La "giovane" De Girolamo
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La "giovane" De Girolamo
Chiunque abbia avuto a che fare con qualche amministrazione pubblica, può testimoniare di essersi sentito dire, presto o tardi, che qualcosa non si poteva fare o qualcuno non si poteva assumere, nonostante le competenze, perché bisognava salvaguardare gli “equilibri politici”.
Una prassi tristemente bipartisan, la cui contestazione ti relegava nel novero di chi non capisce i meccanismi della politica, che è una dimensione esterna e superiore a qualsiasi merito, a qualsiasi pratica amministrativa, la quale viene giudicata solo in quanto funzionale alla creazione di clientele e bacini elettorali, nel migliore dei casi, o ad indirizzare fondi pubblici nelle tasche privatissime di amici e congiunti, nel peggiore.
Questo è il sistema Italia in tutte le periferie amministrative italiane, con le debite e sperabili eccezioni.
La De Girolamo è giovane, ma era abbastanza evidente che la sua ascesa era frutto di una diligente osservanza del vecchio metodo. Avessi dovuto scommettere qualche euro, ce lo avrei puntato con una certa tranquillità.
Il sistema è talmente radicato nella mente di coloro che lo perpetuano, sia tra gli eletti che tra i cittadini, che non si rendono nemmeno conto di commettere dei reati, come il voto di scambio o l’abuso d’ufficio. L’ufficio è quella cosa che si è conquistata promettendo appalti e favori e, dunque, le promesse vanno mantenute, non siamo mica dei quaquaraquà.
Il programma elettorale non consiste nel realizzare certe opere pubbliche, ma nel dirigere i fondi pubblici verso i soggetti che ci hanno finanziato e fatto votare, costruendo nel tempo un apparato di potere che blindi quel territorio come un feudo, con una economia di corte, che non consente il libero dispiegarsi della concorrenza. E’ un serpente che si morde la coda. Come per la mafia, quando è solo la politica che crea opportunità di lavoro, si cerca solo di sottomettersi alle sue regole, e le altre opportunità di lavoro non si creano perché la politica non ti consente di lavorare autonomamente. Il territorio viene sterilizzato e desertificato, e il paese non cresce da decenni. Come potrebbe?
Se si aprono dei dibattiti sull’opportunità di dimissioni della Cancellieri o della Di Girolamo, o di chiunque altro, scoperto casualmente ad esercitare quella che loro ritengono una normale attività politica, è proprio perché sono troppi coloro che hanno salito la scala istituzionale esattamente allo stesso modo, e che si ritengono anzi degli abili navigatori nel mare degli equilibri, persone che hanno magari rifiutato soldi e favori personali, ma che hanno preteso che fossero rispettati i patti elettorali stretti con imprenditori e maggiorenti locali, non riuscendo neanche a cogliere la scelleratezza insita in questo legame di scopo. Oppure, pretendono di imporre un loro candidato, anche incompetente, semplicemente perché gli spetta sulla carta e questo significa ribadire il proprio peso politico. Con certi giornali che si affannano a commentare gli organigrammi esattamente con questo metro di giudizio. Confermando l’equivoco che la qualità politica si misuri in caselle occupate.
Un equivoco in cui è cascato persino Vendola quando, interrogato dalla Gruber, ha esibito come successi di SEL le nomine della Boldrini e di altri, mentre ha dimenticato di illustrare i provvedimenti in cui SEL si è spesa per il bene dei cittadini, che pure ci sono, forse.
Una prassi tristemente bipartisan, la cui contestazione ti relegava nel novero di chi non capisce i meccanismi della politica, che è una dimensione esterna e superiore a qualsiasi merito, a qualsiasi pratica amministrativa, la quale viene giudicata solo in quanto funzionale alla creazione di clientele e bacini elettorali, nel migliore dei casi, o ad indirizzare fondi pubblici nelle tasche privatissime di amici e congiunti, nel peggiore.
Questo è il sistema Italia in tutte le periferie amministrative italiane, con le debite e sperabili eccezioni.
La De Girolamo è giovane, ma era abbastanza evidente che la sua ascesa era frutto di una diligente osservanza del vecchio metodo. Avessi dovuto scommettere qualche euro, ce lo avrei puntato con una certa tranquillità.
Il sistema è talmente radicato nella mente di coloro che lo perpetuano, sia tra gli eletti che tra i cittadini, che non si rendono nemmeno conto di commettere dei reati, come il voto di scambio o l’abuso d’ufficio. L’ufficio è quella cosa che si è conquistata promettendo appalti e favori e, dunque, le promesse vanno mantenute, non siamo mica dei quaquaraquà.
Il programma elettorale non consiste nel realizzare certe opere pubbliche, ma nel dirigere i fondi pubblici verso i soggetti che ci hanno finanziato e fatto votare, costruendo nel tempo un apparato di potere che blindi quel territorio come un feudo, con una economia di corte, che non consente il libero dispiegarsi della concorrenza. E’ un serpente che si morde la coda. Come per la mafia, quando è solo la politica che crea opportunità di lavoro, si cerca solo di sottomettersi alle sue regole, e le altre opportunità di lavoro non si creano perché la politica non ti consente di lavorare autonomamente. Il territorio viene sterilizzato e desertificato, e il paese non cresce da decenni. Come potrebbe?
Se si aprono dei dibattiti sull’opportunità di dimissioni della Cancellieri o della Di Girolamo, o di chiunque altro, scoperto casualmente ad esercitare quella che loro ritengono una normale attività politica, è proprio perché sono troppi coloro che hanno salito la scala istituzionale esattamente allo stesso modo, e che si ritengono anzi degli abili navigatori nel mare degli equilibri, persone che hanno magari rifiutato soldi e favori personali, ma che hanno preteso che fossero rispettati i patti elettorali stretti con imprenditori e maggiorenti locali, non riuscendo neanche a cogliere la scelleratezza insita in questo legame di scopo. Oppure, pretendono di imporre un loro candidato, anche incompetente, semplicemente perché gli spetta sulla carta e questo significa ribadire il proprio peso politico. Con certi giornali che si affannano a commentare gli organigrammi esattamente con questo metro di giudizio. Confermando l’equivoco che la qualità politica si misuri in caselle occupate.
Un equivoco in cui è cascato persino Vendola quando, interrogato dalla Gruber, ha esibito come successi di SEL le nomine della Boldrini e di altri, mentre ha dimenticato di illustrare i provvedimenti in cui SEL si è spesa per il bene dei cittadini, che pure ci sono, forse.
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