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Riforma Fornero, modifiche a tempo

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Messaggio Da cciappas Lun 06 Mag 2013, 13:13

neanche fatta già modifiche... e questa era l'esperta...nella presa per i fondelli..

grazie napolitano.. grazie monti... grazie fornero..



http://www.lastampa.it/2013/05/06/economia/riforma-fornero-modifiche-a-tempo-jvGtJvw69jbF5b6xvXdEoK/pagina.html

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Messaggio Da einrix Lun 06 Mag 2013, 13:26

Non so quali modifiche si potranno fare con un governo PD-PdL, ma conoscevo quelle che avrebbe voluto fare Bersani.

Che il popolo che ha votato, si becchi quello che si merita.
Scommetto che molti esodati avranno votato pure contro il Centro sinistra, per non parlare dei disoccupati.
Adesso raccoglieranno quello che hanno seminato.

Quando uno si lamenta, bisognerebbe chiedergli: e tu come hai votato, per avere diritto di lamentarti? E poi magari si può continuare la discussione, altrimenti è solo una lamentazione.
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Messaggio Da rikkitikkitavi Lun 06 Mag 2013, 13:54

c'è sempre quella piccola domanda che mi continua a ronzare nel cervelletto: ma chi le avrà ma approvate le riforme della coccodrilla?
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Messaggio Da Adam Lun 06 Mag 2013, 15:13

Se vi facessero scegliere tra reddito di cittadinanza più indennità temporanea di disoccupazione a carico dell'Azienda, e abolizione dell'Art. !8 e ricorso alle norme previste dal Codice Civile per i licenziamenti senza giusta causa, voi cosa scegliereste?
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Messaggio Da rikkitikkitavi Lun 06 Mag 2013, 15:27

Adam ha scritto:Se vi facessero scegliere tra reddito di cittadinanza più indennità temporanea di disoccupazione a carico dell'Azienda, e abolizione dell'Art. !8 e ricorso alle norme previste dal Codice Civile per i licenziamenti senza giusta causa, voi cosa scegliereste?

la domanda centra prefettamente il punto vero del problema. e cioè che non si può considerare l'abolizione dell'articolo 18 senza ripensare integralmente la regolamentazione del mercato del lavoro.

io all'articolo 18 rinuncerei ieri in cambio del sistema danese, ma non è che abbiamo le stesse risorse della danimarca. l

ma comunque serve anche una struttura che si occupi della riqualificazione e della ricerca del lavoro.
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Messaggio Da Adam Lun 06 Mag 2013, 15:55

rikkitikkitavi ha scritto:

la domanda centra prefettamente il punto vero del problema. e cioè che non si può considerare l'abolizione dell'articolo 18 senza ripensare integralmente la regolamentazione del mercato del lavoro.

io all'articolo 18 rinuncerei ieri in cambio del sistema danese, ma non è che abbiamo le stesse risorse della danimarca. l

ma comunque serve anche una struttura che si occupi della riqualificazione e della ricerca del lavoro.

Io credo che le risorse si possano trovare già in parte con le casse integrazioni straordinarie, poi con un fondo che raccolga un contributo a carico delle parti datoriali e ricuperando da spese varie assistenziali.
In ogni caso la tua risposta è incoraggiante ed è costruttiva, in luogo della difesa aprioristica di posizioni incongrue rispetto agli scenari che la crisi ha messo in evidenza.
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Messaggio Da rikkitikkitavi Lun 06 Mag 2013, 16:18

ma a mio parere bisognerebbe anche domandarsi il perché di certe chiusure e di certi arroccamenti. secondo me il fatto di modificare solo l’articolo 18 in senso sfavorevole ai prestatori d’opera non viene certamente recepito come un invito a ridiscutere la tematica nella sua interezza e complessità. a quel punto la chiusura mi sembra l’atteggiamento più conseguente.

diversa sarebbe una proposta articolata che considerasse le due facce del problema: da una parte la gestione dell’uscita delle risorse, ma contestualmente, dall’altra, la gestione del rientro delle risorse nel sistema di produzione. e naturalmente la gestione del durante, cioè del periodo che intercorre tra l’uscita e il rientro: riqualificazione, assegnazione a lavori di pubblica utilità come già succede oggi per il personale esodato, ricerca di opportunità.

poi bisognerebbe verificare l’effettiva disponibilità delle aziende ad accollarsi parte dei costi relativi a questa nuova struttura che verrebbe creata.

tutto sommato a me sembra che la proposta di adam sia un’interesante base di discussione, anche se – come sappiamo tutti – il diavolo si cela nei particolari e negli approfondimenti.
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Messaggio Da Adam Lun 06 Mag 2013, 16:43

Forse nelle intenzioni, ripeto, forse, c'era una visione integrata del problema, ma poi la legge è uscita come è uscita.

Io credo che un errore, da parte del PD, sia stato quello di non valutare a fondo la vecchia, ma confermata proposta Ichino, che se peggiorava le garanzia dell'art. !8, escludendo il reintegro, dall'altro formalizzava una proposta per offrire sempre al lavoratore licenziato un sussidio variabile nel tempo per il quale il contributo dell'Azienda licenziante per il primo anno o per i primi due anni, non ricordo bene, era abbastanza forte da costituire un deterrente per decisioni di comodo. Oltre, naturalmente la base del sussidio a carico dello Stato.
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Messaggio Da Ospite Lun 06 Mag 2013, 17:00

la questione dell'art. 18 come ostacolo alle assunzioni e alla mobilità in generale è stata - e tutt'ora conserva per i più - i caratteri di una questione puramente ideologica
la concreta funzione politica principale della previsione del reintegro nell'art. 18 è quella di assicurare la democrazia e, con essa, possibilità di presenza sindacale (e dei partiti politici, ove lo volessero) nelle aziende, impedendo al datore di lavoro di liberarsi di attivisti e personaggi comunque "scomodi".
L'art. 18 con i problemi dell'occupazione non c'entra niente ed infatti, con la riforma, si è visto qualche licenziamento in più, ma nessuna assunzione.

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Messaggio Da cciappas Lun 06 Mag 2013, 17:49

abolire l'art 18 è sempre un delitto. se non esiste giusta causa il licenziamento e la minaccia di licenziamento senza giusta causa sono solo un sopruso teso a schiavizzare le maestranze sul posto di lavoro.

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Messaggio Da einrix Lun 06 Mag 2013, 17:55

non è molto, ma questa è la notizia delle sue scuse e delle ragioni che hanno portato a fare quegli errori

http://www.unita.it/italia/esodati-fornero-chiedo-scusa-a-chi-ho-creato-angoscia-1.497987

Sull'assegno di disoccupazione il disastro è provocato dalla cassa integrazione speciale. Anziché essere spinti a trovarsi un altro lavoro, come sarebbe con un assegno di disoccupazione ed una chiamata dal collocamento, uno è spinto a non fare niente.

Ci sono venti anni di ritardo su questi problemi, che non erano esclusivamente di competenza di un sindacato che ha solo lavoratori iscritti, e non certo giovani in cerca del primo lavoro. O lavoratori a tempo indeterminato e non lavoratori atipici nelle trentamila forme del precariato.

Quel problema toccava alla politica, e non è stato affrontato. Tutti che parlano da anni della mancata legge sul conflitto di interesse, ma il vero problema, cento, mille volte più importante era questo.

L'articolo 18 non deve essere eliminato: è immorale che uno venga licenziato per una discriminazione, e nessuno che non consideri come vi siano centinaia di migliaia di licenziamenti provocati da questa crisi. L'articolo 18 è solo un trofeo per chi vuole eliminarlo, e i trofei non sono mai una buona cosa, anzi, sono sempre una cosa orribile. E mi sta bene che sia a discrezione del giudice la valutazione del reintegro o del risarcimento. Qualche volta è meglio un risarcimento che rientrare in una fabbrica che poi si vendica col mansionario, gli aumenti e le mancate carriere.
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Messaggio Da Adam Lun 06 Mag 2013, 17:58

Sarà una questione ideologica, sarà tutto ciò che volete - il fatto che non si assuma, di questi tempi, non è certo legato in qualche misura all'Art. 18 - ma il fatto è che l'Italia è agli ultimi posti nella produttività.

Tra i costi di produzione il costo del lavoro e il suo rendimento non è certo l'unico fattore che può mettere in crisi il risultato, ma è certo uno di quelli che si paragona più facilmente a quello di altri paesi. E più che il costo, gravato da oneri fiscali e contributivi fuori da ogni media europea e mondiale. il rendimento e la flessibilità assumono un peso discriminante, ,forse anche per quelle "questioni ideologiche" a cui si è accennato.
Va detto che un altro fattore in crisi, è la mancanza di investimenti e di politiche industriali anche a causa di quelle deviazioni viziose che sempre più spesso portano il capitale a rivolgersi verso il mondo finanziario, piuttosto che a quello produttivo.
Come è vero che uno degli altri fattori che contribuiscono ai risultati del rapporto tra prodotto e costi, è lo Stato come scarso fornitori di servizi e infrastrutture.
Ma, in ogni modo non si può non constatare che perdurando per ogni fattore di costo il sistema strutturale attuale, il risultato è quello che le statistiche dimostrano. Quindi cambiare si deve e il mondo del lavoro, così come è stato in Germania all'inizio di questo secolo, così in Italia bisogna abbattere ogni conservatorismo e avventurarsi verso nuovi accordi di sistema.
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Messaggio Da einrix Lun 06 Mag 2013, 18:06

Senza esagerare, a noi serve aumentare un po la produzione di beni esportabili, per compensare la bilancia. E poi, al nostro interno possiamo redistribuire il reddito in modo che chi ha di più dia di più.

Con un po di buona volontà non ci vuole neppure troppo a rimetterci in sesto, ma se continuiamo a far fuggire ricchezza incontrollata, e a perdere produzione manifatturiera, non ne veniamo a capo.

La produttività di tutto ciò che produciamo e vendiamo, è adeguata, ma si riferisce a produzioni di beni che sono insufficienti a compensare la bilancia dei pagamenti. Fino a che l'auto tirava, il problema era di crescita ma non di recessione. Adesso dobbiamo investire in nuovi campi che ci aprano nuove prospettive. E se non lo fa il privato deve farlo lo stato. Di dieci iniziative è importante che almeno cinque vadano in porto. Mica tutte le iniziative dei privati, se ci sono, vanno in porto. Lo stato può avere l'occhio più lungo per individuare i settori strategici, cosa che un privato che non sia una grossissima holding, non può neppure pensare.
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Messaggio Da Adam Lun 06 Mag 2013, 18:10

einrix ha scritto:

L'articolo 18 non deve essere eliminato: è immorale che uno venga licenziato per una discriminazione, e nessuno che non consideri come vi siano centinaia di migliaia di licenziamenti provocati da questa crisi. L'articolo 18 è solo un trofeo per chi vuole eliminarlo, e i trofei non sono mai una buona cosa, anzi, sono sempre una cosa orribile. E mi sta bene che sia a discrezione del giudice la valutazione del reintegro o del risarcimento. Qualche volta è meglio un risarcimento che rientrare in una fabbrica che poi si vendica col mansionario, gli aumenti e le mancate carriere.

In Economia non esistono verità inconfutabili, perché le condizioni mutano con i tempi. Ragionare sull'Art. 18, partendo da "non deve essere eliminato" è una dimostrazione di debolezza conservatrice, non di forza progressista. Il "padrone delle ferriere" non esiste più e se si continua a farsi scudo, ogni volta che si discute, con certi mantra ripetuti da un secolo a questa parte, non se ne verrà mai fuori e non si andrà da nessuna parte, come è la situazione del lavoro in Italia oggi.

Io non penso e non ho mai pensato che un lavoratore onesto possa essere messo impunemente alla porta lasciandolo solo ad affrontare i suoi guai vitali, e credo che una comunità che si rispetti debba farsi carico di questo problema, ma è la comunità che deve intervenire con leggi e provvedimenti, non l'Azienda che oltre un certo limite di contribuzione, è già pressata da condizioni capestro che le impediscono di essere competitiva.
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Messaggio Da Adam Lun 06 Mag 2013, 18:18

A mio parere, lo Stato deve intervenire, anche a livello monopolistico se del caso, nei settori vitali per la società, ove ogni speculazione che porta utili, grava sull'utente necessitato ad ottenere servizi. Parlo di servizi sanitari, assicurativi, energetici di base, e utilities indispensabili come l'acqua.
Inoltre, come nel caso dell'ILVA, quando il privato non ha mezzi sufficienti per fare ciò che va fatto e non facendolo fa perdere presenza in un settore strategico e molti posti di lavoro.
Ma per il resto è il privato che deve trovare le condizioni fertili abbastanza per giustificare l'impiego del capitale ed è lo Stato che provvede con le regole e le leggi a garantire tale fertilità.
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Messaggio Da Ospite Lun 06 Mag 2013, 18:27

Adam ha scritto:Sarà una questione ideologica, sarà tutto ciò che volete - il fatto che non si assuma, di questi tempi, non è certo legato in qualche misura all'Art. 18 - ma il fatto è che l'Italia è agli ultimi posti nella produttività.

Tra i costi di produzione il costo del lavoro e il suo rendimento non è certo l'unico fattore che può mettere in crisi il risultato, ma è certo uno di quelli che si paragona più facilmente a quello di altri paesi. E più che il costo, gravato da oneri fiscali e contributivi fuori da ogni media europea e mondiale. il rendimento e la flessibilità assumono un peso discriminante, ,forse anche per quelle "questioni ideologiche" a cui si è accennato.
Va detto che un altro fattore in crisi, è la mancanza di investimenti e di politiche industriali anche a causa di quelle deviazioni viziose che sempre più spesso portano il capitale a rivolgersi verso il mondo finanziario, piuttosto che a quello produttivo.
Come è vero che uno degli altri fattori che contribuiscono ai risultati del rapporto tra prodotto e costi, è lo Stato come scarso fornitori di servizi e infrastrutture.
Ma, in ogni modo non si può non constatare che perdurando per ogni fattore di costo il sistema strutturale attuale, il risultato è quello che le statistiche dimostrano. Quindi cambiare si deve e il mondo del lavoro, così come è stato in Germania all'inizio di questo secolo, così in Italia bisogna abbattere ogni conservatorismo e avventurarsi verso nuovi accordi di sistema.
I discorsi circa la necessità di abbattere ogni conservatorismo nel campo del lavoro li sento, anche a sinistra, da tren'anni e più (do you remenber il decreto di S. Valentino?) e si sono sempre concretizzati in un peggioramento delle condizioni salariali e normative dei lavoratiri subordinati, non compensati da nessun sostanziale miglioramento degli altri fattori che determinano la produttività, dall'inefficienza dello Stato e dei suoi servizi alla presenza di fattori droganti e devianti quali l'evasine fiscale e la presenza della criminalità organizzata nei settori produttivi, dalla mancaza di investimenti nella ricerca e nel ciclo produttivo alla inettitudine politica per quanto riguarda la formazione di piani e politiche industriali, tutti aspetti accuratamente "conservati" quando non accresciuti.
In Germania c'è una normativa simile a quella del nostro Statuto dei lavoratori e i salari operai sono circa il 50% superiori ai nostri (e ancor più in termini di potere di acquisto) e se i criteri cari agli "innovatori" fossero validi, quel paese dovrebbe essere fallito da tempo.
La realtà è che il costo del lavoro incide ormai in maniera minima sui costi di produzione (quando Marchionne assunse la carica, ci informò che per la Fiat era pari a circa l'8% e oggi, probabilmente è ancora inferiore) e la competitività si difende oggi sul piano della qualità del prodotto e aumento della produttività, possibili appunto potenziando quanto noi abbiamo "inovativamente" evitato di curare: ricerca e investimenti nel ciclo produttivo. Con la non secondaria conseguenza che il mercato interno è rimasto asfittico e, non appena le politiche di austerity hanno ridotto le spese statali che di fatto hanno sostenuto nel passato la domanda, siamo piombati in piena recessione.
Errare è umano e perseverare diabolico. Sento odore di zolfo quando sento reiterare le "innovative" teorie dello scorso trentennio.


Ultima modifica di Bessarione13 il Lun 06 Mag 2013, 18:59 - modificato 1 volta.

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Messaggio Da einrix Lun 06 Mag 2013, 18:29

Non ci siamo. Sospendiamo per un attimo il discorso sull'articolo diciotto, e vediamo un po di intenderci: un padrone licenzia uno perché si interessa di sindacato, e lui nella sua azienda non lo vuole. Oppure ne vuole licenziare un altro perché caratterialmente non si prendono, o perché quell'uno non accetta di esporsi a prestazioni che non sono previste dal contratto, dalla mansione, e che talvolta sono autentiche molestie.

Che facciamo, lasciamo correre? Se lasciamo correre aboliamo pure l'articolo 18, se invece non lasciamo correre,allora l'articolo 18, in special modo nella nuova veste, è quello che ci vuole.

Non voglio vivere in un paese dove si possa tenere qualcuno sotto la minaccia del licenziamento ricattatorio, perchè non vi sia alcuna legge che lo tuteli. Se quella legge c'è allora non mi interessa che si chiami articolo 18, si può anche chiamare articolo il.
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Messaggio Da einrix Lun 06 Mag 2013, 18:39

Bessarione, se producessimo, oltre a quello che facciamo già, tre o quattro punti di telefonini, televisori, fotocamere, eccetera, visto che non li importeremmo, conterebbero il doppio.

Poi, l'Italia, difesa dalle Alpi, anche se è in Europa, mica da Roma vai a fare spesa in Inghilterra, e lo stesso vale per tutti gli altri servizi. Con una sana gestione del terziario che è giocoforza autarchico, si riesce a far star bene tutti.

Ma per fare quelle produzioni, ci vuole qualcuno che si metta in testa di spingere l'acceleratore.

Adesso le scuole buttano via i libri di carta; dove li andiamo a prendere i lettori di e-book, a chi paghiamo i sistemi operativi, e le application? Uno stato che si rispetti, quando fa entrare in vigore la legge ha già anche la produzione di quei mezzi multimediali.

La sanità: se produciamo macchinario diagnostico e medicine per le nostre Unità sanitarie, facciamo efficienza in tanti modi. Dalla riduzione dei costi, a mezzi finalizzati ad ottenere migliori risultati per la difesa della salute.

E' questo che intendo, quando parlo di nuove manifatture, specie quando il mercato glielo fanno le leggi dello stato.
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Messaggio Da rikkitikkitavi Lun 06 Mag 2013, 19:31

solo una considerazione brevissima: è evidente che, nell'ottica di una riforma dell'articolo 18, si deve inserire una normativa che sanzioni adeguatamente il comportamento antisindacale.

qui il problema non è più, o non è tanto trovare un nuovo posto di lavoro, ma garantire l'esercizio di diritti democratici.
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Messaggio Da Adam Lun 06 Mag 2013, 23:03

Il comportamento antisindacale va di principio sancito. Ma le Federazioni si devono adeguare e accettare il principio della maggioranza, quando questa è prodotta dai lavoratori interessati da un accordo. Può darsi che i lavoratori, vedi Pomigliano o Grugliasco, accettino sotto il ricatto morale della perdita del posto di lavoro, ma questo è normale in periodi d crisi, quando il "mercato" del lavoro è in mano a chi lo offre anziché a chi lo chiede. In fondo la pelle è loro e i sindacati non possono decidere per loro in forza della difesa di vecchi diritti che spesso la pratica ha mostrato traditi dal cattivo comportamento di chi ne godeva. Vedi ancora Pomigliano, dove l'assenteismo è drasticamente migliorato.


Quanto al costo del lavoro, io non ho parlato di costo inteso come salario o stipendio, so bene che con i costi sostitutivi uomo/macchina il costo dello stipendio è quasi sempre e sempre più secondario rispetto ad altri fattori, ma del rendimento del lavoratore e alla sua disponibilità a concedere flessibilità quando serva al mantenimento di un'alto sfruttamento degli impianti, o ad una flessibilità imposta dalle vicende dei mercati. Ed è questo che si incaglia nelle "questioni ideologiche" che se non superate, creano una conflittualità dannosa per gli interessi comuni dell'impresa e di chi le presta opera.

Infine voglio ricordare che le modifiche apportate all'Art. 18, allineano la legislazione italiana a quella tanto citata della Germania, dove non mi risulta che la questione abbia provocato sommosse.
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Messaggio Da rikkitikkitavi Mar 07 Mag 2013, 05:47

diciamo quasi, adam: quasi allineati alla germania. ma c'è anche da dire che la cornice tedesca è molto diversa da quella italiana, basti solo pensare al concetto della mitbestimmung.

sui concetti espressi da einrix vorrei fare una precisazione: è proprio con la nuova formulazione dell'articolo 18 che il datore di lavoro è liberissimo di licenziare il prestatore d'opera che non si adatta alle sue esigenze più o meno illecite. nel momento stesso in cui si concede la libertà di licenziare senza un precedente confronto con le organizzazioni sindacali (come in germania), è la direzione che decide chi e quando deve abbandonare il posto di lavoro.

in una struttura come quella danese il rischio non è ovviamente eliminato: sono le conseguenze che vengono in gran parte attutite, con l'erogazione di un'indennità sostitutiva, la riqualificazione e l'accompagnamento al reingresso nella struttura produttiva.
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Messaggio Da cciappas Mar 07 Mag 2013, 05:51

Il comportamento antisindacale va di principio sancito. Ma le Federazioni si devono adeguare e accettare il principio della maggioranza, quando questa è prodotta dai lavoratori interessati da un accordo. Può darsi che i lavoratori, vedi Pomigliano o Grugliasco, accettino sotto il ricatto morale della perdita del posto di lavoro, ma questo è normale in periodi d crisi,

===============

io ho lavorato per 40 anni in una aziends con migliaia di dipendenti ed era sempre periodo di crisi,,,sia sotto l'aspetto economicom normativo e

ancir come comportamento antisincacale e anti diritti...

c'erano solo doveri.

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Messaggio Da einrix Mar 07 Mag 2013, 11:42

Su Pomigliano, a parte gli aspetti finanziari e quelli normativi interni, vi era un problema di leggi che venivano calpestate. E quella è una cosa che non possono fare ne padroni e ne sindacati. Loro le leggi le devono rispettare. Semmai è il Parlamento che deve riscrivere le leggi. In quanto a CISL e UIL, è vergognoso che non abbiano detto una parola sulla discriminazione che portava ad assumere solo loro affiliati e non operai ed impiegati CGIL_FIOM. Quindi Adam, per rispettare il principio di maggioranza, primo non si devono infrangere le leggi, secondo non si può precostituire una maggioranza licenziando quelli che non la pensano come te. Quei due sindacati, fanno vergognare la categoria dei lavoratori, e sono spregevoli come i loro politici di riferimento, ex area PSI, ed ex area DC di Forza Italia e UDC. Poi che si debba far buon viso a cattiva sorte, non significa avvallare il loro operato.
Per certi aut aut di Marchionne, non serve neppure il sindacato. Anzi, il sindacato serve solo a Marchionne per fare ingoiare quei rospi, proprio ai lavoratori. E per produrre quella mezza sega di vettura che è la Panda.
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Messaggio Da einrix Mar 07 Mag 2013, 11:49

rikkitikkitavi ha scritto:diciamo quasi, adam: quasi allineati alla germania. ma c'è anche da dire che la cornice tedesca è molto diversa da quella italiana, basti solo pensare al concetto della mitbestimmung.

sui concetti espressi da einrix vorrei fare una precisazione: è proprio con la nuova formulazione dell'articolo 18 che il datore di lavoro è liberissimo di licenziare il prestatore d'opera che non si adatta alle sue esigenze più o meno illecite. nel momento stesso in cui si concede la libertà di licenziare senza un precedente confronto con le organizzazioni sindacali (come in germania), è la direzione che decide chi e quando deve abbandonare il posto di lavoro.

in una struttura come quella danese il rischio non è ovviamente eliminato: sono le conseguenze che vengono in gran parte attutite, con l'erogazione di un'indennità sostitutiva, la riqualificazione e l'accompagnamento al reingresso nella struttura produttiva.

C'è una possibilità che con la modifica dell'articolo 18 qualcuno ne approfitti, ma il mio consiglio era quello di monitorare qualche anno la legge, per vedere come si sarebbe comportata, e poi, prove alla mano, la si sarebbe lasciata così o la si sarebbe dovuta riportare alla prima formulazione. Lasciare una libertà in più al giudice può anche essere una tutela per il lavoratore, che reagisce ad un licenziamento senza giusta causa, ma che poi, ottenuto un risarcimento, potrebbe volerne fare a meno di ritrovarsi in quella stessa situazione, aggravata dal risentimento di chi aveva tentato di cacciarlo. Se funziona, da molti punti di vista potrebbe anche essere meglio della norma originaria. Ma occorre vedere come va la giurisprudenza, e per come si articolano le cause per quantità e qualità.
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Messaggio Da einrix Mar 07 Mag 2013, 12:05

cciappas ha scritto:Il comportamento antisindacale va di principio sancito. Ma le Federazioni si devono adeguare e accettare il principio della maggioranza, quando questa è prodotta dai lavoratori interessati da un accordo. Può darsi che i lavoratori, vedi Pomigliano o Grugliasco, accettino sotto il ricatto morale della perdita del posto di lavoro, ma questo è normale in periodi d crisi,

===============

io ho lavorato per 40 anni in una aziends con migliaia di dipendenti ed era sempre periodo di crisi,,,sia sotto l'aspetto economicom normativo e

ancir come comportamento antisincacale e anti diritti...

c'erano solo doveri.

cciappas, ho lavorato anche io nella più grande azienda italiana, e ho visto di tutto, dalle malversazioni di certe direzioni aziendali alla pletora di inconcludenti consigli di fabbrica più numkerosi del Parlamento, ai cortei interni, dei quali alcuni doverosi, ma altri (pochi, per la verità) violenti, sino al ferimento di qualche funzionario e dirigente ad opera di brigate rosse o fiancheggiatori. Diciamo pure che i moti operai e studenteschi del sessantotto sono serviti a portare la Costituzione anche in Fabbrica. Mentre prima le condizioni dei salariati erano indegne. E se quando entrai in fabbrica (inizi anni 70) nei capannoni delle lavorazioni meccaniche c'era la nebbia dei vapori di olio e liquidi refrigeranti, un rumore assordante delle macchine, pavimenti scivolosi, carrelli che si muovevano in modo disordinato, corsie ingombre di materiali o scarti in giacenza, quando me ne sono andato, all'inizio degli anni duemila, in quegli stessi capannoni l'aria era diventata quella di città, il rumore era ridotto al punto che per parlare non bisognava alzare la voce, gran parte delle lavorazioni erano automatizzate, ecc. Nel sessantotto è iniziato un ciclo di rinnovamento dei rapporti sociali in fabbrica (ci sono stati anche esperimenti di isole di montaggio, che sostituivano la catena rigida), tali da rivoluzionare l'intero mondo del lavoro.

E la produttività è salita così tanto che per produrre lo stesso numero di cose, occorreva meno tempo e meno manodopera. Fino a quando il terziario è riuscito a saturare quella perdita di risorse, le cose non sono andate male, ma appena il sistema è diventato saturo, tutto ha iniziato a scivolare verso il basso. La bolla americana, ha solo accelerato un processo in corso, che senza la bolla avrebbe avuto il tempo di trovare nuove forme di equilibrio, ma con lo scoppio della bolla e qualche cazzata politica, ci siamo ritrovati in quel gorgo da cui ci siamo tirati fuori, intanto con Monti, ma dal quale ancora non riusciamo ad allontanarci, perché per farlo ci vuole un certo tempo, e quelle cose di cui dicevo prima: aumentare i beni materiali per riequilibrare la nostra bilancia. E andava bene un governo Bersani, non certo di nuovo Berlusconi, o Grillo capace solo di criticare e fare battute, ma mai di fare una proposta che non sia uscire dall'Euro.
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Messaggio Da cciappas Mer 08 Mag 2013, 06:19

http://www.repubblica.it/esteri/2013/05/07/foto/cina_azienda_fa_strisciare_impiegati_per_temprarli_scoppia_la_polemica-58251928/1/?ref=HRESS-9#1

anche qui hanno abolito l'art.18... ed ecco gli effetti

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Messaggio Da rikkitikkitavi Mer 08 Mag 2013, 14:30

vorrei ritornare alle affermazioni di adam, che mi sembrano trattare il problema da un punto di vista più generale, senza limitarsi alla diatriba articolo 18 sì/articolo 18 no.

il problema che pone adam è se è possibile coniugare forme di flessibilità con la giusta salvaguardia dei diritti dei lavoratori, ed è un problema che non si risolve con la modifica di un articolo dello statuto dei lavoratori.

diversamente da adam che a riguardo si esprime in forma dubitativa, io penso che sia mancata proprio la visione di insieme del problema, per considerare solo l’aspetto della difficoltà delle aziende di mantenere gli organici in una situazione di obiettiva recessione. si è anche cercato di contrabbandare la modifica dell’articolo 18 come un incentivo all’occupazione, dicendo: se le aziende sono libere di licenziare, allora saranno anche più libere di assumere. la realtà è sotto gli occhi di tutti: non è così. e non perché, come qualcuno prova a raccontarci, la riforma fornero abbia messo lacci e lacciuoli alle assunzioni a tempo determinato, ma perché quando mancano le commesse, le aziende non assumono personale, che siano libere di licenziare o meno.

a me l’intervento sull’articolo 18 è sembrato più che altro un tentativo di fare qualcosa, qualunque cosa, per dare l’impressione che il governo si occupasse del problema, pensando nel contempo di fare un favore agli imprenditori. a me non è sembrato che gli imprenditori (squinzi in testa) fossero poi così entusiasti della cosa, probabilmente avevano (a ragione) altre priorità.

per questo non parlerei della proposta ichino, se non per dire che l’esclusione aprioristica del reintegro è un errore, anche perché in sede di trattativa rende troppo debole la posizione del lavoratore.

parlerei invece degli obiettivi che si dovrebbe porre un governo attento alla tematica dell’occupazione. l’occupazione si crea se esiste una richiesta di prodotti e servizi e se i prodotti e i servizi reperibili sul mercato interno sono concorrenziali. Ho scritto appositamente concorrenziali e non “convenienti”, perché non è solo il prezzo che rende concorrenziale un prodotto o un servizio: esistono anche la qualità, l’affidabilità, l’assistenza, eccetera eccetera eccetera. anni fa la fiat dovette abbandonare il mercato americano non per una questione di prezzi, ma per sfiducia nel prodotto: mancanza di affidabilità, mancanza di una efficiente rete di assistenza.

inutile piangere sul latte versato della chimica e dell’informatica affossate: è andata così, e non ci si può fare più niente. ma esistono ancora aziende concorrenziali, che devono essere in grado di operare sul mercato, ed esistono aziende che possono diventarlo, ma sono frenate da condizioni diverse dalla rigidità delle relazioni industriali: la tematica dei pagamenti (non solo da parte dello stato: possibile che le banche possano pagare i servizi a 180 giorni?), la burocrazia, la certezza del diritto.

agire su questi punti significa impostare una politica di rilancio, mettere le basi per creare una domanda di prestazioni di lavoro, non solo confinate ai call-center o ai centri commerciali.

e questo porta a sua volta alla tematica della salvaguardia dei lavoratori in uscita: con una domanda viva, è presumibile che lo stato e le aziende licenzianti non debbano sostenere economicamente per lungo tempo le persone costrette a lasciare il posto di lavoro, ed ecco che una politica simil-danese potrebbe trovare un senso anche nel nostro paese.
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Messaggio Da einrix Mer 08 Mag 2013, 19:45

Rispondo in blu scuro

rikkitikkitavi ha scritto:vorrei ritornare alle affermazioni di adam, che mi sembrano trattare il problema da un punto di vista più generale, senza limitarsi alla diatriba articolo 18 sì/articolo 18 no.

il problema che pone adam è se è possibile coniugare forme di flessibilità con la giusta salvaguardia dei diritti dei lavoratori, ed è un problema che non si risolve con la modifica di un articolo dello statuto dei lavoratori.

- Certo che no. Se per flessibilità occorre lasciare un posto, o si deve essere remunerati con un assegno di disoccupazione, oppure si deve poter trovare un altro posto di lavoro. Se non ci sono ammortizzatori sociali, si resiste ad una mobilità che ti lascia senza lavoro e senza salario per vivere

diversamente da adam che a riguardo si esprime in forma dubitativa, io penso che sia mancata proprio la visione di insieme del problema, per considerare solo l’aspetto della difficoltà delle aziende di mantenere gli organici in una situazione di obiettiva recessione. si è anche cercato di contrabbandare la modifica dell’articolo 18 come un incentivo all’occupazione, dicendo: se le aziende sono libere di licenziare, allora saranno anche più libere di assumere. la realtà è sotto gli occhi di tutti: non è così. e non perché, come qualcuno prova a raccontarci, la riforma fornero abbia messo lacci e lacciuoli alle assunzioni a tempo determinato, ma perché quando mancano le commesse, le aziende non assumono personale, che siano libere di licenziare o meno.

- la manipolazione dell'articolo 18 era solo qualcosa di facciata: uno scalpo da gettare sul mercato. Il che è vergognoso, ed è un bene che nonostante quella brutta azione propagandistica l'art. 18 sia rimasto pressoché lo stesso

a me l’intervento sull’articolo 18 è sembrato più che altro un tentativo di fare qualcosa, qualunque cosa, per dare l’impressione che il governo si occupasse del problema, pensando nel contempo di fare un favore agli imprenditori. a me non è sembrato che gli imprenditori (squinzi in testa) fossero poi così entusiasti della cosa, probabilmente avevano (a ragione) altre priorità.

per questo non parlerei della proposta ichino, se non per dire che l’esclusione aprioristica del reintegro è un errore, anche perché in sede di trattativa rende troppo debole la posizione del lavoratore.

parlerei invece degli obiettivi che si dovrebbe porre un governo attento alla tematica dell’occupazione. l’occupazione si crea se esiste una richiesta di prodotti e servizi e se i prodotti e i servizi reperibili sul mercato interno sono concorrenziali. Ho scritto appositamente concorrenziali e non “convenienti”, perché non è solo il prezzo che rende concorrenziale un prodotto o un servizio: esistono anche la qualità, l’affidabilità, l’assistenza, eccetera eccetera eccetera. anni fa la fiat dovette abbandonare il mercato americano non per una questione di prezzi, ma per sfiducia nel prodotto: mancanza di affidabilità, mancanza di una efficiente rete di assistenza.

- I liberisti dicono che ci deve pensare il mercato. Sono del parere che ora in tutto il mondo abbiano questo stesso problema, peccato che siano in ripresa solo quegli stati che stanno pompando soldi appena stampati, per finanziare banche e imprese, ala faccia del liberalismo: USA in testa. Non potendo fare inflazione oltre quella che si fa a livello comunitario, dovremmo intervenire attraverso lo stato nel finanziamento di imprese statali o cooperative, che si orientassero in quei settori manifatturieri che ci permettano di riportare in attivo la bilancia dei pagamenti sull'estero.

inutile piangere sul latte versato della chimica e dell’informatica affossate: è andata così, e non ci si può fare più niente. ma esistono ancora aziende concorrenziali, che devono essere in grado di operare sul mercato, ed esistono aziende che possono diventarlo, ma sono frenate da condizioni diverse dalla rigidità delle relazioni industriali: la tematica dei pagamenti (non solo da parte dello stato: possibile che le banche possano pagare i servizi a 180 giorni?), la burocrazia, la certezza del diritto.

- Concordo, e credo che si possa fare di più in tutta una serie di settori che devono essere rivitalizzati: l'auto e il medicale

agire su questi punti significa impostare una politica di rilancio, mettere le basi per creare una domanda di prestazioni di lavoro, non solo confinate ai call-center o ai centri commerciali.

e questo porta a sua volta alla tematica della salvaguardia dei lavoratori in uscita: con una domanda viva, è presumibile che lo stato e le aziende licenzianti non debbano sostenere economicamente per lungo tempo le persone costrette a lasciare il posto di lavoro, ed ecco che una politica simil-danese potrebbe trovare un senso anche nel nostro paese.

- La dove la libera iniziativa resta al palo deve essere lo stato ad organizzare lo sviluppo. Se si vogliono sviluppare le tecnologie di base nel campo delle rinnovabili, allora occorre investire in quei settori, non buttando via i soldi nell'installazione di impianti importati dalla Cina o dalla Germania.
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Messaggio Da cciappas Mer 08 Mag 2013, 20:40

Riforma Fornero, modifiche a tempo 3819238523non dimentichiamo che la critica allìart 18 da parte del padronato e dei cosiddetti economisti e dei giuslavoristi consiste nel fatto che sarebbe un ostacolo agli investimneti stranieri in italia,,,

vedremo fra poco di quanto questi saranno aumentati dopo la modifica

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Messaggio Da rikkitikkitavi Mer 08 Mag 2013, 21:02

cciappas ha scritto:Riforma Fornero, modifiche a tempo 3819238523non dimentichiamo che la critica allìart 18 da parte del padronato e dei cosiddetti economisti e dei giuslavoristi consiste nel fatto che sarebbe un ostacolo agli investimneti stranieri in italia,,,


ti rispondo subito: questa critica è una cazzata. meglio parlare di cose serie.
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