2 - Ma ero un pessimo poeta
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2 - Ma ero un pessimo poeta
Non sapevo allora, e come potevo?, che avrei ritrovato la voce di quel "monaco che mi cantava la leggenda di Novgorod", nelle suggestioni circasse di Battiato - quella Russia infinita che per i visionari europei è come il lontano west degli americani, il grande vuoto dove si entra vecchi e carichi di storia, e si esce innocenti, ascoltatori di quel tipo di favole che fanno sembrare la filosofia una cosa da prigionieri bambini.
... Ma ero un pessimo poeta.
Non sapevo andare fino in fondo alle cose.
Avevo fame
E tutti i giorni e tutte le donne nei caffè e tutti i bicchieri
Avrei voluto berli e spezzarli
E tutte le vetrine e tutte le strade
E tutte le case e tutte le esistenze
E tutte le ruote delle carrozze che svoltavano in un turbine sul cattivo selciato
Avrei voluto gettarle in una fornace di spade
E avrei voluto frantumare tutte le ossa
E strappare tutte le lingue
E liquefare tutti quei corpi immensi strani e nudi sotto panni di incubo...
Presentivo la venuta del grande Cristo rosso della rivoluzione...
E il sole era una brutta piaga Aperta come un braciere.
A quel tempo ero soltanto un ragazzo
Sedici anni, ma chi si ricordava più dell'infanzia
A Mosca, dove volevo nutrirmi di fiamme
Né mi bastavano i campanili e le stazioni che costellavano i miei occhi
In Siberia tuonava il cannone, era la guerra
La fame il freddo la peste il colera
E le acque fangose dell'Amur trascinavano milioni di carogne
In tutte le stazioni vedevo partire tutti gli ultimi treni
Nessuno più poteva partire perché non davano più bi¬glietti
Mentre i soldati che se ne andavano avrebbero tanto voluto restare...
Un vecchio monaco mi cantava la leggenda di Novgorod.
...
... Ma ero un pessimo poeta.
Non sapevo andare fino in fondo alle cose.
Avevo fame
E tutti i giorni e tutte le donne nei caffè e tutti i bicchieri
Avrei voluto berli e spezzarli
E tutte le vetrine e tutte le strade
E tutte le case e tutte le esistenze
E tutte le ruote delle carrozze che svoltavano in un turbine sul cattivo selciato
Avrei voluto gettarle in una fornace di spade
E avrei voluto frantumare tutte le ossa
E strappare tutte le lingue
E liquefare tutti quei corpi immensi strani e nudi sotto panni di incubo...
Presentivo la venuta del grande Cristo rosso della rivoluzione...
E il sole era una brutta piaga Aperta come un braciere.
A quel tempo ero soltanto un ragazzo
Sedici anni, ma chi si ricordava più dell'infanzia
A Mosca, dove volevo nutrirmi di fiamme
Né mi bastavano i campanili e le stazioni che costellavano i miei occhi
In Siberia tuonava il cannone, era la guerra
La fame il freddo la peste il colera
E le acque fangose dell'Amur trascinavano milioni di carogne
In tutte le stazioni vedevo partire tutti gli ultimi treni
Nessuno più poteva partire perché non davano più bi¬glietti
Mentre i soldati che se ne andavano avrebbero tanto voluto restare...
Un vecchio monaco mi cantava la leggenda di Novgorod.
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