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Messaggio Da Arzak Sab 07 Set 2013, 09:03

Renzi. Se si tratta dell'unica arma rimasta al PD in grado di opporsi alle destre, ben venga. Nel paese dei ciechi quello vincente è ovviamente l'orbo. E dal momento che l'avversario pare azzoppato, ha persino qualche chance, in un ambiente politico di disabili. Mi piacerebbe però sapere dal sindaco piacione, il figlio di tutte le mamme e il fidanzato di tutte le zitelle, quali altre doti possegga oltre a quelle citate.
In particolare amerei sapere:
- quanti giorni ha passato negli ultimi tempi a presiedere il comune di Firenze, dal momento che quotidianamente lo vedo altrove.
- quale siano le iniziative promosse e realizzate dalla sua sindacatura
- quale sia l'attuale gradimento dei fiorentini
- quale siano le proposte concrete che avanza, a parte il fatto di voler raccogliere i voti della destra
- come pensi appunto di voler raccogliere voti di destra senza fare una politica di destra
- se ripeterebbe la frase "dell'art. 18 non me ne può fregar di meno".

Sicuramente a tutto questo il Renzi avrà risposto o saprebbe rispondere esaurientemente, ma purtroppo non mi è mai capitato, sui media, di riscontrarlo.
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Messaggio Da Rom Sab 07 Set 2013, 15:41

Pinzellacchere. Bazzecole. Dettagli.
Anzi, peggio: malignità, preconcetti, avversione pregiudiziale.
Per non parlare dell'invidia.

In realtà, perché il giovanottello dovrebbe curarsi di fornire prestazoni che non si usano più, nel proprio come nell'avverso campo?
Quando Enrico Letta - chiamato a fare anche lui il piacione alla festa di partito - ha detto che "questo governo non piace nemmeno a me, che avrei voluto un governo di sinistra", ha spiegato cosa avrebbe fatto, o cosa farebbe, con il "governo di sinistra" di diverso da quello che sta facendo?
A me non viene in mente di farmi le domande che fai su Renzie, e neanche quelle che teoricamente farei a Letta, perché sarebbe ingeneroso: non possono avere risposte. Le risposte non ci sono.
I governi e le maggioranze si fanno ormai in base allo stato di necessità, su ordine del Quirinale.
L'agenda governativa è data dai "mercati" e dai ragionieri del ministero del Tesoro.
Le guerre le decide la NATO o l'ONU o il G20.
Le leggi sono applicabili o inapplicabili, attive o retroattive, costituzionali o incostituzionali, secondo quanto fanno notare alcuni "saggi" variamente raccolti allo scopo.
Fare il presidente del consiglio è come essere la cagnetta Laika: ti mettono in orbita, il lavoro lo fanno i computer della base e a te non rimane che fare la pipì nel pannolino, abbaiando ogni tanto per far sapere che sei vivo.
Un compito per il quale, tutto sommato, sia Letta che Renzie, sono perfetti.
Le idee non servono. Quelle intelligenti peggio: sono divisive... aaargh...
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Messaggio Da Arzak Sab 07 Set 2013, 20:19

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Messaggio Da Vanni Sandro Gio 03 Ott 2013, 07:08

Berlusconi-uomo è ormai alla fine dell sua carriera politica, ma la cultura che ha espresso nell'ultimo ventennio è ancora egemone.  E' riuscito a trasformare la politica in spettacolo e i cittadini in spettatori.  Una specie di X-factor in cui i cittadini si sentono protagonisti partecipando al televoto.
Renzi è frutto di quella cultura, che ha contagiato anche la sinistra.

Un tempo i partiti riuscivano ad interpretare i sentimenti e i bisogni dello spaccato di società che intendevano rappresentare, muovendosi all'interno di una cornice culturale e valoriale ben definita.  Le divisioni erano radicali, ma non impedivano la ricerca delle mediazioni e dei compromessi necessari a tutelare gli interessi della propria gente e la costruzione di blocchi sociali capaci di incidere nei cambiamenti.   

I leader politici di tutti gli schieramenti erano "cavalli di razza" formatisi con la militanza e tanti anni di gavetta alle spalle.  In quegli anni di forte fermento culturale e politico, riuscivano a capire, rappresentare e guidare la propria gente, gestendo un "sovvertivismo" che nasceva dal basso.

Mai una parola sopra le righe, neppure in momenti tesi e difficili come l'attentato a Togliatti, il governo Scelba, le stagioni dello stragismo, del terrorismo, dell'attacco allo Stato da parte delle mafie.   Mai un'offesa alle istituzioni, alla Costituzione, al Parlamento, alla Magistratura, ecc..., e, fino al Craxismo, anche la corruzione (che pur c'era) era mediamente più improntata ad una logica di sostegno al proprio partito o corrente che all'interesse personale.

Poi è arrivata l'antipolitica che ha diffuso la convinzione che il mestiere di politico e i partiti fossero qualcosa di sporco, da abolire, e che certe cariche potessero tranquillamente essere ricoperte dai rappresentanti della "società civile" (imprenditori, avvocati, architetti, ecc...)  fino ai "cittadini" pentastellati.  Ma senza una cornice "ideologica" viene meno il collante che può costruire e tenere insieme i blocchi sociali, scema la voglia di essere protagonisti , prevalgono l'individualismo e la delega non tanto ad un'idea ma all'uomo della Provvidenza.

Gli "unti dal Signore" hanno bisogno di visibilità personale e di occupare continuamente i media e non essendo mossi da finalità "ideologiche" non si rivolgono ad una parte del Paese ma al "popolo".  Per farlo hanno bisogno di alzare la voce, di spararla grossa, di trasformarsi in personaggi da avanspettacolo di alimentare un "sovvertivismo" che nasce dall'alto.  Un fenomeno già analizzato da Gramsci, durante gli anni del carcere.

Se pensiamo di esserci liberati di Berlusconi siamo degli illusi.   E' l'egemonia della sua cultura quella da cui dobbiamo liberarci e potremo gridare "vittoria" quando avremo rottamato non solo Berlusconi, ma anche Grillo, Renzi e gli altri populisti che animano l'attuale teatrino della politica.
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Messaggio Da Rom Ven 04 Ott 2013, 00:33

Vanni Sandro ha scritto:Berlusconi-uomo è ormai alla fine dell sua carriera politica, ma la cultura che ha espresso nell'ultimo ventennio è ancora egemone.  E' riuscito a trasformare la politica in spettacolo e i cittadini in spettatori.  Una specie di X-factor in cui i cittadini si sentono protagonisti partecipando al televoto.
Condivido tutto quello che hai detto.
Ma: chi ha consentito a Berlusconi di trasformare impunemente la politica in un reality-show?
Chi, nel corso degli anni '90, ha fatto sì che si creasse e si consolidasse in duopolio televisivo, che è stato il tramite principale per la diffusione di questa nuova "estetica"?
Chi si è ottusamente allineato alle nuove parole d'ordine sul maggioritario, sul bipolarismo, sulla personalizzazione leaderistica della politica?
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Messaggio Da Vanni Sandro Ven 04 Ott 2013, 07:02

Rom ha scritto:Condivido tutto quello che hai detto.
Ma: chi ha consentito a Berlusconi di trasformare impunemente la politica in un reality-show?
Chi, nel corso degli anni '90, ha fatto sì che si creasse e si consolidasse in duopolio televisivo, che è stato il tramite principale per la diffusione di questa nuova "estetica"?
Chi si è ottusamente allineato alle nuove parole d'ordine sul maggioritario, sul bipolarismo, sulla personalizzazione leaderistica della politica?
Il maggioritario e il bipolarismo non c'entrano niente con la personalizzazione della politica.
Cerco di spiegarmi ripercorrendo il mio percorso politico.

Vengo dalla cultura del vecchio PCI.  Per me Enrico Berlinguer era un leader carismatico, non perchè faceva lo showman in TV o dicesse alla gente quello che voleva sentirsi dire; anzi...  Erano le sue idee che mi convincevano e la sua tenacia nel cercare consenso attorno ad esse. 

La proposta di compromesso, persino quello storico, era credibile e sostenibile perchè era chiara l'identità politica e culturale di chi la proponeva.
Il compromesso politico era finalizzato ad affrontare la situazione contingente e non metteva in discussione i valori di fondo nè tanto meno gli obiettivi finali di chi lo proponeva.

E' con quella impostazione culturale che ho salutato con entusiasmo la nascita de l'Ulivo e il primo governo Prodi, che vedeva, per la prima volta in Italia, tutta la sinistra al governo.

Ma quella cultura politica non era condivisa dai "duri e puri" convinti che essere di sinistra significhi unicamente testimoniare un credo.  Vai a rileggerti le prime pagine di "Liberazione" e de "Il Manifesto" di quei tempi.  A me fanno ancora incazzare per la loro stupidità.
Credo che la caduta del primo governo Prodi abbia rappresentato da una parte la fine di un grande sogno collettivo, dall'altra la consegna della rappresentanza del "cambiamento" nelle mani del populismo berlusconiano.

Anche il successivo tentativo di rimettere insieme i cocci della sinistra attraverso L'Unione, finì miseramente sul piano politico e culturale prima ancora che parlamentare.  Per forza non viene neanche l'aceto, dicono dalle mie parti.  
Quell'esperienza dell'armata Brancaleone fu avvilente e segnò la resa definitiva e incondizionata al berlusconismo.

La questione che qualcuno si pose allora fu questa:  rinchiudersi nella torre d'avorio per sventolare dall'alto la propria bandierina identitaria o cercare di rilanciare l'azione politica della sinistra progressista nella società, attraverso strumenti nuovi?

Comunque lo si guardi, il PD è stato un tentativo in questa direzione, al quale anche i più feroci critici non hanno saputo contrapporre niente, se non la resa incondizionata all'egemonia culturale del berlusconismo imperante.

Al di là della leadership veltroniana, il PD non è mai stato un partito costruito sul culto della persona. Anzi: due mandati e a casa, primarie aperte, voto segreto, una testa un voto, gruppi dirigenti locali con parità di genere, ecc...; il tutto inserito in una cornice identitaria scritta nella Carta etica e dal Manifesto dei valori del PD...

La "vocazione maggioritaria" del PD non può essere identificata con la personalizzazione della politica, ma nell'esatto contrario.
Ora, con Renzi, è in atto il tentativo di "berlusconizzare" il partito, contro il quale mi sto battendo.  ma questa è un'altra storia.

Questo per rispondere al tuo post e ribadire un secco no alle tue osservazioni.
Il PD è stato l'unico tentativo di arginare la cultura dell'individualismo, del rampantismo, del populismo e dell'antipolitica in generale.   Oggi è l'unico partito che si fonda sulla partecipazione e che risponde allo spirito dell'art. 49 della Costituzione.

Sono altri che devono chiedersi cosa e quanto hanno fatto per contrastare l'egemonia culturale della destra conservatrice.
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Messaggio Da Rom Ven 04 Ott 2013, 07:50

Vanni Sandro ha scritto:Il maggioritario e il bipolarismo non c'entrano niente con la personalizzazione della politica.
Cerco di spiegarmi ripercorrendo il mio percorso politico.
...
Bipolarismo, maggioritario, personalizzazione e leaderismo sono, diciamo pure, "tecnicamente" e strettamente connessi: "tecnicamente" significa che non era necessario aspettare la controprova effettuale (parlando cioè col senno di poi), ma bastava usare la logica e la conoscenza dei meccanismi associati a queste formule.
Potrei - se l'informatica consentisse una memorizzazione più persistente di quella cartacea - riprodurti quello che scrivevo nei primi anni '90, quando si è cominciato a parlare di questi argomenti. Per quel che può valere, oltre alla mia parola, ne è testimone Lara.
Non ero un profeta, né un illuminato: erano e sono cose ovvie, che fanno parte dell'ABC della sociologia politica e della politica.
Sarebbe bene che se ne prendesse serenamente atto - anche laddove si volesse difendere le decisioni che allora furono prese dal PDS, e a seguire poi dall'Ulivo - invece di sviare il discorso, negando l'evidenza.

Ripercorrere il tuo percorso politico serve a spiegare le tue (rispettabili) posizioni e le tue aspettative, ma non a spiegare ciò che è successo al di fuori della tua personale coscienza ed esperienza.
Mi permetto, inoltre, di consigliarti, anzi di pregarti con tutto il cuore, di liberare la tua attenzione analitica dalla sindrome polemica contro il "settarismo", cioè l'attribuzione di tutti i guai (veri o presunti) all'esistenza delle spaccature, dei traditori, dei "nemici a sinistra", degli untori e degli sventolatori di bandierine, che a quanto pare è l'unica eredità che il PD ha raccolto dalla storia della sinistra, in particolare dal PCI.
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Messaggio Da Vanni Sandro Ven 04 Ott 2013, 08:21

Mai accusato di tradimento nessuno (casomai è un'accusa che ho ricevuto spesso).

Ci sono due modi di concepire la sinistra, entrambi legittimi e nobili: uno puramente "ideologico" adatto alle discussione filosofiche, l'altro più pragmatico, portato avanti nella società vera, che è molto più complessa e intricata di quella teorica.

Il primo non ha bisogno di compromessi, il secondo vive di quelli.
Come vedi la questione è tutta squisitamente politica.

I tecnicismi solo solo mezzi e non determinano affatto l'identità dei soggetti singoli o collettivi. Si può essere "puri" o "impuri" sia in un sistema maggioritario che proporzionale.

A me la purezza ideologica non interessa perchè non riempie la pancia di chi ha fame e non cambia il mondo, anzi finisce con l'essere conservatrice. 

Il fatto è che la società, per sua natura, è in continuo cambiamento.  Essere di sinistra, almeno per me,  significa prenderne atto, avere la capacità di analizzare la complessità dei rapporti economici e sociali  e cercare di incidere e se possibile guidare le trasformazioni in atto, pur tra mille compromessi ma nel rispetto dei valori di cui siamo portatori.   

Nell'altro post ho fatto riferimento al mio percorso politico perchè simile a quello di molti altri.  E sono le esperienze collettive quelle che incidono o possono incidere nei cambiamenti.
Può sembrare una banalità, ma è così.
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Messaggio Da Vargas Ven 04 Ott 2013, 08:24


Scusate se faccio come sempre un passo indietro, non avendo tra l'altro la vostra esperienza di attività politica: se è vero, come credo che sia vero, che «Bipolarismo, maggioritario, personalizzazione e leaderismo sono "tecnicamente" e strettamente connessi», come dice Rom, perché questo avviene con certe caratteristiche solo in Italia, sempre prendendo come punto di riferimento arbitrario le cosiddette democrazie occidentali? Il leaderismo esiste, è ovvio, anche negli Stati Uniti, in Francia, Spagna e Gran Bretagna; esisteva meno in Germania, sebbene ogni tanto qualche figura mediaticamente forte spuntava (Willy Brandt) e spunta (Angela Merkel). Tuttavia, in nessuno di questi paesi il fenomeno si è tradotto in becera spettacolarizzazione della politica. Gli scandali ci sono stati e ci saranno sempre, basti pensare all'ironia anche feroce sul pretzel di Bush o sugli scivoloni etici di Sarkozy o sull'uso disinvolto della comunicazione da parte di Blair, ma non si è mai arrivati al punto di non discutere sul contenuto delle politiche proposte, né soprattutto alla personalizzazione dei partiti: anzi, è esattamente il contrario, si può essere d'accordo o ferocemente in disaccordo sulla politica americana o britannica ma Bush, Clinton e Blair sono spariti dalla direzione dei loro partiti una volta terminato il loro mandato, non hanno dato vita né a un partito personale com'è Forza Italia/PDL, né a una permanenza de facto nella stanza dei bottoni come accade con D'Alema e altri nel PD. Perché? C'entra la storia italiana, che dalla caduta dell'impero romano ha avuto nell'estrema frammentazione dei poteri il suo punto debole e la sua straordinaria ricchezza culturale, nell'uno e nell'altro caso senza eguali nell'emisfero occidentale, rendendo perciò impossibile qualsiasi sintesi che riduca le differenze a due blocchi soltanto? O è  incapacità di comprendere il mondo contemporaneo, di gestire i mezzi di comunicazione?
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Messaggio Da Vanni Sandro Ven 04 Ott 2013, 09:59

Non credo che esista un modello di democrazia universale.
Ogni popolo ne ha elaborato uno, che è il frutto della sua storia, della sua cultura e dell'evoluzione dei rapporti umani, economici e sociali al suo interno.
per questo ogni sistema resta unico e irripetibile, e funzionale per quel popolo in quel determinato momento storico.

Dal dopoguerra ad oggi i bisogni e la cultura degli italiani sono profondamente cambiati, ed è stupido non tenerne di conto perchè con un'auto vecchia si va poco lontano.
Un conto è vigilare affinche i principi cardine che regolano la nostra convivenza non siano modificati (magari dovremmo chiedere che fossero applicati).
Un altro è ritenere sbagliato il riassetto organizzativo delle istituzioni.
Per tornare all'esempio dell'auto un conto è chiedere che si continui ad andare nella stessa direzione, un'altro è non voler riparare i guasti al motore.

Così come penose sono le posizioni (di tutti gli schieramenti) che propongono modelli istituzionali di altri Paesi, frutto di altre storie, altre culture, altre esigenze.

C'è chi crede che la politica sia quella che vediamo in televisione.  Il teatrino politico che ci viene proposto ogni giorno e che ci appassiona tanto, è solo un diversivo. La politica vera è quella che muove l'economia e determina la qualità della nostra vita.

Essere di sinistra significa occuparci di questo, saper orientare la gente e non inseguire i suoi umori, guidare i cambiamenti economici e sociali per distribuire in modo equo le risorse e la ricchezza.

Anzichè perdere tempo a discutere del nome dell'autista o del colore del mezzo, dovremo iniziare a discutere sulla meta che ci prefiggiamo e di quale sia la direzione da seguire per raggiungerla.

Quando è chiara la direzione, useremo i mezzi che di volta in volta avremo a disposizione: treno, pullman, aereo, auto, bicicletta o un semplice paio di scarpe.

Ripeto. Per me il PD è solo un mezzo.  Se cambia direzione rispetto alla meta che ho in testa, non ho problemi a scendere.  Non certo per tornare indietro, ma per continare coerentemente il mio percorso.
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Messaggio Da einrix Ven 04 Ott 2013, 13:51

"né a una permanenza de facto nella stanza dei bottoni come accade con D'Alema e altri nel PD"

D'Alema non è neppure parlamentare, Bersani ha dato le dimissioni da segretario. Risulta che Veltroni abbia degli incarichi da qualche parte? E se anche fosse? Saranno gli iscritti a stabilirlo. Senza contare che anche Renzi è in politica da più di vent'anni. Il problema non è li, in forme abbastanza normale di partecipazione alla vita dei partiti. Il problema nasce quando si esagera, quando si creano posizioni di potere con organizzazioni forti all'interno dei partiti, che non vogliono mollare la presa; per non parlare dei padroni dei partiti come Grillo e Berlusconi. Oppure quando un Renzi vuole fare tutto lui, dai programmi alle liste di proscrizione, grazie alla visibilità mediatica che la stampa di Lor Signori gli concede proprio perché è una mezza calzetta.
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Messaggio Da Rom Sab 05 Ott 2013, 11:14

Vargas ha scritto:Scusate se faccio come sempre un passo indietro, non avendo tra l'altro la vostra esperienza di attività politica: se è vero, come credo che sia vero, che «Bipolarismo, maggioritario, personalizzazione e leaderismo sono "tecnicamente" e strettamente connessi», come dice Rom, perché questo avviene con certe caratteristiche solo in Italia, sempre prendendo come punto di riferimento arbitrario le cosiddette democrazie occidentali? ... C'entra la storia italiana, che dalla caduta dell'impero romano ha avuto nell'estrema frammentazione dei poteri il suo punto debole e la sua straordinaria ricchezza culturale, nell'uno e nell'altro caso senza eguali nell'emisfero occidentale, rendendo perciò impossibile qualsiasi sintesi che riduca le differenze a due blocchi soltanto?
Non solo in Italia, ma, grosso modo, direi in tutti i paesi latini, europei ed extraeuropei, nei quali il leaderismo si trasforma quasi sempre in una variante del peronismo, o del fascismo tout court.
Certo, la storia conta: del resto, quale altra cosa potrebbe contare più della storia per spiegare un fenomeno di dimensioni storiche?
Le due domande, che ho isolato nella citazione del tuo post, sono apparentemente divergenti: la prima riguarda quelle "certe caratteristiche" in cui si manifesta il leaderismo, la seconda la difficoltà a ridurre il confronto a due blocchi.
La storia della frammentazione può rispondere a questa seconda, ma con un'avvertenza: siamo sicuri che la riduzione al bipolarismo sia un sinonomo di democrazia, o di democrazia automaticamente più evoluta?
Io credo che questa ulteriore domanda sia la chiave per mettere in relazione il problema del leaderismo (compresa la sua versione tendenzialmente degerativa) con quello della frammentazione: nelle democrazie anglosassoni il bipolarismo è un modo per organizzare e in qualche modo "istituzionalizzare" non solo e non tanto il leaderismo, ma proprio la sua intrinseca inclinazione peronista, ossia il suo destino autoritario. Ciò equivale a dire che si rinuncia a una parte di democrazia, per prevenirne le possibili degerazioni.
L'efficienza del sistema è affidata al fatto che la democrazia non è solo una realtà istituzionale, ma ha bisogno di un solido tratto di coerente legame con la società: per questo, sarebbe più utile parlare di "società democratica" invece che di "governo democratico" o delle sole istituzioni.
In questo senso, la parte di democrazia alla quale si rinuncia è compensato dall'etica diffusa e dalla (relativa) solidità di alcuni principi, che guidano l'intera classe dirigente, anche quella non politica, del paese e arrivano a coinvolgere anche le classi popolari, che con quelle classi dirigenti hanno maturato un rapporto di conflittualità socio-economica sufficientemente regolata.
Volendo sintetizzare al massimo: nelle democrazie anglosassoni è la società che sorregge le istituzioni democratiche.

Nelle democrazie "latine" quello che manca è la classe dirigente, intesa come bacino di compensazione tra popolo e potere, e tra sfera politica e sfera sociale.
Il popolo è sempre stato in rapporto diretto col potere: la frammentazione ha in un certo senso "provincializzato" questo rapporto, sostituendo  l'accessibilità, la "scalabilità sociale" verso il potere con la vicinanza territoriale. Il municipalismo, sconnesso dalla coscienza di uno stato di grado superiore, ha bloccato la crescita di una coscienza superiore del concetto di cittadinanza, accorciando l'orizzonte della responsabilità politica.
In questo modo, il flusso virtuoso - che Pietro Ingrao definì in un suo bell'articolo sul Manifesto - tra cultura-politica-amministrazione, è privato esattamente di quella dimensione intermedia della politica, e questo spiega come in Italia sia possibile il fenomeno per cui siamo  "giacobini nel fare le leggi e gesuiti nell'applicarle", cioè capaci di grandi illuminazioni culturali e intellettuali, alle quali non corrisponde una pratica politica adeguata e non corrisponde una coscienza politica popolare dello stesso livello.
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