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Maiden

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Messaggio Da Amiter Mer 12 Mar 2014, 21:51

Mi rendo conto che quanto sto per proporre molto probabilmente non desterà particolari entusiasmi in questo forum.
Tuttavia qui il tema è "indica la tua musica preferita"... e quella degli Iron Maiden è certamente tra quelle che ho sempre preferito.
Questo gruppo inglese è certamente stato tra gli interpreti più significativi di quel processo evolutivo che traghettò l'hard rock definitivamente nell'heavy metal... traghettamento dovuto non soltanto alle evoluzioni sonore e alle tecniche compositive e strumentistiche, ma anche alla qualità dei testi, non più generalmente ispirati al vecchio sex, drugs and rock'n'roll, e talvolta prendevano spunto da eventi o personaggi storici, o da autori letterari...

Il brano che propongo è di esattamente 30 anni fa, e ovviamente ispirato all'omonimo poema di Coleridge... all'epoca ignoravo chi fosse Coleridge, ma mi diede un efficace stimolo per andarlo "a conoscere" e leggere l'originale... non male, considerando che nel 1984 avevo appena 17 anni e frequentavo le scuole tecniche, quindi non ero destinato a studiare la letteratura inglese.
Ma al di là delle considerazioni che si possono fare su Coleridge, vi consiglio, qualora non lo conosciate, di ascoltare attentamente questo brano, che considero un capolavoro del rock... il sound non è molto più "sgradevole" di quello dei Led Zeppelin o dei Deep Purple... per apprezzarne i notevoli cambi di umore, di ritmo e di sonorità, che ambientano perfettamente, in maniera "scenografica", oserei dire, il testo scritto...
Una parte significativa è quella centrale, che parte con un arpeggio di basso che rende molto bene la quiete del mare... la famosa quiete dopo la tempesta... in più la sonorità del basso elettrico, potendo assumere toni piuttosto cupi, riesce a dare quel tocco di atmosfera tetra che la chitarra non sarebbe riuscita a dare...

Buon ascolto... mi auguro che qualcuno gradirà...

Amiter
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Messaggio Da Rom Gio 13 Mar 2014, 00:56

La versione musicale la trovai da subito molto interessante, bella, perché interpretava molto bene il romanticismo solo apparentemente meditativo di Coleridge.
Mi è sempre piaciuto, infatti, il primo romanticismo inglese, non molto profondo, ma scenografico e spettacolare nelle sue forme fantastiche, e nell'evocazione del mondo nordico e delle sue atmosfere rarafatte, ma piene di tensione e di aspettative misteriose.
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Messaggio Da Amiter Sab 15 Mar 2014, 07:13

Mi pare di capire che conoscevi quel pezzo... mi fa piacere!

Te ne segnalo allora un altro...
Questo credo sia stato uno dei primi che mi indusse la curiosità di conoscere cosa dicessero i testi delle canzoni in genere...
Mi spiego meglio... allora (avevo 15 anni) non ero molto interessato ai testi, in quanto ero più appassionato di musica che di poesia... anche le canzoni italiane tendevo ad apprezzarle se avevano una buona base musicale e spesso non facevo caso neanche ai testi di queste.
Noterai che questo pezzo, almeno all'inizio, è molto comprensibile... perché cantato lentamente, ma anche perché, essendo loro inglesi, parlano meglio la loro lingua...
Per presentarlo riporto un'efficace descrizione di wikipedia:

Il testo della canzone parla delle ultime ore vissute da un condannato a morte, immediatamente precedenti all'esecuzione. Inizialmente, il condannato sembra rassegnato di fronte alla morte, ma poi si convince di non averne paura, perché la vita in fondo è solo un'illusione e potrebbe esserci qualcosa dopo.
[...]
È degna di nota la particolare struttura musicale (inizio lento, a sfociare in una parte più veloce ed "aggressiva"), [...]; grazie a questa struttura ed all'interpretazione di Dickinson la band riesce a rendere molto bene il climax degli eventi, partendo dalla depressione e rassegnazione dell'uomo (ritmo lento) per arrivare alle sue riflessioni e alla conclusione, già citata, di non dover aver paura della morte. La parte strumentale e l'assolo sono certamente la parte più emozionante di tutta la composizione, ed esprimono bene i momenti in cui il condannato viene condotto al patibolo. Questa parte culmina con l'invocazione, urlata, "Hallowed Be Thy Name", con cui il condannato si affida a Dio e sembra quasi ringraziarlo per averlo tolto da quel luogo di illusioni che è il mondo. Si può immaginare che il condannato, durante l'invocazione, stia salendo sul patibolo e che l'improvvisa melodia lenta e malinconica che interrompe di colpo gli accordi stia a significare che il boia ha finalmente giustiziato l'uomo.
[...]


... aggiungo solo che questa canzone, uno dei cavalli di battaglia delle loro esibizioni live, contribuì notevolmente alla posizione che assunsi nei confronti della pena di morte...


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