Suburra
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Suburra: una società violenta che vive ai margini della società civile, coinvolgendo chi sia come loro, non importa se per accidente.
La cosa che meraviglia - se non è uno scherzo - è che il film sia stato riconosciuto di interesse culturale e che abbia ottenuto il contributo economico dall'omonimo ministero.
Nulla da dire sulla "Fabbrica", ineccepibile per storia, scene, recitazione. Trovo conformista questo rappresentare la società che da tempo viene dipinta dalla stampa e che sta generando il rigetto della politica, come arte democratica del buon governo. Nell'idea collettiva resta ciò che è sordido, inevitabile, e la rassegnazione porta ad omologarsi come "fuori", quando invece servirebbe essere "dentro".
Nulla di tutto ciò che accade è pari per malvagità a ciò che viene rappresentato, se non fosse per l'amplificazione che la stampa da di ogni fatto, sino a rendere parossistica la società in cui viviamo.
Non tanto perché fatti efferati non accadano, di tanto in tanto, tra le decine di milioni di individui che vivono la propria normalità, ma perché, enucleati dal loro contesto di spazio e di tempo, finiscono, giorno per giorno, tutti, per addensarsi nei titoli di una pagina di informazioni, e alcuni, per il loro valore emblematico, vengono continuamente reiterati.
Che società culturale è quella che si alimenta di paure e di violenza, quando la vita, nella generalità è scandita dai giochi, dalla scuola, dal lavoro e dallo svago nel rispetto dei costumi. Forse l'anacronismo sta nel fatto che il ministero della cultura abbia premiato questa narrazione di contrizione, anziché licenziare la richiesta di contributo statale con un "non possumus, non volumus", che sarebbe stato più giusto.
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