non funziona, i prodotti non escono, le vendite latitano, e si cerca di chi è la colpa: dei sindacati, diamine, e del welfare, della "società che pretende di vivere al di sopra delle proprie possibilità", della filosofia del lavoro e del sacrificio che non è più quella di una volta.
Il lettore, allora, ha l'impressione che questo sia un po' un guazzabuglio, e si chiede perché siamo a questo punto.
Cerca e pensa, cerca e pensa, il lettore allora una rispostina la trova: insieme al capitalismo è scomparsa anche la storia, le geografia, la politica e pure la società.
La storia è ri-diventata annalistica, ossia la somma delle gesta dei re e dei presidenti.
La geografia non parla più del "pianeta" ma dice "l'America, più l'Europa, più l'Asia... più l'Atlantico, più il mar della Cina...", e le montagne sono descritte come "un chilo di terra, più un chilo di terra, più un chilo di terra...".
La società è "io, te, lui, noi, voi, loro, più quell'altro, più quell'altro..."
E la politica? Un partito, poi un partito, poi un movimento, poi lui, poi noi, poi chi vi pare, poi chissà cosa ci riserva il domani.
Anzi a pensarci bene, non c'è più nemmeno il denaro sfuso, il deposito bancario, non sia mai "il capitale", ma un euro, più un euro, più un euro, più un euro ...
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Devo dire, Raskol, che ci hai quasi preso: in parte quello che dici è nell'immaginario collettivo ed in parte è nella realtà.
Non è che le fabbriche non ci siano più è che se vai in una verniciatura adesso ci sono i robot. Un po sfasati rispetto ad alcune esigenze... quando in linea a verniciare c'era la gente, le vernici erano a solvente, mentre adesso che ci sono i robot, le vernici sono ad acqua, e così come i solventi facevano male agli operai, adesso può essere che l'acqua corroda i robot. E' solo per fare una battuta, ma sai con quante battute si potrebbe continuare a raccontare la verità?
Non è che le fabbriche non ci siano più è che se vai in una verniciatura adesso ci sono i robot. Un po sfasati rispetto ad alcune esigenze... quando in linea a verniciare c'era la gente, le vernici erano a solvente, mentre adesso che ci sono i robot, le vernici sono ad acqua, e così come i solventi facevano male agli operai, adesso può essere che l'acqua corroda i robot. E' solo per fare una battuta, ma sai con quante battute si potrebbe continuare a raccontare la verità?
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Eh no! ti sei distratto! ci sono i robot: C1-P8, R2D2 ...Raslol ha scritto:Però, però ... anche senza fabbriche, chissà come, le scatolette di tonno, le automobili, le locomotive, le mutande di cotone e i carri armati qualcuno, da qualche parte, le produce, qualcuno le vende, qualcuno ci guadagna, qualcuno decide, qualcuno organizza: chi sarà mai? I governi? No, i governi no. Chi sarà mai, allora?
Questa domanda non ha una risposta
vedo che einrix mi ha preceduto e così ho messo la foto, che te lo ricordi meglio!
Ultima modifica di Bessarione13 il Mar 18 Giu 2013, 21:27 - modificato 1 volta.
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Bessarione13 ha scritto:
Eh no! ti sei distratto! ci sono i robot: C1-P8 R2D2
vedo che einrix mi ha preceduto e così ho messo la foto, che te lo ricordi meglio!
ma hai sbagliato film Bess... forse questo rende meglio e di più
Guya- La Pasionaria
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
… e prendiamo anche atto che c'è una corrente di pensiero (tra i sognatori ad occhi aperti) secondo la quale la “politica del fare” si costruisce intorno a un'ideologia che sembra annegare in un fiume di inconcludente retorica.
Ma quale ideologia sarà mai? Ci si chiede.
Ma è sempre quella, la vincente! Quella dello scontro sociale tra ricchi e miserabili. Tra capitalisti e finti capitalisti.
Ma si, la storia insegna che c'è un'ideologia, l'unica e sola, quella vincente, quella della lotta di classe: convinta e "produttiva".
Ma allora perché non diventiamo tutti lottatori?
Forse perché non ci sono sufficienti attori ad alimentare lo scontro?
Ed ecco, allora, attivarsi con tante “sagge” proposte che giungono dai lottatori più incalliti, che fremono e non vedono l'ora di risalire sul ring dello scontro sociale: - le aziende devono rinnovarsi ed investire di più – si sente sbraitare da una parte -; occorre ridurre il cuneo fiscale – sbraita la parte opposta -; è colpa tua; colpa sua; colpa di quello.
Già! Ma di chi mai sarà la colpa se non ci sono più lottatori e la vita sembra scolorirsi, diventare monotona, surreale.
Manca l'ideologia nella “politica del fare”, che non è quella, ormai scolorita, del PD o del PDL, del socialismo reale o del capitalismo, della vecchia DC o del vecchio PCI – se vogliamo andare indietro con gli anni -
Manca, a mio avviso, l'ideologia del Dovere.
Qualcuno mi produrrà opposizione dicendo che il Dovere non è un'ideologia. Sappia costui, che con un sorriso accoglierò il suo pensiero.
Ma quale ideologia sarà mai? Ci si chiede.
Ma è sempre quella, la vincente! Quella dello scontro sociale tra ricchi e miserabili. Tra capitalisti e finti capitalisti.
Ma si, la storia insegna che c'è un'ideologia, l'unica e sola, quella vincente, quella della lotta di classe: convinta e "produttiva".
Ma allora perché non diventiamo tutti lottatori?
Forse perché non ci sono sufficienti attori ad alimentare lo scontro?
Ed ecco, allora, attivarsi con tante “sagge” proposte che giungono dai lottatori più incalliti, che fremono e non vedono l'ora di risalire sul ring dello scontro sociale: - le aziende devono rinnovarsi ed investire di più – si sente sbraitare da una parte -; occorre ridurre il cuneo fiscale – sbraita la parte opposta -; è colpa tua; colpa sua; colpa di quello.
Già! Ma di chi mai sarà la colpa se non ci sono più lottatori e la vita sembra scolorirsi, diventare monotona, surreale.
Manca l'ideologia nella “politica del fare”, che non è quella, ormai scolorita, del PD o del PDL, del socialismo reale o del capitalismo, della vecchia DC o del vecchio PCI – se vogliamo andare indietro con gli anni -
Manca, a mio avviso, l'ideologia del Dovere.
Qualcuno mi produrrà opposizione dicendo che il Dovere non è un'ideologia. Sappia costui, che con un sorriso accoglierò il suo pensiero.
Condor- Messaggi : 132
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
La lotta di classe non serve per fare felice chi non saprebbe vivere senza un mito. E' una cosa del tutto necessaria al progresso sociale. Uno dei grandi dell'anarcosindacalismo, Arturo Labriola, usava affermare che lui ammirava quei piccoli imprenditori che si facevano un mazzo da mane a sera per costruire la loro impresa, ma che al contempo bisognava lottare contro di loro per uno scopo superiore, l'instaurazione di una società più giusta. Quando la politica si riduce alla revisione dell'esistente, con qualche aggiustamento, quà e là, non solo tradisce sè stessa, ma porta a fondo tutti, come sta accadendo oggi che sembra ci sia solo l'orizzonte capitalista. L'unico dovere che concepisco è quello di non dare per accettato un sistema iniquo come questo e per farlo debbo considerare quella lotta di classe che tu non comprendi...
Montalbano- Messaggi : 1137
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
einrix ha scritto:Non è che le fabbriche non ci siano più è che se vai in una verniciatura adesso ci sono i robot. Un po sfasati rispetto ad alcune esigenze... quando in linea a verniciare c'era la gente, le vernici erano a solvente, mentre adesso che ci sono i robot, le vernici sono ad acqua, e così come i solventi facevano male agli operai, adesso può essere che l'acqua corroda i robot. E' solo per fare una battuta, ma sai con quante battute si potrebbe continuare a raccontare la verità?
No, ma frequentare un forum aiuta: sono qui per apprendere, ma ti avverto che sono un tipo schizzinoso, non tanto circa la verità, quanto sulle battute.
Bene, io rispetto molto la tua attenzione verso il mondo della robotica, ma vorrei capire meglio il nesso che c'è tra l'uso dei robot e la scomparsa delle lucciole capitaliste.
CiRom- Moderatore
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Condor ha scritto:Ma quale ideologia sarà mai? Ci si chiede.
Ma è sempre quella, la vincente! Quella dello scontro sociale tra ricchi e miserabili. Tra capitalisti e finti capitalisti.
Ma si, la storia insegna che c'è un'ideologia, l'unica e sola, quella vincente, quella della lotta di classe: convinta e "produttiva".
...
Manca, a mio avviso, l'ideologia del Dovere.
Qualcuno mi produrrà opposizione dicendo che il Dovere non è un'ideologia. Sappia costui, che con un sorriso accoglierò il suo pensiero.
La lotta di classe non è un'ideologia, ma un fatto, cioè un fenomeno che esiste e che si verifica, a prescindere dai nomi che le vengono dati o dal fatto che sia o non sia riconosciuta: esistono le classi sociali, può non esistere una lotta, può esistere una lotta fatta in nome della morale o un conflitto in nome dell'interesse, o della conquista del potere, o dettata dalla disperazione.
E' esistita anche quando - anzi, prima ancora che - la competizione si manifestasse sotto forma di "lotta" e di ribellione da parte delle classi sottoposte contro quelle al potere: "avere il potere" è il risultato di un rapporto conflittuale di interessi, già nelle società tribali, e non cambia quando, nei tempi successivi, in certi posti le classi sono chiamate "caste" e la giustificazione del potere si faceva provenire magari da una divinità. La prima, originaria lotta di classe l'hanno fatta coloro che hanno preso il potere, non quelli che lo volevano rovesciare o condividere o regolare.
La modernità comincia, sotto l'aspetto politico, con la storia della società romana che può essere più esplicitamente letta come un lungo, articolato, complesso conflitto tra classi in relazione alla gestione e al possesso del territorio, dei capitali e del potere.
Possiamo anche usare, nel raccontare la storia, termini di tipo nazionalistico, o esistenzialistico, o etnico-migratorio, ma dentro, nella sostanza, c'è il conflitto e c'è una differenza di status.
Il marxismo ha dato una lettura di questo conflitto, legata al tempo e al sistema di produzione del tempo: questa lettura è certamente "ideologia". La lettura della lotta di classe, non la lotta di classe in sé.
Non è un caso che la negazione, o la demonizzazione, della lotta di classe trovi il proprio modello - evidentemente insuperato - proprio in una storia largamente antecedente al marxismo, cioè in quella Roma già ricordata: in un modo o nell'altro, si torna sempre all'apologo di Agrippa, del quale l'ideologia del Dovere che ci propone Condor è l'ennesima versione: totalmente e assolutamente ideologica, su questo siamo d'accordo.
CiRom- Moderatore
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Tagli alla scuola nel DL “Fare”, dimissioni per Letta e Carrozza ?
http://blog.ilmanifesto.it/quintostato/2013/06/19/tagli-alla-scuola-decretofare/
Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, insieme al presidente del Consiglio Enrico Letta, avevano promesso le dimissioni dai rispettivi ruoli nel caso di nuovi tagli al mondo dell’istruzione. Un impegno lodevole, ma che a molti era sembrato eccessivo, visto che in Italia non si è (ancora) visto un governo cadere sull’istruzione. Tuttavia il momento potrebbe essere arrivato.
Nel «decreto del fare» (comma 5 dell’articolo 54) approvato sabato scorso dal governo delle «larghe intese» esiste un taglio di 25 milioni di euro nel 2014, che diventerà dal 2015 di 49,8 milioni, dei fondi destinati alle pulizie degli istituti scolastici da tempo esternalizzati dallo Stato a cooperative o servizi ausiliari. Sono a rischio 11 mila lavoratori. Per Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) il risultato sarà quello di aggravare gli incarichi di lavoro del personale Ata, che per i tagli è diminuito del 35% tra il 2008 e il 2013. Di Menna (Uil) ricorre all’ironia: «non è il primo atto di investimento che ci aspettavamo dal ministro».
L’intenzione di tagliare i servizi di pulizia nelle scuole era stata annunciata dal ministro già il 6 giugno scorso nel l’audizione in parlamento dove ha esposto le linee guida che seguirà il Miur, lo ha ricordato opportunamente ieri la rivista specializzata «tecnica della scuola». Adesso sembra essersi aggiunto un altro elemento. Non sappiamo quanto volontariamente, ma l’idea di tagliare 11 mila addetti alle pulizie per assumere 3 mila persone alle università è insensato dal punto di vista economico, ed occupazionale, e nella sua brutalità è anche l’espressione di un’idea della società e dei saperi. Come dire, 11 mila “lavoratori manuali”, per altro precari o cocopro, valgono 1500 professori ordinari e 1500 ricercatori in tenure track. Per quale ragione stabilire questo rapporto?
È probabile che il governo consideri il taglio di 75 milioni di euro alle pulizie come estraneo al fondo ordinario delle scuole, già tagliato da Tremonti-Gelmini di 8,5 miliardi tra il 2009 e il 2012. Non la pensano così tutti i sindacati (Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti) secondo i quali questi fondi rientrano pienamente nella dotazione dell’amministrazione scolastica.
Nel corso del grande saccheggio avvenuto ai danni della scuola nella scorsa legislatura, la spesa per gli appalti di pulizia è dimuita da circa 550 milioni di euro a 390 milioni. Tali misure hanno imposto il ricorso alla cassa integrazione in deroga, oltre che il peggioramento della pulizia nelle scuole. Un altro paradosso, visto che lo stesso decreto, destina 100 milioni per l’edilizia scolastica. No, non è stata una buona idea quella di preannunciare le dimissioni prima dei fatti.
di Roberto Ciccarelli
pubblicato il 19 giugno 2013
Il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, insieme al presidente del Consiglio Enrico Letta, avevano promesso le dimissioni dai rispettivi ruoli nel caso di nuovi tagli al mondo dell’istruzione. Un impegno lodevole, ma che a molti era sembrato eccessivo, visto che in Italia non si è (ancora) visto un governo cadere sull’istruzione. Tuttavia il momento potrebbe essere arrivato.
Nel «decreto del fare» (comma 5 dell’articolo 54) approvato sabato scorso dal governo delle «larghe intese» esiste un taglio di 25 milioni di euro nel 2014, che diventerà dal 2015 di 49,8 milioni, dei fondi destinati alle pulizie degli istituti scolastici da tempo esternalizzati dallo Stato a cooperative o servizi ausiliari. Sono a rischio 11 mila lavoratori. Per Domenico Pantaleo (Flc-Cgil) il risultato sarà quello di aggravare gli incarichi di lavoro del personale Ata, che per i tagli è diminuito del 35% tra il 2008 e il 2013. Di Menna (Uil) ricorre all’ironia: «non è il primo atto di investimento che ci aspettavamo dal ministro».
L’intenzione di tagliare i servizi di pulizia nelle scuole era stata annunciata dal ministro già il 6 giugno scorso nel l’audizione in parlamento dove ha esposto le linee guida che seguirà il Miur, lo ha ricordato opportunamente ieri la rivista specializzata «tecnica della scuola». Adesso sembra essersi aggiunto un altro elemento. Non sappiamo quanto volontariamente, ma l’idea di tagliare 11 mila addetti alle pulizie per assumere 3 mila persone alle università è insensato dal punto di vista economico, ed occupazionale, e nella sua brutalità è anche l’espressione di un’idea della società e dei saperi. Come dire, 11 mila “lavoratori manuali”, per altro precari o cocopro, valgono 1500 professori ordinari e 1500 ricercatori in tenure track. Per quale ragione stabilire questo rapporto?
È probabile che il governo consideri il taglio di 75 milioni di euro alle pulizie come estraneo al fondo ordinario delle scuole, già tagliato da Tremonti-Gelmini di 8,5 miliardi tra il 2009 e il 2012. Non la pensano così tutti i sindacati (Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti) secondo i quali questi fondi rientrano pienamente nella dotazione dell’amministrazione scolastica.
Nel corso del grande saccheggio avvenuto ai danni della scuola nella scorsa legislatura, la spesa per gli appalti di pulizia è dimuita da circa 550 milioni di euro a 390 milioni. Tali misure hanno imposto il ricorso alla cassa integrazione in deroga, oltre che il peggioramento della pulizia nelle scuole. Un altro paradosso, visto che lo stesso decreto, destina 100 milioni per l’edilizia scolastica. No, non è stata una buona idea quella di preannunciare le dimissioni prima dei fatti.
di Roberto Ciccarelli
pubblicato il 19 giugno 2013
Guya- La Pasionaria
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Carrozza, arrivano i primi tagli
http://www.italiaoggi.it/news/dettaglio_news.asp?id=201306181152599211&chkAgenzie=ITALIAOGGI&titolo=Carrozza,%20arrivano%20i%20primi%20tagli
Il primo atto finanziario del ministro dell'istruzione, università e ricerca, Maria Chiara Carrozza, è arrivato. Per coprire le maggiori assunzioni nel settore universitario (1500 docenti e altrettanti ricercatori), le scuole perderanno 25 milioni di euro nel 2014 che diventano 49,8 milioni a partire dal 2015. L'operazione è contenuta all'articolo 54 della bozza di decreto legge, il cosiddetto decreto del fare, approvato sabato scorso dal consiglio dei ministri. Tra le varie misure si prevede un innalzamento della copertura del turn over per le università.
Che è controbilanciato dalla riduzione dei fondi per gli appalti delle pulizie, che le scuole dovranno rinnovare a un prezzo più basso, fino a realizzare almeno le economie individuate dal decreto. Nel caso di maggiori risparmi, questi resteranno alle scuole. Ma fino a 25 milioni per il prossimo anno e quasi 50 dal successivo, non c'è niente da fare, si reinveste sull'università. Un'uscita, quella del ministro che aveva chiesto maggiori finanziamenti per la scuola («altrimenti mi dimetto»), che ha lasciato sconcertati i sindacati. Le scuole, precisa il comma 5 dell'articolo 54, a decorrere dal prossimo anno scolastico «acquistano, ai sensi dell'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite di spesa che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell'articolo 4 del decreto del presidente della repubblica 22 giugno 2009». Si tratta di quasi 11 mila posti che non sono coperti con assunzioni a tempo indeterminato perché i relativi servizi offerti sono stati affidati all'esterno. Ora il governo prevede che il costo non possa sforare quello che lo stato avrebbe sostenuto per assumere in proprio gli Ata per gli stessi servizi.
Un'operazione che dunque punta a una razionalizzazione della spesa, i cui proventi però non sono destinati a rifinanziare il sistema. «Mi pare un'operazione finanziaria incerta, ma, ammesso che riesca, è improprio che i fondi siano destinati altrove», attacca Massimo Di Menna, numero uno della Uil scuola, «e di certo non è questo il primo atto di investimento che ci aspettavamo dal nuovo ministro». Le maggiori assunzioni nelle università sono uno dei cavalli di battaglia della Flc-Cgil, che però giudica «inaccettabile» la copertura finanziaria trovata dal governo. Spiega il segretario Mimmo Pantaleo: «Così si penalizzano i lavoratori delle ditte di pulizie, che non potranno essere tutti confermati, e gli Ata già in servizio, che dovranno lavorare di più a parità di stipendio». Rino Di Meglio, coordinatore nazionale Gilda, evidenzia come «dopo tanti annunci, si continua con la politica dei tagli».
Il testo «deve essere modificato», chiede lo Snals-Confsal di Marco Paolo Nigi. «Si mette in piedi una guerra tra bisognosi», commenta il segretario della Cisl scuola, Francesco Scrima, «se ci sono risparmi fattibili nella scuola devono essere reinvestiti nel sistema di istruzione, non si può continuare a togliere a chi ha già perso tanto». Il decreto prevede anche una borsa di mobilità (si veda ItaliaOggi di sabato) che consentirà a giovani diplomati con risultati eccellenti (voto minimo 95 su 100) di scegliere una regione differente da quella di residenza per l'università. Inoltre, gli istituti che necessitano di interventi di ristrutturazione potranno contare nel prossimo triennio su 100 milioni.
Il primo atto finanziario del ministro dell'istruzione, università e ricerca, Maria Chiara Carrozza, è arrivato. Per coprire le maggiori assunzioni nel settore universitario (1500 docenti e altrettanti ricercatori), le scuole perderanno 25 milioni di euro nel 2014 che diventano 49,8 milioni a partire dal 2015. L'operazione è contenuta all'articolo 54 della bozza di decreto legge, il cosiddetto decreto del fare, approvato sabato scorso dal consiglio dei ministri. Tra le varie misure si prevede un innalzamento della copertura del turn over per le università.
Che è controbilanciato dalla riduzione dei fondi per gli appalti delle pulizie, che le scuole dovranno rinnovare a un prezzo più basso, fino a realizzare almeno le economie individuate dal decreto. Nel caso di maggiori risparmi, questi resteranno alle scuole. Ma fino a 25 milioni per il prossimo anno e quasi 50 dal successivo, non c'è niente da fare, si reinveste sull'università. Un'uscita, quella del ministro che aveva chiesto maggiori finanziamenti per la scuola («altrimenti mi dimetto»), che ha lasciato sconcertati i sindacati. Le scuole, precisa il comma 5 dell'articolo 54, a decorrere dal prossimo anno scolastico «acquistano, ai sensi dell'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite di spesa che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell'articolo 4 del decreto del presidente della repubblica 22 giugno 2009». Si tratta di quasi 11 mila posti che non sono coperti con assunzioni a tempo indeterminato perché i relativi servizi offerti sono stati affidati all'esterno. Ora il governo prevede che il costo non possa sforare quello che lo stato avrebbe sostenuto per assumere in proprio gli Ata per gli stessi servizi.
Un'operazione che dunque punta a una razionalizzazione della spesa, i cui proventi però non sono destinati a rifinanziare il sistema. «Mi pare un'operazione finanziaria incerta, ma, ammesso che riesca, è improprio che i fondi siano destinati altrove», attacca Massimo Di Menna, numero uno della Uil scuola, «e di certo non è questo il primo atto di investimento che ci aspettavamo dal nuovo ministro». Le maggiori assunzioni nelle università sono uno dei cavalli di battaglia della Flc-Cgil, che però giudica «inaccettabile» la copertura finanziaria trovata dal governo. Spiega il segretario Mimmo Pantaleo: «Così si penalizzano i lavoratori delle ditte di pulizie, che non potranno essere tutti confermati, e gli Ata già in servizio, che dovranno lavorare di più a parità di stipendio». Rino Di Meglio, coordinatore nazionale Gilda, evidenzia come «dopo tanti annunci, si continua con la politica dei tagli».
Il testo «deve essere modificato», chiede lo Snals-Confsal di Marco Paolo Nigi. «Si mette in piedi una guerra tra bisognosi», commenta il segretario della Cisl scuola, Francesco Scrima, «se ci sono risparmi fattibili nella scuola devono essere reinvestiti nel sistema di istruzione, non si può continuare a togliere a chi ha già perso tanto». Il decreto prevede anche una borsa di mobilità (si veda ItaliaOggi di sabato) che consentirà a giovani diplomati con risultati eccellenti (voto minimo 95 su 100) di scegliere una regione differente da quella di residenza per l'università. Inoltre, gli istituti che necessitano di interventi di ristrutturazione potranno contare nel prossimo triennio su 100 milioni.
Guya- La Pasionaria
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Premetto che non conosco abbastanza la materia, quindi quel che segue potrebbe risultare infondato e frutto di incomprensione o peggio ignoranza.
Mi sembra di capire che il provvedimento in questione sposti dei finanziamenti dalle scuole all'Università, ed in particolare riduca alle prime le disponibilità per il personale ausiliario. Donde le critiche sopra riportate da parte dei sindacati del settore.
Ora a me sembra che nei limiti in cui si muove il provvedimento(1), quello che andrebbe valutato con un giudizio "terzo" è se il bilancio tra riduzione indiretta che alla capacità didattica delle scuole ne deriverà e aumento delle capacità didattiche e di ricerca dell'Università sia positivo o meno.
Non va dimenticato, infatti che l'Università è stata fortemente penalizzata negli scorsi anni dalla gestione Gelmini e che detto settore, nella civiltà della conoscenza è di vitale importanza anche ai fini delle speranze di ripresa economica del Paese (Si vince per quel che si sa, non per quel che si fa porta giustamente Guya nella sua firma).
(1)Il problema principale, infatti, mi sembra sia proprio nella impostazione complessiva del provvedimento che, anzichè attingere somme da un settore meno determinante (ad es. credo che acquistando un solo F35 in meno si avrebbero fondi superiori a quelli movimentati dal decreto in questione) si limita a tirare la coperta da una parte, scoprendo inevitabilmente l'altra, lasciando a saldo zero l'investimento per l'istruzione nel suo complesso. Che andrebbe, viceversa, fortemente potenziato.
Mi sembra di capire che il provvedimento in questione sposti dei finanziamenti dalle scuole all'Università, ed in particolare riduca alle prime le disponibilità per il personale ausiliario. Donde le critiche sopra riportate da parte dei sindacati del settore.
Ora a me sembra che nei limiti in cui si muove il provvedimento(1), quello che andrebbe valutato con un giudizio "terzo" è se il bilancio tra riduzione indiretta che alla capacità didattica delle scuole ne deriverà e aumento delle capacità didattiche e di ricerca dell'Università sia positivo o meno.
Non va dimenticato, infatti che l'Università è stata fortemente penalizzata negli scorsi anni dalla gestione Gelmini e che detto settore, nella civiltà della conoscenza è di vitale importanza anche ai fini delle speranze di ripresa economica del Paese (Si vince per quel che si sa, non per quel che si fa porta giustamente Guya nella sua firma).
(1)Il problema principale, infatti, mi sembra sia proprio nella impostazione complessiva del provvedimento che, anzichè attingere somme da un settore meno determinante (ad es. credo che acquistando un solo F35 in meno si avrebbero fondi superiori a quelli movimentati dal decreto in questione) si limita a tirare la coperta da una parte, scoprendo inevitabilmente l'altra, lasciando a saldo zero l'investimento per l'istruzione nel suo complesso. Che andrebbe, viceversa, fortemente potenziato.
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Ma realmente qualcuno crede alle parole di Letta e Carrozza? Questi adesso ci diranno che i soldi sono stati aumentati e continueranno a far danni, altro che dimissioni. Il governo Letta opera nel solco dell'agenda Monti, il quale era a sua volta la degna continuazione dei governi degli ultimi 20 anni...
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Bessarione13 ha scritto:Premetto che non conosco abbastanza la materia, quindi quel che segue potrebbe risultare infondato e frutto di incomprensione o peggio ignoranza.
Mi sembra di capire che il provvedimento in questione sposti dei finanziamenti dalle scuole all'Università, ed in particolare riduca alle prime le disponibilità per il personale ausiliario. Donde le critiche sopra riportate da parte dei sindacati del settore.
Ora a me sembra che nei limiti in cui si muove il provvedimento(1), quello che andrebbe valutato con un giudizio "terzo" è se il bilancio tra riduzione indiretta che alla capacità didattica delle scuole ne deriverà e aumento delle capacità didattiche e di ricerca dell'Università sia positivo o meno.
Non va dimenticato, infatti che l'Università è stata fortemente penalizzata negli scorsi anni dalla gestione Gelmini e che detto settore, nella civiltà della conoscenza è di vitale importanza anche ai fini delle speranze di ripresa economica del Paese (Si vince per quel che si sa, non per quel che si fa porta giustamente Guya nella sua firma).
(1)Il problema principale, infatti, mi sembra sia proprio nella impostazione complessiva del provvedimento che, anzichè attingere somme da un settore meno determinante (ad es. credo che acquistando un solo F35 in meno si avrebbero fondi superiori a quelli movimentati dal decreto in questione) si limita a tirare la coperta da una parte, scoprendo inevitabilmente l'altra, lasciando a saldo zero l'investimento per l'istruzione nel suo complesso. Che andrebbe, viceversa, fortemente potenziato.
dunque dunque... il discorso di diminuire il personale ausiliario o, meglio il personale coadiuvante i servizi educativi non implica direttamente la diminuzione della capacità didattica, ma ne è indiretto fautore
Vediamo se riesco a spiegarmi
Gli operatori scolastici non sono più la figura del classico bidello di nostra (antica) memoria, hanno assunto determinate competenze che vanno dalla sicurezza (ovvero la messa in atto di tutta quella macchina atta, ad esempio, ad evacuare la scuola laddove se ne rilevi la necessità) alle competenze di primo soccorso o a quelle di coadiutore proprio alla didattica - compresa l'assistenza ai bambini handicappati.
Le suddette competenze sono state acquisite tramite corsi di aggiornamento e addestramento che non si esauriscono in pochi mesi, ma sono il risultato di anni di corsi e tempo speso extralavoro
Ora, in questo caso, il taglio al personale esternalizzato alle sole pulizie, rimanda la figura dell'operatore scolastico a ciò che era un tempo e questo implica obbligatoriamente (visto il blocco del turn over) una riduzione dell'orario scolastico pubblico, obbligando - ancora - le scuole a rivolgersi a cooperative o strutture private per garantire l'orario ministeriale e l'assistenza alla didattica che attualmente gli operatori svolgono
Vero che l'Università è stata negli anni passati pesantemente penalizzata ma, mi domando, chi ci arriva a questo punto all'Università se l'istruzione di base è anch'essa e pesantemente penalizzata ?
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Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Come alle banche così alle imprese
Spacciato per programma straordinario, ridà fiato a chi (le imprese) non ha finito le opere con i soldi che ha già preso. Così, come già sperimentato per le banche, si salva chi ha prodotto il danno. Né si blocca la voracità della finanza nel conquistare le città. Continueremo ad abitare, male, in un territorio, di fatto, disastrato e sempre più nelle mani dell’abusivismo criminale.
Il decreto del “fare”, presentato dal governo nella conferenza stampa del 15 giugno, parla le parole di sempre: semplificazione e lavori. Questi ultimi: vecchi da continuare; nuovi da mettere in cantiere. Il tutto riunito nell’adagio, anch’esso certo non inedito, dello “sblocca cantieri”. Niente di nuovo, dunque, se non ci fosse stato un approfondimento presentato dalla ministra alle politiche agricole Nunzia Di Girolamo (Pdl) sul “contenimento del suolo”.
Sembrerebbe, dunque, l’intenzione del governo di riprendere a parlar di città. Su come intervenire con tre miliardi da destinare a opere pubbliche; su come limitare e cercare di contenere l’espansione edilizia e infrastrutturale che, nel nostro paese, aggredisce in maniera incontrollata aree agricole alla voracità di 35.000 ettari l’anno. Come dire che, anno dopo anno, scompare un pezzo di territorio grande quanto circa quattro volte una città come Napoli.
Questo in un territorio che come quantità di suolo coperto, con il suo 7,3%, è il doppio della media europea. E’ stato calcolato che negli ultimi dieci anni case, strade, servizi abbiano mangiato terreno, per circa un 9% in più di quando si sono (2001) seduti a tavola. Un convivio ricco, quindi, di porzioni giornaliere pesate intorno ai 40 ettari.
E’ in questo scenario di cannibalismo dell’abitare (mangiare proprio le forme del territorio che lo dovrebbero garantire) che convivono i due mercati delle costruzioni: quello legale in crisi (come si può leggere QUA - Quando l'edilizia va, va il Paese - Carpentieri coraggiosi ) e quello illegale che, secondo il recentissimo Rapporto di Legambiente sulle Ecomafie,sembra surfare sulla crisi essendo passato: dall’essere quotato il 9% (2006), del totale di quanto costruito, all’attuale 17%(2012).
Insomma, a saper leggere bene i dati, sembrerebbe che nel suo “fare” Letta abbia deciso di procedere come se tutto questo non ci fosse. Risuonare la medesima musica con i medesimi suonatori. Affidarsi al repertorio consolidato.
Perché dar credito (tre miliardi) ancora a quelle imprese? Le medesime che foraggiate per attentare al territorio con assi autostradali (pedemontana veneta e tangenziale milanese), per autostrade (tra Agrigento e Caltanissetta), con il Quadrilatero destinato a devastare le Marche, con linee metropolitane bretelle e corridoi viabilistici; hanno lasciato tutto abbandonato e non finito. Le stesse che hanno consumato soldi pubblici senza essere chiamate a rispondere: perché? Chi ha fatto quelle stime di costo, chi le ha validate, chi si è impegnato rispettarle?
Tutto questo al posto per esempio di: rivedere opere, studiare la loro possibile rigenerazione o riconversione almeno per quelle allo stato di progetto; non destinare parte di quei fondi per opere insensate e incrementare il fondo per la prevista indispensabile messa in sicurezza e manutenzione del patrimonio scolastico. Perché?
La risposta si trova nelle città dove, per la prima volta, accade che nella classifica degli investimenti, quelli indirizzati ai prodotti della la finanza prevalgono rispetto quelli del mercato immobiliare della casa; sono le obbligazioni a essere in testa nella hit dei risparmiatori italiani. Questo comporta, come sta avvenendo, che l’alienazione sempre più spinta del patrimonio pubblico, la creazione di fondi di investimento, saranno gli elementi chiamati a disegnare il nostro abitare e le nostre città.
La finanza ha messo la mano sul costruito e vuole continuare a serrare le mani sulla sua gola, così si legge il combinato disposto allegato alla manovra del governo riferito al consumo di suolo.
Una “norma di civiltà” a pesare quanto terreno sia possibile “interessare” con costruzioni. Pesi e misure da definire attraverso la Conferenza Stato-Regioni. Solo che, tanto per restare a Roma, parliamo di un territorio dove sono 59mila sono gli ettari urbanizzati sui 129mila complessivi che costituiscono la superficie comunale!
Un provvedimento assolutamente tardivo che non riscatta neppure quel poco di buonsenso che contiene (sottrarre la destinazione degli oneri di costruzione dalla spesa corrente dei comuni per destinarli finalmente alla manutenzione della città) prevedendo forme premiali per chi recupera ovvero per chi, la finanza di cui sopra, modificando destinazioni d’uso e scegliendo cosa fare di edifici ricevuti dallo stato per un tozzo di pane, avrà, grazie all’altra parola magica “semplificazione” il via libera per fare quello che vuole rispetto vincoli, pareri, allineamenti, demolizioni, ricostruzioni.
Una città di latta. La fine di quella pubblica.
http://www.dinamopress.it/news/come-alle-banche-cosi-alle-imprese
Spacciato per programma straordinario, ridà fiato a chi (le imprese) non ha finito le opere con i soldi che ha già preso. Così, come già sperimentato per le banche, si salva chi ha prodotto il danno. Né si blocca la voracità della finanza nel conquistare le città. Continueremo ad abitare, male, in un territorio, di fatto, disastrato e sempre più nelle mani dell’abusivismo criminale.
Il decreto del “fare”, presentato dal governo nella conferenza stampa del 15 giugno, parla le parole di sempre: semplificazione e lavori. Questi ultimi: vecchi da continuare; nuovi da mettere in cantiere. Il tutto riunito nell’adagio, anch’esso certo non inedito, dello “sblocca cantieri”. Niente di nuovo, dunque, se non ci fosse stato un approfondimento presentato dalla ministra alle politiche agricole Nunzia Di Girolamo (Pdl) sul “contenimento del suolo”.
Sembrerebbe, dunque, l’intenzione del governo di riprendere a parlar di città. Su come intervenire con tre miliardi da destinare a opere pubbliche; su come limitare e cercare di contenere l’espansione edilizia e infrastrutturale che, nel nostro paese, aggredisce in maniera incontrollata aree agricole alla voracità di 35.000 ettari l’anno. Come dire che, anno dopo anno, scompare un pezzo di territorio grande quanto circa quattro volte una città come Napoli.
Questo in un territorio che come quantità di suolo coperto, con il suo 7,3%, è il doppio della media europea. E’ stato calcolato che negli ultimi dieci anni case, strade, servizi abbiano mangiato terreno, per circa un 9% in più di quando si sono (2001) seduti a tavola. Un convivio ricco, quindi, di porzioni giornaliere pesate intorno ai 40 ettari.
E’ in questo scenario di cannibalismo dell’abitare (mangiare proprio le forme del territorio che lo dovrebbero garantire) che convivono i due mercati delle costruzioni: quello legale in crisi (come si può leggere QUA - Quando l'edilizia va, va il Paese - Carpentieri coraggiosi ) e quello illegale che, secondo il recentissimo Rapporto di Legambiente sulle Ecomafie,sembra surfare sulla crisi essendo passato: dall’essere quotato il 9% (2006), del totale di quanto costruito, all’attuale 17%(2012).
Insomma, a saper leggere bene i dati, sembrerebbe che nel suo “fare” Letta abbia deciso di procedere come se tutto questo non ci fosse. Risuonare la medesima musica con i medesimi suonatori. Affidarsi al repertorio consolidato.
Perché dar credito (tre miliardi) ancora a quelle imprese? Le medesime che foraggiate per attentare al territorio con assi autostradali (pedemontana veneta e tangenziale milanese), per autostrade (tra Agrigento e Caltanissetta), con il Quadrilatero destinato a devastare le Marche, con linee metropolitane bretelle e corridoi viabilistici; hanno lasciato tutto abbandonato e non finito. Le stesse che hanno consumato soldi pubblici senza essere chiamate a rispondere: perché? Chi ha fatto quelle stime di costo, chi le ha validate, chi si è impegnato rispettarle?
Tutto questo al posto per esempio di: rivedere opere, studiare la loro possibile rigenerazione o riconversione almeno per quelle allo stato di progetto; non destinare parte di quei fondi per opere insensate e incrementare il fondo per la prevista indispensabile messa in sicurezza e manutenzione del patrimonio scolastico. Perché?
La risposta si trova nelle città dove, per la prima volta, accade che nella classifica degli investimenti, quelli indirizzati ai prodotti della la finanza prevalgono rispetto quelli del mercato immobiliare della casa; sono le obbligazioni a essere in testa nella hit dei risparmiatori italiani. Questo comporta, come sta avvenendo, che l’alienazione sempre più spinta del patrimonio pubblico, la creazione di fondi di investimento, saranno gli elementi chiamati a disegnare il nostro abitare e le nostre città.
La finanza ha messo la mano sul costruito e vuole continuare a serrare le mani sulla sua gola, così si legge il combinato disposto allegato alla manovra del governo riferito al consumo di suolo.
Una “norma di civiltà” a pesare quanto terreno sia possibile “interessare” con costruzioni. Pesi e misure da definire attraverso la Conferenza Stato-Regioni. Solo che, tanto per restare a Roma, parliamo di un territorio dove sono 59mila sono gli ettari urbanizzati sui 129mila complessivi che costituiscono la superficie comunale!
Un provvedimento assolutamente tardivo che non riscatta neppure quel poco di buonsenso che contiene (sottrarre la destinazione degli oneri di costruzione dalla spesa corrente dei comuni per destinarli finalmente alla manutenzione della città) prevedendo forme premiali per chi recupera ovvero per chi, la finanza di cui sopra, modificando destinazioni d’uso e scegliendo cosa fare di edifici ricevuti dallo stato per un tozzo di pane, avrà, grazie all’altra parola magica “semplificazione” il via libera per fare quello che vuole rispetto vincoli, pareri, allineamenti, demolizioni, ricostruzioni.
Una città di latta. La fine di quella pubblica.
http://www.dinamopress.it/news/come-alle-banche-cosi-alle-imprese
Guya- La Pasionaria
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Guya ma ci stai prendendo in giro o ci credi veramente in quello che hai scritto? E' una nota sacca di inefficienza e tu ne tessi anche l'elogio?Guya ha scritto:
Gli operatori scolastici non sono più la figura del classico bidello di nostra (antica) memoria, hanno assunto determinate competenze che vanno dalla sicurezza (ovvero la messa in atto di tutta quella macchina atta, ad esempio, ad evacuare la scuola laddove se ne rilevi la necessità) alle competenze di primo soccorso o a quelle di coadiutore proprio alla didattica - compresa l'assistenza ai bambini handicappati.
Le suddette competenze sono state acquisite tramite corsi di aggiornamento e addestramento che non si esauriscono in pochi mesi, ma sono il risultato di anni di corsi e tempo speso extralavoro.
:lol!::lol!::lol!:
il Monitore- Messaggi : 218
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
il Monitore ha scritto:
Guya ma ci stai prendendo in giro o ci credi veramente in quello che hai scritto? E' una nota sacca di inefficienza e tu ne tessi anche l'elogio?
:lol!::lol!::lol!:
gioia del mio cuore, la questione non è crederci o meno... E' così
Guya- La Pasionaria
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
E' notorio che chi parla di inefficienza altrui, di solito è per coprire la propria...
Montalbano- Messaggi : 1137
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Re: Un'analisi del FARE del governo Letta, ovvero come affidarsi ad un repertorio consolidato
Non sto parlando dei tagli del governo sulle imprese di pulizia esterne. Non ne conosco le ragioni e chi ha aperto la discussione non ce lo ha detto.
Questa che i bidelli non debbano pulire, la trovo conveniente solo per i bidelli, ma non per me e per la scuola. E questa difesa di chi lavora nelle imprese di pulizia mi lascia proprio indifferente. Queste sono le rivendicazioni di gente ( i bidelli) che ha snaturato la propria finalità, inventandosene altre, che sarebbe bene facessero persone meglio preparate di loro, mentre dovrebbero tornare a fare quello per cui sono nati, così come del resto fanno i professori.
Sono contento che si assumano professori per l'università, anche se qualche migliaio mi sembrano pochini. Però devo dire che queste università sparse ovunque nel paese, sembrano una cosa così strana, per chi come me doveva andare da Rimini a Bologna per fare ingegneria. Sarà una cosa buona, ma cosa sognavamo ai nostri tempi non era una università sotto casa, ma delle università che fossero dei Campus dove si potesse vivere e studiare, senza spendere troppo, e facendo l'esperienza di vivere fuori da casa. Quindi sono abbastanza spiazzato quando girando per Bergamo o Lecco o Rimini vedo istituti universitari disseminati sul territorio, con aule un po dappertutto: un autentico casino.
Per scuola ed università siamo all'anno zero, e non sarà certo un governo con il partito della Gelmini che risolverà un problema così grande. Qualcosa avrebbe potuto farlo il Centro sinistra per invertire il degrado, ma chi si deve ringraziare se quei voti non sono arrivati, disperdendosi su Ingroia, o andando, ciò che è pure peggio, sull'ineffabile Grillo? E adesso, proprio da certi giornali e certi giornalisti dovrebbe arrivare la morale? Se lo scordino. Sulla scuola, come su tutto il resto, mi aspetto molto poco da questo governo, solo un po di più del governo Monti ed infinitamente meno disastri dei vecchi governi Berlusconi.
Questa che i bidelli non debbano pulire, la trovo conveniente solo per i bidelli, ma non per me e per la scuola. E questa difesa di chi lavora nelle imprese di pulizia mi lascia proprio indifferente. Queste sono le rivendicazioni di gente ( i bidelli) che ha snaturato la propria finalità, inventandosene altre, che sarebbe bene facessero persone meglio preparate di loro, mentre dovrebbero tornare a fare quello per cui sono nati, così come del resto fanno i professori.
Sono contento che si assumano professori per l'università, anche se qualche migliaio mi sembrano pochini. Però devo dire che queste università sparse ovunque nel paese, sembrano una cosa così strana, per chi come me doveva andare da Rimini a Bologna per fare ingegneria. Sarà una cosa buona, ma cosa sognavamo ai nostri tempi non era una università sotto casa, ma delle università che fossero dei Campus dove si potesse vivere e studiare, senza spendere troppo, e facendo l'esperienza di vivere fuori da casa. Quindi sono abbastanza spiazzato quando girando per Bergamo o Lecco o Rimini vedo istituti universitari disseminati sul territorio, con aule un po dappertutto: un autentico casino.
Per scuola ed università siamo all'anno zero, e non sarà certo un governo con il partito della Gelmini che risolverà un problema così grande. Qualcosa avrebbe potuto farlo il Centro sinistra per invertire il degrado, ma chi si deve ringraziare se quei voti non sono arrivati, disperdendosi su Ingroia, o andando, ciò che è pure peggio, sull'ineffabile Grillo? E adesso, proprio da certi giornali e certi giornalisti dovrebbe arrivare la morale? Se lo scordino. Sulla scuola, come su tutto il resto, mi aspetto molto poco da questo governo, solo un po di più del governo Monti ed infinitamente meno disastri dei vecchi governi Berlusconi.
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