[POLITICA MONDO] Cina e Usa, la grande partita a scacchi
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[POLITICA MONDO] Cina e Usa, la grande partita a scacchi
interessante opinione e analisi sul recente incontro tra Obama e Xi Jinping
(è lungo ma... non abbiate timore a leggere, ne vale sempre la pena )
di Paolo Borzatta - Twitter@BorzattaP
Milano, 04 lug. - Xi Jinping e Barack Obama si sono incontrati, per la prima volta, alcune settimane fa in California, in maniche di camicia, per otto ore, senza una scaletta vincolante.
Questo incontro rimarrà probabilmente nell’immaginario iconografico della storia come rimase quello di Richard Nixon con Mao Zedong nel 1972.
Quell’incontro durò 17 ore e fu altrettanto libero da scalette vincolanti. Si svolse in Cina, presso l’interlocutore “debole” che temeva di operare in un ambiente “sconosciuto” e potenzialmente foriero di “brutte figure”.
Questo è durato meno, però in maniche di camicia e negli Stati Uniti, su richiesta degli Americani. Ci potremmo chiedere chi - in questo caso - temesse l’“ambiente sconosciuto”. Forse però è un quesito non rilevante. È comunque certo che la Cina, in questo modo, ha finalmente raggiunto il suo obiettivo di avere relazioni da grande potenza: è chiaramente l’interlocutore primo dell’altra unica grande potenza.
La stampa di tutto il mondo ha ampiamente coperto l’evento, prima e dopo. Sono così stati analizzati puntualmente tutti i temi discussi e i loro risvolti tattici e strategici per la relazione delle due grandi potenze del 21° secolo.
Temo però che possa essere sfuggito che era una delle mosse di una lunghissima e grande partita a scacchi. Ovviamente lo scacchiere è il mondo e le pedine siamo tutti noi. Di questa partita però non sono ben definite le regole e soprattutto non è ben chiaro come si vincerà. In passato le regole classiche di queste grandi partite erano solo di due tipi: quelle occidentali in cui si vinceva per annientamento militare dell’avversario (come negli scacchi indoeuropei) oppure quelle orientali in cui si vinceva per accerchiamento (come il qi* cinese). L’unica eccezione fu l’Impero Romano che minacciava un terribile annientamento militare, ma offriva in cambio a chi si sottometteva l’integrazione culturale e – progressivamente – la piena cittadinanza *.
In questa partita potrebbe non essere più così, anche se nessuno sa come sarà.
La Cina e gli Stati Uniti sono ingaggiati dunque in questa partita epocale in cui in palio è, come sempre, il dominio del mondo. La differenza inoltre, rispetto alle regole del passato, è che non si sa neppure come si dominerà il mondo nei prossimi secoli e, quindi neppure si sa, quali armi si dovranno usare e quali mosse strategiche fare.
Tuttavia la posizione strategica di partenza, quella attuale, è chiara.
La Cina si è riaffacciata sulla scena geopolitica e intende affermare e beneficiare dei diritti che le derivano da tale posizione. Vuole inoltre garantirsi la propria sicurezza e le fonti delle materie prime che le servono: la sua dottrina millenaria in proposito è di avere e mantenere una fascia “cuscinetto”, lungo tutte le sue frontiere, di stati “amici” (per interesse o per forza) che la isolino da un contatto diretto con il nemico (che oggi identifica con gli Stati Uniti).
Vuole infine affermare e difendere la sua specificità culturale con una duplice motivazione: avere uno strumento di influenza per i suoi scambi economici e difendere un modello di “governance” del Paese diverso da quello occidentale (anche perché teme che il modello occidentale non sia il migliore per governare circa un miliardo e mezzo di individui con forti differenze regionali ed etniche). Dalla sua storia si può presumere che non abbia forti pulsioni a conquistare nuovi territori, ma sicuramente intende avere relazioni commerciali “indisturbate e forti” in pratica con tutto il mondo: l’accrescimento della propria ricchezza è il suo primo obiettivo.
L’apertura commerciale viene “comprata” con una chiara promessa di non interferire assolutamente con la politica interna del Paese e con “doni” molto desiderati dal Paese in questione (ad esempio: infrastrutture in Africa o acquisto – solo proposto - di bond dello stato in Grecia).
Gli Stati Uniti sono nel mezzo di una crisi dovuta al prendere progressivamente coscienza di essere entrati nella fase di declino che temono irreversibile. Intendono gestire al meglio il declino rallentandolo il più possibile e mantenendo la propria supremazia sulla maggior parte delle aree mondiali.
Intendono inoltre aprire e mantenere sempre più corridoi preferenziali per la propria economia. La loro attuale dottrina geopolitica, in vigore dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, prevede di avere una forte supremazia militare, acquisire nella propria orbita i Paesi “satelliti” con trattati che offrono protezione militare e chiedono apertura commerciale per le proprie aziende sulla base ‘ideologica’ del libero mercato.
La dominanza viene anche ottenuta ‘piazzando’ il modello politico della libertà individuale e della democrazia brillantemente riassunto nel “sogno americano”
Evidentemente gli obiettivi strategici di Cina e Stati Uniti e le loro stesse dottrine geopolitiche sono in conflitto perché spesso ambiscono a dominare le stesse aree del globo e inoltre le due filosofie politiche sono inconciliabili e possono essere una di minaccia all’altra anche dentro i confini domestici.
Nei tempi passati, queste posizioni avrebbero portato, alla fine, a un conflitto più o meno caldo. Potrebbe accadere anche oggi, credo però che ambedue i Paesi e soprattutto le loro élite si rendano conto che tale conflitto avrebbe risultati devastanti per ambedue i contendenti.
Nonostante le diverse posizioni, dottrine e obiettivi, i due Paesi si trovano ad affrontare temi preoccupanti per i quali avrebbero interesse a trovare delle soluzioni comuni, anche se in molti di questi casi la loro diversa posizione geopolitica e la loro corrente strategia globale (“grand strategy”) possono rendere difficile un accordo.
Questi temi sono la Corea del Nord, l’estremismo islamico, il riarmo nucleare dell’Iran, la cybersecurity, l’ambiente. Su ognuno di questi problemi, ambedue hanno qualcosa da guadagnare se riescono a risolverlo, ma non sono liberi di farlo nel modo che vogliono e – a volte – possono risolverlo in modi che potrebbero non andare bene all’altro.
Si pensi alla Corea del Nord: la Cina oltre alle pazzie nucleari, teme anche il collasso del Paese con conseguente immigrazione illegale di milioni di derelitti dentro i suoi territori del Nord.
Non può quindi neppure prendere in considerazione un rapido indebolimento del governo nordcoreano.
Non può neppure accettare l’idea di un’unificazione con la Corea del Sud (che quest’ultima peraltro non riuscirebbe a fare in tempi brevi perché il costo dell’operazione sarebbe insostenibile anche per lei) perché si troverebbe sulle soglie di casa un paese alleato degli Stati Uniti e che potrebbe anche ospitare testate nucleari americane.
Entrambi devono inoltre tenere conto di un terzo incomodo che è la Russia.
Non è alleato di nessuno dei due e può far irritantemente pesare il suo peso da una parte o dall’altra con la sua non trascurabile potenza militare e le sue rilevanti materie prime.
L’Unione Europea, temo, non sia neanche segnalata sugli schermi dei loro radar mentali e di conseguenza nemmeno menzionata nelle loro conversazioni.
A che punto è dunque questa Grande Partita a Scacchi che si annuncia interminabile?
Beh, al centro della scacchiera (che secondo la teoria degli scacchi indo-europei comporta una posizione di vantaggio strategico) ci sono ancora gli Stati Uniti.
Ma la loro capacità di potenza si sta indebolendo perché la Cina sta rapidamente riarmandosi e soprattutto perché non contano più soltanto le armi belliche (il cosiddetto hard power), ma anche la capacità di influenza culturale dell’avversario e dei suoi alleati (soft power).
Il Sogno Americano (con le relative dottrine politiche ed economiche di liberalismo, capitalismo e sviluppo continuato) che ha conquistato il mondo intero dopo la seconda guerra mondiale sta rapidamente affievolendosi sia per i dubbi che un continuo sviluppo comincia a generare un po’ in tutti, sia perché Xi Jinping si è inventato il Sogno Cinese (armonia sociale, ricchezza, importanza del gruppo più che dell’individuo) con il quale comincia a convertire i propri cittadini (che peraltro avevano sposato ‘toto corde’ quello americano).
Sono cambiate anche le regole del gioco. La vittoria non è più la distruzione del nemico (che poi inoltre bisogna aiutare a ricostruirsi), ma la dominanza della sua economia e una forte influenza nella sua cultura.
Con queste regole la Cina è sicuramente avvantaggiata perché le ha utilizzate per millenni, anche se l’affermarsi dei nuovi media potrebbe trovarla meno reattiva ed efficace.
La dominanza, da parte degli Stati Uniti, del centro della scacchiera sta quindi rapidamente perdendo importanza perché il nemico si sta costruendo le armi belliche per attaccarla, ma anche e soprattutto perché agli americani sta cambiando la scacchiera sotto i piedi. La scacchiera si sta, infatti, tramutando in quella del qi in cui conta l’accerchiamento.
E come chiunque gioca a qi sa benissimo, il giocatore che fino a un certo punto sembra essere l’accerchiante (oggi pensiamo siano gli Stati Uniti che hanno creato una catena di capisaldi a loro alleati attorno alla Cina), si scopre di colpo essere l’accerchiato.
La Cina, infatti, sta coltivando con le nuove armi (ricchi contratti bilaterali, forti relazioni commerciali e Istituto Confucio) i Paesi dell’Africa, dei Caraibi, del Sud America, del Medio e dell’Estremo Oriente.
Si noti che la Cina, a differenza dell’Occidente, nei contratti bilaterali di cooperazione riesce a portare indietro molto danaro speso, come appalti a sue aziende, e ogni Istituto Confucio le costa probabilmente sensibilmente meno di quelli occidentali: questa maggiore efficienza permette quindi una maggiore ampiezza di penetrazione. Sta perfino cominciando a tentare di porsi come possibile “pacificatore” del conflitto israelo-palestinese (che finora era di rigorosa pertinenza occidentale). Questi Paesi potrebbero quindi rapidamente “virare” verso un’alleanza forte con la Cina.
Se così fosse è lecito ipotizzare che una mattina gli Stati Uniti si possano svegliare accerchiati e non accerchianti.
Questo è molto probabilmente e approssimativamente quello che avevano in mente i due Grandi Giocatori, Xi Jinping e Barack Obama, mentre giocavano nuove mosse della Grande Partita di Scacchi nel loro incontro in California.
Se l’avessero in mente esattamente in questo modo, ovviamente non possiamo saperlo. Temo però che fosse più lucido Xi Jinping. Per Barack Obama il peso psicologico dell’essere il più forte, che finora ha vinto, e le forti convinzioni ideologiche, tipicamente occidentali, potrebbero avere contribuito a una minore capacità di analisi e visione strategica.
A che cosa sono dunque serviti l’incontro e le relative mosse? Ufficialmente ha portato ad alcuni progressi sulla cybersecurity e sull’ambiente.
Sembra che abbia portato anche a qualche promessa da parte cinese di dare una raddrizzata al loro partner nordcoreano. Sono però convinto che ambedue i Giocatori hanno voluto l’incontro per studiarsi da vicino al fine di progettare meglio le prossime mosse. Probabilmente hanno imparato molto.
Quanto saranno capaci di utilizzare questo studio reciproco per poter poi giocare, con successo, di “seconda o di terza intenzione” non è dato sapere.
“Giocare di seconda intenzione” è un gergo schermistico che vuol dire progettare le mosse successive sulla base della previsione di quali mosse farà l’avversario (“se lui fa così, io risponderò così e se lui poi risponderà cosà, io …”).
La Cina ha una lunga tradizione in questo gioco, gli Stati Uniti meno.
Sul piano dell’immagine l’incontro è stato forse una leggera vittoria di Xi Jinping che ha ulteriormente migliorato la percezione della nuova leadership cinese.
Risultato questo per lui importante non solo per l’immagine in sé, ma anche per ammorbidire la leadership economica americana che guarda alla Cina con occhi molto sospettosi quando deve decidere come e quanto accogliere investitori cinesi.
Va infine detto che i due Grandi Giocatori avevano (e hanno) nel portafoglio delle scelte possibili anche un’altra strategia: quella della “grande cooperazione di lungo termine”, come peraltro ipotizzato anche da Kissinger nel suo libro “Cina”. Ovvero prendere atto delle proprie differenze, accettarle così come sono e decidere di lavorare insieme come partner per il miglioramento di questo mondo in così rapida trasformazione.
Nel comunicato finale si fa cenno a questa possibilità, ma non mi sembra di avere visto finora segnali credibili di questa scelta. Sarebbe sicuramente una strategia interessante per noi occidentali.
Che cosa però comporterebbe, per i cinesi e per tutti gli altri cittadini di stati poco liberi, il veder rinforzati dall’esterno ‘sine die’ i loro governi “autoritari”?
In aggiunta a questa domanda “etica”, dobbiamo anche chiederci quali prossime mosse, basate su quali strategie e su quali regole, faranno i due Grandi Giocatori.
Ricordiamoci peraltro che Obama fra tre anni dovrà passare la mano a un nuovo Presidente, mentre Xi Jinping comincerà ad aver preso piena padronanza del sistema e potrà giocare con maggiore determinazione ed efficacia.
A tutte queste domande sulle mosse future, temo però che potremo rispondere solo fra molti anni.
Un vecchio detto cinese (shen ji miao suan) dice che occorrerebbe un macchina misteriosa per fare calcoli intelligenti.
* Go in giapponese
* È stato forse l’unico grande impero che non ha veramente discriminato tra cittadini di etnie diverse fino ad avere imperatori “stranieri” e di etnie diverse (compresa quella africano-fenicia di Settimio Severo)
(è lungo ma... non abbiate timore a leggere, ne vale sempre la pena )
di Paolo Borzatta - Twitter@BorzattaP
Milano, 04 lug. - Xi Jinping e Barack Obama si sono incontrati, per la prima volta, alcune settimane fa in California, in maniche di camicia, per otto ore, senza una scaletta vincolante.
Questo incontro rimarrà probabilmente nell’immaginario iconografico della storia come rimase quello di Richard Nixon con Mao Zedong nel 1972.
Quell’incontro durò 17 ore e fu altrettanto libero da scalette vincolanti. Si svolse in Cina, presso l’interlocutore “debole” che temeva di operare in un ambiente “sconosciuto” e potenzialmente foriero di “brutte figure”.
Questo è durato meno, però in maniche di camicia e negli Stati Uniti, su richiesta degli Americani. Ci potremmo chiedere chi - in questo caso - temesse l’“ambiente sconosciuto”. Forse però è un quesito non rilevante. È comunque certo che la Cina, in questo modo, ha finalmente raggiunto il suo obiettivo di avere relazioni da grande potenza: è chiaramente l’interlocutore primo dell’altra unica grande potenza.
La stampa di tutto il mondo ha ampiamente coperto l’evento, prima e dopo. Sono così stati analizzati puntualmente tutti i temi discussi e i loro risvolti tattici e strategici per la relazione delle due grandi potenze del 21° secolo.
Temo però che possa essere sfuggito che era una delle mosse di una lunghissima e grande partita a scacchi. Ovviamente lo scacchiere è il mondo e le pedine siamo tutti noi. Di questa partita però non sono ben definite le regole e soprattutto non è ben chiaro come si vincerà. In passato le regole classiche di queste grandi partite erano solo di due tipi: quelle occidentali in cui si vinceva per annientamento militare dell’avversario (come negli scacchi indoeuropei) oppure quelle orientali in cui si vinceva per accerchiamento (come il qi* cinese). L’unica eccezione fu l’Impero Romano che minacciava un terribile annientamento militare, ma offriva in cambio a chi si sottometteva l’integrazione culturale e – progressivamente – la piena cittadinanza *.
In questa partita potrebbe non essere più così, anche se nessuno sa come sarà.
La Cina e gli Stati Uniti sono ingaggiati dunque in questa partita epocale in cui in palio è, come sempre, il dominio del mondo. La differenza inoltre, rispetto alle regole del passato, è che non si sa neppure come si dominerà il mondo nei prossimi secoli e, quindi neppure si sa, quali armi si dovranno usare e quali mosse strategiche fare.
Tuttavia la posizione strategica di partenza, quella attuale, è chiara.
La Cina si è riaffacciata sulla scena geopolitica e intende affermare e beneficiare dei diritti che le derivano da tale posizione. Vuole inoltre garantirsi la propria sicurezza e le fonti delle materie prime che le servono: la sua dottrina millenaria in proposito è di avere e mantenere una fascia “cuscinetto”, lungo tutte le sue frontiere, di stati “amici” (per interesse o per forza) che la isolino da un contatto diretto con il nemico (che oggi identifica con gli Stati Uniti).
Vuole infine affermare e difendere la sua specificità culturale con una duplice motivazione: avere uno strumento di influenza per i suoi scambi economici e difendere un modello di “governance” del Paese diverso da quello occidentale (anche perché teme che il modello occidentale non sia il migliore per governare circa un miliardo e mezzo di individui con forti differenze regionali ed etniche). Dalla sua storia si può presumere che non abbia forti pulsioni a conquistare nuovi territori, ma sicuramente intende avere relazioni commerciali “indisturbate e forti” in pratica con tutto il mondo: l’accrescimento della propria ricchezza è il suo primo obiettivo.
L’apertura commerciale viene “comprata” con una chiara promessa di non interferire assolutamente con la politica interna del Paese e con “doni” molto desiderati dal Paese in questione (ad esempio: infrastrutture in Africa o acquisto – solo proposto - di bond dello stato in Grecia).
Gli Stati Uniti sono nel mezzo di una crisi dovuta al prendere progressivamente coscienza di essere entrati nella fase di declino che temono irreversibile. Intendono gestire al meglio il declino rallentandolo il più possibile e mantenendo la propria supremazia sulla maggior parte delle aree mondiali.
Intendono inoltre aprire e mantenere sempre più corridoi preferenziali per la propria economia. La loro attuale dottrina geopolitica, in vigore dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, prevede di avere una forte supremazia militare, acquisire nella propria orbita i Paesi “satelliti” con trattati che offrono protezione militare e chiedono apertura commerciale per le proprie aziende sulla base ‘ideologica’ del libero mercato.
La dominanza viene anche ottenuta ‘piazzando’ il modello politico della libertà individuale e della democrazia brillantemente riassunto nel “sogno americano”
Evidentemente gli obiettivi strategici di Cina e Stati Uniti e le loro stesse dottrine geopolitiche sono in conflitto perché spesso ambiscono a dominare le stesse aree del globo e inoltre le due filosofie politiche sono inconciliabili e possono essere una di minaccia all’altra anche dentro i confini domestici.
Nei tempi passati, queste posizioni avrebbero portato, alla fine, a un conflitto più o meno caldo. Potrebbe accadere anche oggi, credo però che ambedue i Paesi e soprattutto le loro élite si rendano conto che tale conflitto avrebbe risultati devastanti per ambedue i contendenti.
Nonostante le diverse posizioni, dottrine e obiettivi, i due Paesi si trovano ad affrontare temi preoccupanti per i quali avrebbero interesse a trovare delle soluzioni comuni, anche se in molti di questi casi la loro diversa posizione geopolitica e la loro corrente strategia globale (“grand strategy”) possono rendere difficile un accordo.
Questi temi sono la Corea del Nord, l’estremismo islamico, il riarmo nucleare dell’Iran, la cybersecurity, l’ambiente. Su ognuno di questi problemi, ambedue hanno qualcosa da guadagnare se riescono a risolverlo, ma non sono liberi di farlo nel modo che vogliono e – a volte – possono risolverlo in modi che potrebbero non andare bene all’altro.
Si pensi alla Corea del Nord: la Cina oltre alle pazzie nucleari, teme anche il collasso del Paese con conseguente immigrazione illegale di milioni di derelitti dentro i suoi territori del Nord.
Non può quindi neppure prendere in considerazione un rapido indebolimento del governo nordcoreano.
Non può neppure accettare l’idea di un’unificazione con la Corea del Sud (che quest’ultima peraltro non riuscirebbe a fare in tempi brevi perché il costo dell’operazione sarebbe insostenibile anche per lei) perché si troverebbe sulle soglie di casa un paese alleato degli Stati Uniti e che potrebbe anche ospitare testate nucleari americane.
Entrambi devono inoltre tenere conto di un terzo incomodo che è la Russia.
Non è alleato di nessuno dei due e può far irritantemente pesare il suo peso da una parte o dall’altra con la sua non trascurabile potenza militare e le sue rilevanti materie prime.
L’Unione Europea, temo, non sia neanche segnalata sugli schermi dei loro radar mentali e di conseguenza nemmeno menzionata nelle loro conversazioni.
A che punto è dunque questa Grande Partita a Scacchi che si annuncia interminabile?
Beh, al centro della scacchiera (che secondo la teoria degli scacchi indo-europei comporta una posizione di vantaggio strategico) ci sono ancora gli Stati Uniti.
Ma la loro capacità di potenza si sta indebolendo perché la Cina sta rapidamente riarmandosi e soprattutto perché non contano più soltanto le armi belliche (il cosiddetto hard power), ma anche la capacità di influenza culturale dell’avversario e dei suoi alleati (soft power).
Il Sogno Americano (con le relative dottrine politiche ed economiche di liberalismo, capitalismo e sviluppo continuato) che ha conquistato il mondo intero dopo la seconda guerra mondiale sta rapidamente affievolendosi sia per i dubbi che un continuo sviluppo comincia a generare un po’ in tutti, sia perché Xi Jinping si è inventato il Sogno Cinese (armonia sociale, ricchezza, importanza del gruppo più che dell’individuo) con il quale comincia a convertire i propri cittadini (che peraltro avevano sposato ‘toto corde’ quello americano).
Sono cambiate anche le regole del gioco. La vittoria non è più la distruzione del nemico (che poi inoltre bisogna aiutare a ricostruirsi), ma la dominanza della sua economia e una forte influenza nella sua cultura.
Con queste regole la Cina è sicuramente avvantaggiata perché le ha utilizzate per millenni, anche se l’affermarsi dei nuovi media potrebbe trovarla meno reattiva ed efficace.
La dominanza, da parte degli Stati Uniti, del centro della scacchiera sta quindi rapidamente perdendo importanza perché il nemico si sta costruendo le armi belliche per attaccarla, ma anche e soprattutto perché agli americani sta cambiando la scacchiera sotto i piedi. La scacchiera si sta, infatti, tramutando in quella del qi in cui conta l’accerchiamento.
E come chiunque gioca a qi sa benissimo, il giocatore che fino a un certo punto sembra essere l’accerchiante (oggi pensiamo siano gli Stati Uniti che hanno creato una catena di capisaldi a loro alleati attorno alla Cina), si scopre di colpo essere l’accerchiato.
La Cina, infatti, sta coltivando con le nuove armi (ricchi contratti bilaterali, forti relazioni commerciali e Istituto Confucio) i Paesi dell’Africa, dei Caraibi, del Sud America, del Medio e dell’Estremo Oriente.
Si noti che la Cina, a differenza dell’Occidente, nei contratti bilaterali di cooperazione riesce a portare indietro molto danaro speso, come appalti a sue aziende, e ogni Istituto Confucio le costa probabilmente sensibilmente meno di quelli occidentali: questa maggiore efficienza permette quindi una maggiore ampiezza di penetrazione. Sta perfino cominciando a tentare di porsi come possibile “pacificatore” del conflitto israelo-palestinese (che finora era di rigorosa pertinenza occidentale). Questi Paesi potrebbero quindi rapidamente “virare” verso un’alleanza forte con la Cina.
Se così fosse è lecito ipotizzare che una mattina gli Stati Uniti si possano svegliare accerchiati e non accerchianti.
Questo è molto probabilmente e approssimativamente quello che avevano in mente i due Grandi Giocatori, Xi Jinping e Barack Obama, mentre giocavano nuove mosse della Grande Partita di Scacchi nel loro incontro in California.
Se l’avessero in mente esattamente in questo modo, ovviamente non possiamo saperlo. Temo però che fosse più lucido Xi Jinping. Per Barack Obama il peso psicologico dell’essere il più forte, che finora ha vinto, e le forti convinzioni ideologiche, tipicamente occidentali, potrebbero avere contribuito a una minore capacità di analisi e visione strategica.
A che cosa sono dunque serviti l’incontro e le relative mosse? Ufficialmente ha portato ad alcuni progressi sulla cybersecurity e sull’ambiente.
Sembra che abbia portato anche a qualche promessa da parte cinese di dare una raddrizzata al loro partner nordcoreano. Sono però convinto che ambedue i Giocatori hanno voluto l’incontro per studiarsi da vicino al fine di progettare meglio le prossime mosse. Probabilmente hanno imparato molto.
Quanto saranno capaci di utilizzare questo studio reciproco per poter poi giocare, con successo, di “seconda o di terza intenzione” non è dato sapere.
“Giocare di seconda intenzione” è un gergo schermistico che vuol dire progettare le mosse successive sulla base della previsione di quali mosse farà l’avversario (“se lui fa così, io risponderò così e se lui poi risponderà cosà, io …”).
La Cina ha una lunga tradizione in questo gioco, gli Stati Uniti meno.
Sul piano dell’immagine l’incontro è stato forse una leggera vittoria di Xi Jinping che ha ulteriormente migliorato la percezione della nuova leadership cinese.
Risultato questo per lui importante non solo per l’immagine in sé, ma anche per ammorbidire la leadership economica americana che guarda alla Cina con occhi molto sospettosi quando deve decidere come e quanto accogliere investitori cinesi.
Va infine detto che i due Grandi Giocatori avevano (e hanno) nel portafoglio delle scelte possibili anche un’altra strategia: quella della “grande cooperazione di lungo termine”, come peraltro ipotizzato anche da Kissinger nel suo libro “Cina”. Ovvero prendere atto delle proprie differenze, accettarle così come sono e decidere di lavorare insieme come partner per il miglioramento di questo mondo in così rapida trasformazione.
Nel comunicato finale si fa cenno a questa possibilità, ma non mi sembra di avere visto finora segnali credibili di questa scelta. Sarebbe sicuramente una strategia interessante per noi occidentali.
Che cosa però comporterebbe, per i cinesi e per tutti gli altri cittadini di stati poco liberi, il veder rinforzati dall’esterno ‘sine die’ i loro governi “autoritari”?
In aggiunta a questa domanda “etica”, dobbiamo anche chiederci quali prossime mosse, basate su quali strategie e su quali regole, faranno i due Grandi Giocatori.
Ricordiamoci peraltro che Obama fra tre anni dovrà passare la mano a un nuovo Presidente, mentre Xi Jinping comincerà ad aver preso piena padronanza del sistema e potrà giocare con maggiore determinazione ed efficacia.
A tutte queste domande sulle mosse future, temo però che potremo rispondere solo fra molti anni.
Un vecchio detto cinese (shen ji miao suan) dice che occorrerebbe un macchina misteriosa per fare calcoli intelligenti.
* Go in giapponese
* È stato forse l’unico grande impero che non ha veramente discriminato tra cittadini di etnie diverse fino ad avere imperatori “stranieri” e di etnie diverse (compresa quella africano-fenicia di Settimio Severo)
Guya- La Pasionaria
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Età : 110
Località : Genova
Re: [POLITICA MONDO] Cina e Usa, la grande partita a scacchi
Ottima analisi, anche se non concordo su questo punto:
Almeno finchè avrà Putin o relativo fantoccio di turno al potere la Russia è e sarà relativamente vicina alla Cina, con cui condivide il sistema generale di governo, con cui ha un abbozzo di alleanza strategica tramite lo SCO (Shanghai Cooperation Organisation) e a cui trasferisce tecnologia militare.
E' vero, del resto è impossibile che lo sia finchè rimane composta da un gruppo di paesi che accettano di non essere nessuno o quasi a livello mondiale, in nome della loro gloriosa e inviolabile sovranità nazionale che consiste nel genuflettersi ai potenti aspettando che loro decidano il da farsi.
________________
In generale questioni come queste non appassionano proprio nell'italietta nostra, troppo impegnata a discutere delle pubbliche dichiarazioni dell'ultimo demente politico di turno in questo o quel partito, troppo abituata a pensare da paese di serie C.
Guya ha scritto:Entrambi devono inoltre tenere conto di un terzo incomodo che è la Russia.
Non è alleato di nessuno dei due e può far irritantemente pesare il suo peso da una parte o dall’altra con la sua non trascurabile potenza militare e le sue rilevanti materie prime.
Almeno finchè avrà Putin o relativo fantoccio di turno al potere la Russia è e sarà relativamente vicina alla Cina, con cui condivide il sistema generale di governo, con cui ha un abbozzo di alleanza strategica tramite lo SCO (Shanghai Cooperation Organisation) e a cui trasferisce tecnologia militare.
Guya ha scritto:L’Unione Europea, temo, non sia neanche segnalata sugli schermi dei loro radar mentali e di conseguenza nemmeno menzionata nelle loro conversazioni.
E' vero, del resto è impossibile che lo sia finchè rimane composta da un gruppo di paesi che accettano di non essere nessuno o quasi a livello mondiale, in nome della loro gloriosa e inviolabile sovranità nazionale che consiste nel genuflettersi ai potenti aspettando che loro decidano il da farsi.
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In generale questioni come queste non appassionano proprio nell'italietta nostra, troppo impegnata a discutere delle pubbliche dichiarazioni dell'ultimo demente politico di turno in questo o quel partito, troppo abituata a pensare da paese di serie C.
ART- Messaggi : 125
Data d'iscrizione : 14.04.13
Re: [POLITICA MONDO] Cina e Usa, la grande partita a scacchi
hai ragione ART, sulla questione Russia/Cina.. tra l'altro ne avevamo parlato - in altro luogo - anche se in maniera marginale, in un 3D in cui si parlava delle Pussy Riot. Avevo pensato di scriverlo sotto all'analisi postata, ma in quel momento avevo da fare.. e me ne sono, poi, dimenticata :arrossi:
Guya- La Pasionaria
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Re: [POLITICA MONDO] Cina e Usa, la grande partita a scacchi
Un altro aspetto che l'articolo non considera, è la quantità di bonds americani detenuta dalla Cina (più Hong Kong e Macao) pari a circa mille e duecento miliardi di dollari sui 14.270 che è l'attuale debt ceiling fissato dal Congresso.
Ciò significa un grande potere del Tesoro cinese nei confronti del Tesoro americano, una capacità di influenzare i mercati e condizionare l'andamento della valuta americana. Un atout non da poco nel complicato scenario della finanza globale.
Ciò significa un grande potere del Tesoro cinese nei confronti del Tesoro americano, una capacità di influenzare i mercati e condizionare l'andamento della valuta americana. Un atout non da poco nel complicato scenario della finanza globale.
Adam- Messaggi : 609
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