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Messaggio Da Rom Lun 17 Feb 2014, 10:14

Dico "noi", ma io qui sono una straniera. Eppure, sto crescendo qui mio figlio, nato a Roma, e sto cercando di crescerlo come fanno gli italiani in mezzo ai quali vivo. Il problema è che molti italiani stanno prendendo il peggio delle pratiche alimentari che pensavo di essermi lasciata alle spalle quando ho lasciato il Canada 12 anni fa. Quanto vado a trovare familiari e amici in Canada, dico loro che abbiamo tanto da imparare dagli italiani sul piacere di una cultura del cibo sano. Ma poi quando torno a casa a Roma vedo troppi segnali che invece di essere i nordamericani a imparare dagli italiani, è l'inverso: gli italiani stanno diventando più simili ai nordamericani.

Un brano estratto dall'articolo a firma di Jeannie Marshal:
http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2014/02/14/news/italiani_i_vostri_figli_stanno_perdendo_il_gusto_per_il_cibo-78609506/?ref=HREC1-35

Questo e altro sta avvenendo, mentre ci appassioniamo alle vicende rappresentate sul palcoscenico politico e televisivo, ritenendo che siano quelle fondamentali, ossia quelle dalle quali tutto dipende: forse, invece, è vero il contrario.
Forse sarebbe il caso che della TV non si analizzassero, con sdegno, i talkshow che stancamente chiacchierano di politica, ma si ri-prendesse il tema di quello che è il fenomeno comunicativo infinitamnte più importante che transita attraverso le antenne: la pubblicità e i mutamnti antropologici e psichici che l'accompagnano.
Einrix, ieri, ha nominato Pasolini, ossia chi tra i primi in Italia ha parlato della pubblicità e della televisione in questo senso: ma evidentemente Pasolini è buono solo per essere citato a sproposito, in funzione del chiacchiericcio politico.
In questi ultimi venti, trent'anni, fenomeni simili a quello ora citato, del cibo, si sono verificati anche in altri ambiti, da quello linguistico a quello sportivo, a quello dei rapporti umani, all'economia, agli arredi urbani, a tutto ciò insomma che concorre a formare  il gusto, la psicologia, la personalità, l'immaginario e infine, come sintesi, il modo di vivere e di pensare: nel menefreghismo generale, o, peggio, nell'attenzione troppo tiepida e ondivaga di chi pure si è accorto di ciò che stava succedendo, e infine si è accodato.
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Messaggio Da Adam Lun 17 Feb 2014, 14:35

Ci vuole gran cultura per evitare che nel modo di vivere, qui o altrove, non si avveri il detto della finanza che la moneta cattiva caccia sempre quella buona.
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Messaggio Da einrix Lun 17 Feb 2014, 14:41

"ma evidentemente Pasolini è buono solo per essere citato a sproposito"

Parla per te Rom!
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Messaggio Da Rom Mar 18 Feb 2014, 01:21

Adam ha scritto:Ci vuole gran cultura per evitare che nel modo di vivere, qui o altrove, non si avveri il detto della finanza che la moneta cattiva caccia sempre quella buona.

Battuta per battuta, sarebbe l'ennesima ottima ragione per abolire la finanza e le sue leggi.
In realtà, la tua battuta ha un senso, proprio perché spinge a riflettere sulla differenza che esiste (cioè, dovrebbe esistere) in una società civile e consapevole della differenza tra le fenomenologie quasi "meccaniche" di un mercato finanziario e quelle che invece, per definizione, appartengono alla sfera culturale, sentimentale e personale, o professionale.
Nell'interazione tra civiltà e culture c'è sempre qualcosa che soccombe a un'altra, provocando nostalgie e risentimenti.
Quello che spetta agli storici - quando si tratta di storia - o a noi, quando si tratta di attualità, è capire cosa soccombe, e perché, e da cosa è sostituito.
Le mutazioni che, in qualche modo, sono "fatalmente accettabili" sono quelle che avvengono con un'osmosi lenta, certo più di quelle che al contrario sono imposte surrettiziamente o con una forma di violenza.
Ciò che caratterizza le attuali è la loro profondità, per così dire "psichica": non si tratta solo di mode o di oggetti.
Noi - la nostra generazione - siamo ancora in grado di sapere, conoscere in modo diretto e valutare ciò che soccombe e ciò che sopravviene: togliamoci dalla testa la pretesa di essere oggettivi e spassionati, e conserviamo invece quella di dire ciò che pensiamo, con tutta la nostra trasparente faziosità. E magari anche un po' incazzati.
Le merendine sono una merda.
La pubblicità è una forma pesantissima di violenza. Quella rivolta ai bambini è un reato puro e semplice.
Etc.
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Messaggio Da einrix Mar 18 Feb 2014, 11:58

https://www.youtube.com/watch?v=65QGvs_K1kk
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Messaggio Da Arzak Mar 18 Feb 2014, 12:22

Le merendine. 
E' oggettivo considerare come essenziali due pulsioni fondamentali dell'esistenza: la conservazione dell'individuo, che ha come corollario l'alimentazione, e le conservazione della specie, che comporta il tema della sessualità. 

Ed è sconvolgente constatare come né la sessualità né l'educazione alimentare trovino spazio nei programmi scolastici. 
Sul perché ciò accada ci sarebbe da dibattere a lungo.
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Messaggio Da einrix Mar 18 Feb 2014, 17:22

Ai miei tempi la merendina era, d'estate pane duro (fatto in casa da mia nonna) bagnato nell'acqua, condito con olio e sale e con sopra spremuto, mezzo pomodoro e origano. D'inverno, quando non c'erano i pomodori (ne venivano conservati pochi, piccoli a ciliegino, ancora appesi alla pianta con cui si formava un mazzetto che si appendeva con un chiodo, in una camera-dispensa) l'alternativa era sempre quel pane duro fatto in casa, bagnato con acqua, con sopra lo zucchero.

Vuoi mettere quanto è più comoda una merendina? Non devi fare il pane, non devi preparare la bruschetta dolce o salata; anche in quella ci sono grassi, zuccheri e farine adatti per carburare subito e mantenere un po di riserva per le ore successive. Semmai il problema è sulla qualità dei grassi, degli zuccheri e delle farine, sui costi, e sulla carta e plastica che devono essere riciclate. Se i costi fossero ragionevoli e gli ingredienti ottimi non vedo perché le merendine dovrebbero essere peggio delle bruschette.

La pubblicità ha uno strano effetto; magari non ci fai subito caso, ma a furia di sentir parlare di qualche prodotto e di vedere un marchio ovunque, sugli scaffali di un supermercato si esita meno, si compera con maggior tranquillità, e si riflette meno sul prezzo e sul contenuto, che di solito è gradevole, per avere superato un test tipo panel di acquirenti nella fascia di età giusta per quel prodotto.

A monte il vero problema non è la pubblicità, ma il modo come si producono certi prodotti alimentari, e come e a che prezzo li si vendono. Semmai, la pubblicità potrebbe essere accusata di promettere cose che il prodotto non mantiene. Ma quando mai la pubblicità è incappata in questo genere di reato. Neppure chi produce incorre in reati se rispetta le norme e le leggi legate ai processi di trasformazione e confezionamento.

La merendina è un altro modo di vivere l'esistenza oggi, ma non è il solo.

Non sono in linea di principio contrario alle merendine, ma non le mangio. Non sono contrario alla pubblicità, ma quando sento una spinta all'acquisto di un certo prodotto pubblicizzato, aumento la cura nel ricercare prodotti alternativi, altrettanto buoni - sotto il profilo deiil'etichetta - e meno costosi. Insomma qualche responsabilità deve imparare a prendersela anche il consumatore. Per mia moglie tutto quello che costa di più è più buono. Se non ho una prova sperimentale di quel fatto, a parità di etichetta compero il meno caro, anche se la faccio incazzare. Dopo aver provato il prodotto, e solo dopo, decido cosa è meglio fare e se vale la pena di spendere di più.

L'inconveniente pratico è l'enorme facilità con cui i prodotti non di marca cambiano etichetta, e spesso ciò crea una qualche difficoltà di memorizzazione delle scelte migliori. E si potrebbe continuare l'analisi dettagliandone i diversi aspetti. Ma ciò potrebbe anche essere dovuto al fatto che escono dal mercato molto rapidamente, ciò che non depone a loro favore.

Per concludere: quelle battute alla Rom non mi convincono proprio; magari vanno bene solo per chi non abbia neppure un istante per riflettere su ciò che sta facendo, ma quando si va a far spesa, a mio avviso è meglio riflettere su cosa si sta mettendo nella borsa della spesa.
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