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Messaggio Da Rom Mer 10 Lug 2013, 02:23

C'è stato un momento, il primo, nel quale avevo voglia di scrivere una storia e ho scoperto che l'avevano già scritta: era la storia di una mia zia, che dalle chiacchiere di famiglia pare che avesse avuto una carriera piuttosto variopinta, come moglie, nella sua ricerca (perfettamente riuscita) di avventure e libertà. Aveva già provveduto Flaubert, e a tutti gli aggiornamenti, dalle tables abillées agli adultèri in coffee break, ci aveva pensato il cinema.
E' il problema degli archetipi, dopo venticinque secoli di letteratura, cinema e giornalismo, profeti, cazzari e visionari.
E poi c'è il web.
Qualche giorno fa ho colto, di sfuggita, la notizia, dei summer camp di calcio, promossi da alcuni grossi club, per accogliere i ragassuoli in cerca di ammaestramento.
Subito mi è venuta voglia di scrivere qualcosa: inizialmente, anche solo sul nome, come al solito in inglese, ma poi mi sono ricordato dei pratoni della nostra periferia, avvolti dall'afa (closeness) dell'estate (summer) romana, e dei campetti in pozzolana della parrocchia, delle partite di sei ore sulle strade meno frequentate, con due sassi messi a fare la porta, e dei tornei al parco dei daini di villa Borghese, col fondo di terra e ghiaietto appuntito, e ... ma il web è spietato: aveva già provveduto Stefano Benni, trent'anni fa, e già citarlo in un questo discorso è un doppio salto carpiato nel vintage, un remake nel remake (per i curiosi http://www.stefanobenni.it/fabula/corsivi/linus/198107.html).
Rimane la cronaca, nuda e cruda, del calcio ormai definitivamente diventato altra cosa dal gioco il più semplice e libero, non solo nei fatti, ma nell'immaginazione dei ragazzini: uno spazio davanti, nel quale buttarsi a galoppare dietro una palla che scappa e rimbalza di qua e di là, sudati, sporchi, col naso che cola e le ginocchia scorticate.
Io li ho visti, i ragazzini lucidati, nel campo in fondo a via delle Isole Curzolane a Montesacro, un bel campo regolare, con gli spogliatoi e il mattonato per il pattinaggio, e le docce e le panchine con la tettoietta. I ratti, grossi come cocker, stavano nella discarica poco più in là, che a Roma non manca mai, anche tra i palazzi della periferia più recente - le discariche non diventano mai vintage.
Ragazzini seri, con le maglie lunghe fino alle ginocchia, sempre pulite e svolazzanti, che fanno il "riscaldamento" trotterellando in fila. Fanno sempre riscaldamento, non mi è mai capitato di vederli giocare una partita - ma io la domenica non c'ero, e nemmeno il sabato pomeriggio, capitavo lì solo nell'orario di lavoro in settimana. Riscaldamento, esercizi a terra, e ascoltavano il trainer che parlava con le mani sui fianchi. Ricordo che, chissà perché, guardandoli, mi veniva in mente Meroni, e l'immagine di Brunetto Conti con le bombole di gas sulle spalle, sullo sfondo delle sterpaglie di Nettuno.
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