La sventurata rispose
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La sventurata rispose
E’ difficile resistere alla tentazione. E le tentazioni sono disseminate con arte. Una battuta qua, una dimostrazione là, l’accenno di un insulto, l’offesa ostentazione di sdegno, l’allegra minimizzazione. E’ difficile non farsi distrarre.
Ad ogni azione corrisponde una reazione: di carta, o diffusa nell’etere.
“La sventurata rispose”, chiosò il Manzoni. La sensazione è che anche coloro che scrivono articoli su articoli, contestando le argomentazioni surreali della destra berlusconiana, rientrino nella strumentale ammuina dei moschettieri del re.
Siamo tutti organici , persino noi che scriviamo piccoli e innocui post su forum e social networks, al disegno di ricondurre sempre tutto a loro stessi, oscurando il resto.
E il paese risponde, allineandosi in fazioni contrapposte. E il giornalismo risponde, trincerandosi dall’una o dall’altra parte della barricata.
Anche coloro che assumono un atteggiamento neutrale, rispondono nel merito, arruolandosi nell’’esercito dei montatori di panna politico-mediatica.
L’Italia, in penoso ritardo rispetto al treno della modernità, si è accapigliata per anni sui vecchi trucchi fiscali e gli antiquati divertimenti di un volgare parvenu incapace di redimersi dalla sua stessa piccolezza.
Maitres à penser del calibro di Flavio Briatore fanno sentire il proprio sostegno a Santanchè e Carfagna, le combattive neo-vestali della eguaglianza e della giustizia per tutti.
I personaggi descritti dovrebbero essere tutti relegati nelle macchiette, come gli Scilipoti, i Razzi, i Fiorito, senonchè, nella strumentalizzazione globale di una società cinica come quella italiana, tutti si rivelano utili alla confusione del quadro, tutti meritano di essere difesi in nome di un margine sempre maggiore rispetto alla indifendibilità.
Una sana attenzione che conduca al rifiuto di metter piede nel salone degli specchi deformanti sarebbe l’unico servizio civile da rendere a questa opinione pubblica, resa cieca e settaria dalla politica dell’ombelico.
In fondo, il fatto che alcuni milioni di italiani votino ancora Berlusconi, dipende anche dalla credibilità che gli si accorda, girando continuamente intorno ad una corte che non merita nessuna seria analisi politica.
Infatti, non di analisi politica si tratta, ma del racconto compiaciuto delle relazioni tra i contendenti, che spesso neppure contendono, ma si limitano a dichiarazioni buone solo per fare da titolo nel talk-show della sera.
Si vedono giornalisti televisivi di grido, compresi della loro funzione di mero intrattenimento, che interrompono un discorso miracolosamente serio per interrogare i presenti sulle simpatie , le frequentazioni, i tic di qualche politico di tendenza.
Anche il giornalismo dovrebbe interrogarsi sulla propria funzione di quarto potere. O pensa che la propria platea di lettori, qualunque essa sia, funga da organo assolutorio, esattamente come gli elettori di Berlusconi ?
Se la comunicazione è il terreno su cui si combattono le moderne guerre di potere, è arrivato il momento di saper contrapporre un deciso rifiuto a portare la propria pagliuzza su quei monumenti di paglia predisposti dagli apparati di partito.
Non raccogliere proposte interessate è il giudizio più sicuro che si possa formulare su quanto è utile per il paese, e un giornalismo che “non risponda” ci affrancherebbe dalla pena di dover assistere ad uno spettacolo tanto scontato. Ma quanti, pur avendone la tentazione e le capacità, riescono a decidere, come fece il Manzoni, di rinunciare a descrivere la banale perdizione di una monaca, che non avrebbe aggiunto nulla a quel laconico e definitivo giudizio iniziale.
Lara- Messaggi : 198
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