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Ancora sulla definizione di sinistra

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Messaggio Da Adam Gio 15 Ago 2013, 08:47

I Wu Ming, della nota (talmente nota, che l'ho scoperta ieri...) Fondazione omonima di romanzieri, hanno dato un'intervista riportata da repubblica di ieri.

Da questa intervista ricavo una bella definizione di "sinistra", che riporto integralmente, condividendola totalmente.

Sinistra non è una parola, è una visione del mondo, non è fatta per un soggetto immaginario, cambia secondo la posizione da cui la dici. Come parola disincarnata è solo un'imperfetta metafora spaziale, bidimensionale, dunque inadeguata perché il mondo è pluridimensionale, e poi ha un sottotetto "parlamentare" che pesa perfino quando la usi in modo extraparlamentare.

Questo modo di intendere la sinistra, a mio parere, fa giustizia di tutti gli abusi, le appropriazioni indebite, le velleitarie egemonie che spesso - per non dire sempre - hanno impedito in questo inizio del terzo millennio di costituire un partito forte capace di rappresentare gli interessi dei deboli a danno dei prepotenti forti.

Se potessi, la metterei a simbolo di quello che è, e vuol essere un nuovo partito progressista come quello Democratico.
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Messaggio Da einrix Gio 15 Ago 2013, 15:08

"la massima felicità per il masimo numero di persone"

è da questa idea illuminista che nasce il socialismo (J. Bentlam), insieme ad una elaborazione sistematica di una politica che ne tenga conto, anche in termini di giustizia sociale (C. Marx).

"favorire l'utile sociale", anche questa può essere può essere una idea conforme al socialismo.

Niente colonialismo, niente imperialismo, democrazia, sono altri ingredienti interessanti di questa cultura politica.
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Messaggio Da Lara Sab 07 Set 2013, 12:21

Non so se è lecito partire da Renzi per dare una definizione di sinistra. Il fatto che molti si esercitino con sarcasmo sulle sue idee di “sinistra”, la dice lunga sulla confusione che circonda la natura di una tale definizione.
Il fatto è che la Sinistra è un Mito, come lo è la Destra.
Non è possibile definirle a parole, perché, come dice Galimberti nel suo saggio sul Cristianesimo, il Mito è una parola che parla ed evoca una oscura origine di fondo, il mito non significa,  opera.
La sinistra, come succede in modo diverso anche per coloro che sono di destra, è un richiamo originario, l’evocazione di una società in cui non sussistano tra gli uomini le differenze artificiali, quelle imposte da sistemi imperfetti e incontrollati, dove la forza bruta, la tradizione, il denaro si arrogano il diritto di disegnare gerarchie.
Analogamente, il mito che opera a destra richiama una società ordinata per  ruoli subalterni, che sostengano con la loro stessa esistenza, la condizione di sicurezza dei privilegiati, quasi un piedistallo sul quale appoggiare la concezione di sé.
I miti non sono mai espliciti, operano nella coscienza e generano desideri, non sono mai interpretati in modo definitivo, per cui l’obiettivo indicato in un certo momento è sempre transitorio, nuove forme si incaricheranno di rivestirlo.
Il socialismo umanitario fu una forma romantica di sinistra, quasi un sentimentalismo da classi superiori, mentre il sovietismo rivestiva di autoritarismo la dichiarazione di uguaglianza. Il fatto è che i kolchoz e i kibbutzim  sono  tentativi pratici di teorie a loro volta indeterminate rispetto a quella evocazione speciale costituita dal bisogno di giustizia sociale e dall’affrancazione degli ostacoli frapposti al benessere di tutti.
L’accettazione del sistema vigente ha sempre costituito lo stato d’animo vincente della Destra, che ha cercato di costruire capisaldi di conservazione di tutto ciò che tornava utile a difendere le posizioni conquistate, mentre la Sinistra è in costante cammino verso ulteriori gradi di quella che chiamiamo uguaglianza, ma che in realtà sono, di volta in volta, ulteriori gradi di democrazia, di rappresentatività, di opportunità, di strumenti di crescita sociale.
Una posizione, quest’ultima, certamente più scomoda, più incerta, che deve programmaticamente rifiutare il presente come il migliore dei mondi possibili.
Il “sistema” non è solamente l’assetto economico ed istituzionale, ma è soprattutto il clima culturale, il peso delle opinioni, l’impatto delle idee dominanti nei meccanismi decisionali e il grado di impotenza riservato a vasti strati della società.
La Sinistra “passiva”, quella che dichiara di essere in cammino, ma trapesta  indecisa e impastoiata in un sistema, di cui non riesce neppure ad immaginare il superamento, non è più Sinistra, tanto che si definisce pudicamente “riformismo”.
 La ferma arroganza di una Destra padrona dell’economia la spaventa, e le ha reciso i legami con il mito fondante, quello che chiede di operare per abbattere sistemi iniqui di vita.
Tutti i riposizionamenti al ribasso di una Sinistra di governo che si riduce ad ostacolare senza troppa convinzione le intraprendenze avide e baldanzose dei propri avversari, non sono che un lontano automatismo, il fantasma di un obiettivo smarrito.
E vecchi e giovani dirigenti che dichiarano soddisfatti di aver individuato i mezzi per rimettersi in cammino sulla strada della Democrazia giusta sembrano imbonitori da strapazzo, che indicano l’ingresso per lo stesso brutto e  vecchio spettacolo.
Hanno sposato il sistema, hanno paura di perdere ciò che non hanno mai conquistato, non si rendono neppure conto di aver  smarrito l’ansia di cambiamento che spinge la coscienza di una Sinistra.
Renzi , ed altri come lui, hanno imparato dagli avversari quanto sia importante dare l’idea di dominare l’esistente,  rappresentando plasticamente il successo.
Non ha importanza se e quali cose conta di realizzare, l’importante è che lui stesso riesca ad incarnare l’idea di un personaggio vincente, come fa Berlusconi.
 La rassicurazione del potere è un caposaldo della Destra, che rifiuta i sogni ed i programmi ambiziosi, accontentandosi di poter contare sulla forza costituita.
E  l’esca lanciata da Renzi agli elettori di sinistra è fatta della stessa pasta usata per rassicurare ed agganciare le istanze primarie di un elettorato di destra.
Così, il Mito di sinistra si sfalda, superato dall’esigenza di vittorie tanto transitorie quanto inutili al suo percorso evolutivo.
L’auspicata managerialità di un Renzi non sposterà di una virgola la visione distorta della organizzazione socio-economica che ci tocca sopportare, perché lui stesso ritiene solo di doverla cavalcare in modo efficiente.
La “questione morale” di un Berlinguer, così come la dignità di un lavoro che realizzi il diritto imprescindibile all’ autosufficienza, la difesa e l’incremento dei meccanismi istituzionali democratici, risuonano solo nelle menti educate al servizio di quel  mito antico, la Sinistra.
Se Renzi non è di sinistra, c’è però anche un pezzo di sinistra che, seppure in cammino, inciampa sui propri stessi passi , perché più attenta a guardarsi le spalle che ad avanzare.
Sono i critici, in servizio permanente, dei propri compagni di strada, quelli che ritengono di avere un rapporto speciale con i sentimenti e i  vaticini della sinistra, arrogandosi la facoltà di giudici supremi  sulle scelte  e i percorsi seguiti da altri.
E’ una schiera vastissima e composita, formatasi immediatamente, proprio perché l’indeterminatezza del Mito e la sua prerogativa di continuo avanzamento, consente innumerevoli pratiche interpretative.
La più funesta è quella che genera  i sacerdoti, che generano mantra, che generano riti, e persino “sacrifici”.
Solo così si possono intendere certe dichiarazioni sui brigatisti rossi, i “compagni che sbagliavano”, trascinati dal settarismo sacerdotale, frutto di una presunta superiorità  e di una maggiore aderenza all’idea originaria.
Ma il mito della Sinistra contiene in sé un nucleo libertario che non può conciliarsi con le idee di élites, di qualunque natura, siano esse combattenti, intellettuali od operaie.
Oggi, la sinistra, quella mitica, è sparsa  in campi insospettabili, persino inconsapevoli, tra sinistra e centro parlamentari, tra ribellismo, movimentismo ed astensionismo.
E  l’unica chance di ripresa di un percorso storico, che pure è decisamente avanzato, è quella di riconoscersi a vicenda.
L’altro presupposto è quello di deporre il falso mito della “stabilità”, che appartiene di diritto alla Destra.
Come è potuto succedere che l’idea della “stabilità”, naturalmente contrapposta all’idea di avanzamento, divenisse così centrale nel discorso politico di una sinistra di governo?
Noam Chomsky, parlando degli Stati Uniti, afferma che ormai esiste solo un Partito Unico, che fa e vuole le stesse cose, con differenze irrilevanti, giocate solo sui toni e sui richiami forzosi alle tradizioni di parte, ma in pratica egualmente prigioniero del sistema plutocratico vigente.
Molto più prosaico e strumentalmente qualunquistico è il discorso grillino sul PD meno L, ma rimane l’allarmante uniformità di intenti e di realizzazioni del nostro partito unico.
L’equivoco è nato nel dopoguerra, quando, in occidente, il sistema economico ha cominciato a produrre il benessere diffuso, quello evocato dalla Sinistra, che, sedotta dall’idea fasulla del mercato che si autoregolamenta, si è posta l’obiettivo di salvaguardare i meccanismi economici di sviluppo senza regolamentarli, cadendo nella trappola del liberismo avido e astuto, presto trasformatosi in finanziarizzazione dell’economia.
Ora che siamo tutti ostaggi di una plutocrazia senza volto, si rivela l’irrilevanza di certi meccanismi economici ritenuti indispensabili per avanzare nei gradi di benessere.
La “stabilizzazione” di una condizione così subordinata al libitum degli impieghi internazionali di capitali è un desiderio incomprensibile oltre che pericoloso, lo stravolgimento del mito egalitario e libertario.
Quasi che l’arretramento fosse inevitabile, a sancire la vittoria delle forze economiche brutali su qualsiasi politica di avanzamento democratico.
Poiché, dal fondo prepotente e indistinto che fermenta le coscienze, si affacciano comunque le visioni predisposte dal Mito, non c’è che da sforzarsi di scorgere le opportunità di inveramento, le frecce di direzione. Questa è la sinistra.
Fragile e in ordine sparso, ma depositaria del solo mito politico che valga la pena di essere perseguito.
Fa tristezza vederla in coda, con la sua ansia di cambiamento trasformata in ansia di legittimazione, al capezzale della “stabilità”.
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Messaggio Da afam Sab 07 Set 2013, 13:00

Molto interessante, Lara! Quanto cammino abbiamo ancora da fare!
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Messaggio Da Rom Sab 07 Set 2013, 16:03

Adam ha scritto:Sinistra non è una parola, è una visione del mondo, non è fatta per un soggetto immaginario, cambia secondo la posizione da cui la dici. Come parola disincarnata è solo un'imperfetta metafora spaziale, bidimensionale, dunque inadeguata perché il mondo è pluridimensionale, e poi ha un sottotetto "parlamentare" che pesa perfino quando la usi in modo extraparlamentare.
Questo modo di intendere la sinistra, a mio parere, fa giustizia di tutti gli abusi, le appropriazioni indebite, le velleitarie egemonie che spesso - per non dire sempre - hanno impedito in questo inizio del terzo millennio di costituire un partito forte capace di rappresentare gli interessi dei deboli a danno dei prepotenti forti.
Se potessi, la metterei a simbolo di quello che è, e vuol essere un nuovo partito progressista come quello Democratico.
Avevo letto questa intervista qualche settimana fa, e l'avevo inevitabilmente paragonata a un'altra che le compariva accanto, sullo stesso tema, e che purtroppo non ricordo più a chi fosse fatta, e che però ho trovato molto più sintetica e interessante.
La parte che tu hai citato mi sembra molto vaga e, in questo senso, perfetta per fare da esergo del PD - sebbene contenga un paio di parole piuttosto esagerate: una "visione del mondo", quando il PD ha qualche problema ad avere anche una normale visione del proprio elettorato.
Nella stessa intervista, però, qualcosa di più impegnativo e, proprio per questo, più utile come vademecum la ritroviamo verso la fine, quando evidentemente il calore del dialogo ha sciolto il paludamento letterario: Una prassi che ha una storia. Sei quello che fai, ma il tuo fare ha un passato, non l' hai inventato tutto tu. C' è un filone che percorre la storia, dalla parte degli oppressi e dei senza-potere, è fatto di scelte anche radicali, e io sto dentro quella storia, altrimenti la parola sinistra la usiamo nel vuoto. È giusto chiedersi di cosa siamo eredi e di cosa siamo parenti.
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Messaggio Da Adam Sab 07 Set 2013, 22:20

Se vogliamo dare alla parola "sinistra" lo scopo di identificare una parte politica, in contrapposizione alla "destra", non dobbiamo avvitarci in ragionamenti filosofici, dotti e quindi interessanti, ma sostanzialmente inutili per circoscrivere un progetto pratico da applicare con profitto alla società nella quale viviamo.

Perché mi pare ovvio che in politica tutto è relativo, condizionato da condizioni variabili nello spazio e nel tempo: ciò che era vero nell'Italia di fine '800, non è più vero oggi, ma continua ad essere vero quel particolare modo di vedere il mondo e i difetti che lo angosciano. Così come è diverso essere di sinistra negli States, da esserlo in Italia o in Europa.

Voglio dire: occuparsi dei deboli e degli oppressi, guardare alle sperequazioni disarmanti e impegnarsi per eliminarle, combattere le speculazioni finanziarie che spostano ricchezza da una tasca all'altra, senza creare un bottone, opporsi all'individualismo egoista per favorire il primato della comunità, battersi per uno Stato laico e liberale che premi il merito a scapito  degli automatismi orientati, sono valori e principi che calati in particolari momenti della storia hanno etichettato una parte politica come sinistra. Questo è quella certa visione del mondo a cui accennavo. Mettere in pratica questa visione nei limiti imposti dalle regole democratiche, dipende dalle diverse situazioni che si presentano e dunque dalla capacità di adattare le misure alla realtà nella quale viviamo.
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Messaggio Da Rom Dom 08 Set 2013, 00:11

Adam ha scritto:Se vogliamo dare alla parola "sinistra" lo scopo di identificare una parte politica, in contrapposizione alla "destra",
Questa è l'origine della parola, ma da allora ne è stata fatta di strada. E comunque, la relatività dell'una rispetto all'altra rende il discorso totalmente privo di senso, nel caso il senso che si cerca sia quello di capire cosa siano entrambe, destra e sinistra.
A meno che, nel fare questo confronto speculare, non si approfondiscano le ragioni dell'una e dell'altra, scoprendo così che questa contrapposizione non è puramente geometrica - non è un "sottotetto parlamentare", per usare la dizione wu Ming - ma un conflitto di valori e di visioni del mondo.
In questo senso, bisogna mettere nel conto che, parlando di "mondo", non c'è solo la "visione" in certo senso passiva e puramente interpretativa, ma c'è anche l'azione che dirige il mondo in una direzione o nell'altra e che ha visto queste due forze come protagoniste: ciò, insomma, che lega destra e sinistra ognuna alla propria storia, ed entrambe alla storia del mondo, vincolandone il relativismo a quello che Lara ha ricordato come il Mito - cioè il ruolo che si sono guadagnate, col tempo, nella coscienza collettiva.
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Messaggio Da cireno Dom 08 Set 2013, 08:35

Lara ha scritto:Non so se è lecito partire da Renzi per dare una definizione di sinistra. Il fatto che molti si esercitino con sarcasmo sulle sue idee di “sinistra”, la dice lunga sulla confusione che circonda la natura di una tale definizione.
Il fatto è che la Sinistra è un Mito, come lo è la Destra.
.............................................................................................................................................................................................................................................
Ottimo intervento, Lara, condivisibile in qualche parte, criticabile in altre. 
Non posso rispondere a tutto il tuo post in una sola volta, dovrei scrivere tre cartelle almeno, quindi lo farò a...rate.
Adesso punto l'attenzione su un paragrafo e poi racconto, e si vedrà in un secondo mio intervento il perchè, un fattio che mi è accaduto in Sicilia.

Definisci "funesta" l'interpretazione di certi "sacerdoti" sul fenomeno brigatista. Ecco, io qui obietto (oddio, avevo già tentato di farlo in altro 3D del passato ma non ricordo come è finita la querelle). Non c'è niente di funesto nell'interpretazione "giustificatoria"(non assolutoria, sia ben chiaro) del brigatismo rosso che è nato, secondo me al di là delle varie insinuazioni sui contatti con la CIA, con il MOSSAD ecc., per la frustrazione che certi strati più impegnati della società "soccombente", vivevano per l'impossibilità di avere una società più giusta, meno egoista e avida nella sua parte vincente, percorrendo le vie della cosiddetta democrazia parlamentare.  Davanti agli storici fallimenti di qualsiasi tentativo di sovvertire le evidenti ingiustizie del sistema è nata la spinta, abbastanza disperata, di provare la strada della rivoluzione armata. Come abbia poi reagito "il popolo", cioè la parte soccombente del sistema, lo sappiamo, e la frustrazione da quella constatazione è diventata schizofrenica: fine del tentativo.

Fine agosto passato. Una spiaggia privata ( a pagamento) di una cittadina famosa della costa Palermo-Milazzo. Ore 18.40 circa, tempo balzano, nuvoloso, la gente lascia le sdraio sotto gli ombrelloni della privata, anch'io me ne vado verso l'hotel, mia moglie e mia nipote rimango sulle sdraio a raccontarsela. La spiaggia ell'hotel confina con una spiaggia libera, c'è solo una sorta di cancelletto di legno alto 60 centrimetri a dividere. 
Sulle due sdraio dell'ultima fila vengono a sedersi una ragazzina di 16/18 anni e un ragazzo poco più grande. Si sbaciucchiano, forse si baciano davvero. Sono proprio al lato del divisorio privata-pubblica. Dall'altra parte una donna stazza balena a un certo momento urla "andate via, qui ci sono picciriddi" , i due ragazzi fingono di non sentire. A un certo punto un'altra donna, stazza orso bruno, grida a piena voce "va in una stanza, puttana". A questo punto la ragazzina che fa? Forse per sfida, si alza dalla sua sdraio e va a mettersi cavalcioni sul ragazzo che stava con lei. Si scatena l'inferno, le donne della pubblica urlano parolacce ma contemporaneamente TRE uomini del lor gruppo saltano il divisorio e prendono, letteralmente, a schiaffi e forse anche pugni in faccia la ragazzina. Nessuno interviene, i tre "vendicatori" se ne vanno, e la ragazzina ha il viso gonfio, tumefatto e sanguinante. Viene chiamata l'ambulanza. 

Perchè ho fatto questo racconto? Per avere lo spunto per una risposta al post di LARA.
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Messaggio Da cireno Mar 10 Set 2013, 15:03

Vado avanti con la risposta al post di LARA.
Scrive Lara” il sovietismo rivestiva di autoritarismo la dichiarazione di uguaglianza.”. E’ vero, il sovietismo impose la sua dottrina alle popolazioni dell’Urss, e per imporla usò un’autorità che potremmo definire tranquillamente una forma di dittatura. Bisogna chiedersi a questo punto perché i capi sovietici adottarono questo metodo. La risposta è, secondo me, per la paura di perdere il terreno conquistato con la Rivoluzione d’Ottobre. Sappiamo tutti che dopo la rivoluzione, per molti anni, l’Urss venne sottoposta a continui sabotaggi: le forze della conservazione cercarono in tutti i modi di far fallire il nuovo sistema. Non si poteva guardare con tanti scrupoli, se c’era il dubbio che quello o quell’altro fossero sabotatori o nemici della rivoluzione, si usavano metodi drastici, perfino brutali. Il fine era la salvezza della Rivoluzione. La guerra di Hitler fu l’ultimo disperato assalto delle forze della reazione, e il dopo guerra (28 milioni di morti dell’Urss) con Eltsin vide la fine di un sogno.
Era sinistra il sovietismo? Non lo so, ma se la sinistra è “obbligata” a percorrere la strada che ha portato l’Urss alla dittatura e infine al crollo, obbligata per cercare di salvarsi dagli attacchi della reazione, allora non è questa la sinistra che io vorrei vedere al potere.
E allora, quale sinistra?
In primis una sinistra che sappia rispettare le differenze tra uomo e uomo. Gli uomini non sono un gregge o un branco, io non sono assolutamente parente di quelle bestie che hanno massacrato la ragazzina a Cefalù, non c’entro niente con questi animali, quindi perché, in nome di una dottrina ugualitaristica dovrei essere simile a loro, chiuso in un recinto chiamato popolo?
Ma nemmeno potrei accettare di considerare sinistra quella sorte di zabaglione che si chiama partito democratico. Perché? Come perché? Perché il PD, accettando il sistema liberista si è messo automaticamente fuori da ogni recinto di sinistra, quindi la "sinistra" la si deve cercare da un'altra parte.........
 

(continua)
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Messaggio Da Lara Mar 10 Set 2013, 23:27

cireno ha scritto: Sappiamo tutti che dopo la rivoluzione, per molti anni, l’Urss venne sottoposta a continui sabotaggi: le forze della conservazione cercarono in tutti i modi di far fallire il nuovo sistema. Non si poteva guardare con tanti scrupoli, se c’era il dubbio che quello o quell’altro fossero sabotatori o nemici della rivoluzione, si usavano metodi drastici, perfino brutali. Il fine era la salvezza della Rivoluzione.

Ma nemmeno potrei accettare di considerare sinistra quella sorte di zabaglione che si chiama partito democratico. Perché? Come perché? Perché il PD, accettando il sistema liberista si è messo automaticamente fuori da ogni recinto di sinistra, quindi la "sinistra" la si deve cercare da un'altra parte.........
 

(continua)
Forse Cireno non ha ancora finito di rispondermi, ma io vorrei cogliere dueaffermazioni del suo post per sottolineare proprio l’origine della facile accusa di “ideologismo” che, a proposito e a sproposito, viene rivolta alla sinistra.
Le varie dottrine socialiste, e a maggior ragione le loro più o meno distorte realizzazioni, vanno considerate per quel che sono:  tentativi,  esperimenti,  situazioni storiche,  occasioni perse o obbrobri giustamente abortiti.
Difendere il sovietismo solo perché simbolo della rivoluzione comunista, significa offrire il destro a coloro che ritengono inaccettabile qualunque “danno collaterale”, in pace come in guerra.
La rivoluzione russa ha aleggiato sull’Europa per decenni, come fece la Rivoluzione francese, seminando paura e sconcerto sulle classi forti e alimentando le speranze di sudditi e diseredati.
E,  a suo modo, ha contribuito alla presa di coscienza da parte di tutti, fautori e oppositori, che il problema della giustizia sociale era lì, posto e rivelato per sempre.
Da allora, si è avanzato sul piano dei diritti civili e degli assetti istituzionali proprio grazie al liberalismo tanto inviso a Cireno, che garantisce prima di tutto la libertà politica, ponendo le basi della libertà economica, a patto che si pongano , per i soggetti economici,  gli stessi limiti che si pongono all’esercizio del potere politico.
In altre parole, la stessa dottrina liberista prevede controlli e regolamentazioni della concorrenza per salvaguardare il libero mercato, in vista di risultati economici sempre migliori e accessibili a tutti coloro che vogliano e possano mettersi in gioco.
Naturalmente, qui finisce l’anelito sociale del liberalismo, che non si preoccupa di coloro che non hanno i mezzi per competere, di quelli senza capitali, senza istruzione, senza opportunità.
Sono i “danni collaterali” di una società senza il valore della solidarietà e della giustizia sociale, che finisce per basare il proprio sviluppo sullo “sfruttamento” delle parti deboli della società e del sistema produttivo, come aveva teorizzato Marx.
Ma il libero mercato rimane il sistema economico migliore, quello che garantisce in teoria la maggior produzione di ricchezza, a patto di impedirgli di essere fagocitato dalla finanza.
Il racconto dei tre energumeni sulla spiaggia suppongo volesse rappresentare l’assalto brutale delle forze della reazione. Ma non è solo il socialismo a doversi guardare da queste aggressioni, perché anche la teoria liberale  dello stato è stata di volta in volta aggredita dai vandali delle  Costituzioni e dagli oligarchi a presidio degli organi dello stato.
E la sinistra moderna si è sempre levata a difendere la legalità costruita dalle teorie liberali.
Perciò, non sono d’accordo sull’affermazione che l’accettazione del sistema liberista collochi un partito al di fuori del recinto della sinistra.  
Questo “Sillabo” suona retrogrado quanto quello di Pio IX , poiché la “libertà economica” è un fondamento egalitario quanto la “libertà politica”, che ha saputo costruirsi garanzie e strumenti d’espressione.
La sinistra è ora impegnata a superare i limiti  del liberismo in materia di organizzazione e giustizia sociale, elaborando regole e strumenti che limitino gli automatismi economici in nome dell’utilità sociale.
E senza guardare troppo per il  sottile, perché prerogativa delle leggi economiche è anche quella di sapersi riposizionare in fretta per il raggiungimento del massimo utile con i mezzi dati.
Il “cambiamento”  tanto auspicato, insomma, non può essere incatenato a vecchie ideologie, a rosari d’antan, anzi, bisogna sorprendere le “forze della reazione” con ricette del tutto nuove, senza lignaggio ideologico, ma decisamente e vittoriosamente  “di sinistra”.
Io trovo deliziosamente di sinistra la difesa della nostra vecchia Costituzione, fatta da liberali, cattolici e socialisti.
Mentre trovo disperatamente conservatrice la resa generale all’aziendalismo e la sottomissione all’idea che occorra sposare in toto le ragioni del profitto d’impresa, dimenticando che è la produzione di ricchezza che va difesa, a dispetto di un capitale sempre in moto verso gli elevati rendimenti. La partita si gioca qui, e adesso.
Riuscirà la sinistra ad inchiodare il capitale in recinti sempre più regolati, senza deprimere la produzione di ricchezza?
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Messaggio Da cireno Mer 11 Set 2013, 07:18

Ed eccoci all’altro paragrafo di LARA nel quale la nostra amica descrive la “Sinistra passiva, quella che dichiara di essere in cammino ma trapesta indecisa e impastoiata in un sistema di cui non riesce a immaginare il superamento” per concludere che questa “Sinistra” non può essere Sinistra.

Ecco, è da qui, da questa verità vera, che nascono tutti i malintesi, quelli che dividono il mio amico Einrix da me, politicamente, quelli che mi vedono spesso in contradditorio con Adam, che sono gli stessi che mi facevano litigare nel vecchio AF con i vari Montalbano, Este, Alfonso che si descrivevano di sinistra mostrando invece con estrema chiarezza, nella loro continua elegia di un uomo nemmeno lontanamente di sinistra come è Grillo, che la loro idea di sinistra era quantomeno particolare.
Il grande problema della sinistra, se si esclude quella legata alle teorie economiche marxiste, è proprio questo suo “trapestare indecisa per cercare di scegliere un cammino” che non potrà essere mai scelto dal momento che questo genere di “sinistra” è stata costretta anche dai fatti accaduti nel secolo scorso, ad abbandonare Marx per abbracciare il Liberismo, una dottrina economica ideata da Adam Smith, un doganiere inglese esperto in economia, che getta le basi della moderna economia di mercato: completa libertà economica dei privati cittadini o sudditi, non-intromissione dello Stato negli affari economici (laissez-faire), l'abbattimento di frontiere e la creazione di un mercato unico (globalizzazione). E’ evidente che, accettando e vivendo in un sistema come il liberismo, la Sinistra non ha niente da dire, salvo cercare di urlare quando il liberismo diventa così avido e opprimente da mostrare la possibilità di rivolte sociali spontanee.

La Sinistra che trapesta indecisa è quella che ha accettato il gioco della democrazia e su questo termine, usato a sproposito, c’è molto da discutere. Intanto la democrazia che ci viene propinata oggi come tale per il mio modo di vedere non è assolutamente democrazia. Questa democrazia poggia sui suoi aspetti formali: l’eguaglianza giuridica di fronte alla legge, cioè gli istituti democratici vigenti nei paesi capitalistici. Quello che io intendo per democrazia non è andare a votare drogati dalle campagne pubblicitarie di chi ha più denaro da spendere, e quindi votare per loro, ma io intendo l’uguaglianza di fatto, sul piano sociale e su quello politico, di tutti i cittadini, fatte salvo le diverse qualità personali. Quando io parlo di democrazia intendo partire dai limiti in cui essa è contenuta nei regimi capitalistici, per allargarli, per fare della democrazia formale, giuridica che, di fatto, esclude dall’effettiva democrazia la grande maggioranza della popolazione, una democrazia reale, sociale, che comprenda tutti i cittadini ed escluda , anche giuridicamente, i monopolisti economici e i nemici  del concetto che tutti gli uomini sono uguali nei diritti e nei doveri davanti a Dio come allo Stato. 
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Messaggio Da cireno Mer 11 Set 2013, 10:00

Ci sono dati di fatto che hanno impedito, impediscono e forse  impediranno domani,  la realizzazione del sogno marxista e ci sono altrettanti dati di fatto che dimostrano come il contrario esasperato del marxismo, leggi il Liberismo, non potrà mai essere un sistema in grado  di dare benessere diffuso alla società degli uomini.
Mentre gli animali agiscono per istinto per gli uomini si parla di “intelligenza superiore” in quanto capaci di programmare oltre il momento in atto. Ma gli uomini non sono tutti uguali, come sappiamo, e le loro intelligenze non sono affatto così superiori, rispetto a quelle degli animali, tanto è vero che riescono, cosa che gli “inferiori” animali non fanno mai, a rovinare, distruggere la loro stessa casa. Nella società sovietica il problema più grande è stato quello della burocratja. Già la burocrazia di qualunque paese è un necessario peso regolatore della società ma la burocrazia sovietica, abitata e governata da personaggi che quasi sempre non avevano nessuna preparazione specifica, si dimostrò un cancro per la società: regole su regole, carte da riempire su carte da riempire, permessi da chiedere su permessi da chiedere, cioè quel cumulo di ostacoli che le persone mediocri frappongono dal basso della loro incapacità a chi ha magari voglia di iniziativa. Purtroppo tutti noi constatiamo come basti mettere un cappello in testa con un grado applicato, per trovarci a discutere con personaggi ottusi, che si difendono richiamando regole assurde che conoscono solo loro. Ecco, il marxismo presuppone una società di uguali ma non ha pensato che gli esseri umani non sono uguali tra loro e che, normalmente, quelli più intelligenti soccombono davanti all’aggressività che viene espressa da chi non ha mai dubbi da affrontare, caratteristica di chi è intelligente.
Il Liberismo non potrà che portare danni gravi all’umanità. Contrariamente al Liberalismo di Locke il liberismo prevede che la Terra non sia altro che una enorme savana, nella quale i più forti hanno diritto alla preda, senza essere ostacolati da regole dello Stato. La globalizzazione voluta dal liberismo continuerà a schiavizzare popoli in nome della produttività. Se pensate che il mondo è pieno zeppo di merci invendute e che ciò nonostante la filosofia liberista vorrebbe che i lavoratori produttori lavorassero anche il sabato, magari la domenica, per abbassare il costo dell’articolo prodotto, vi potete rendere conto di quanto assurdo, nocivo, insopportabile sia questo sistema non-sistema economico.

Be, mi fermo qui, altrimenti il pezzo diventa troppo lungo. Andremo avanti
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Messaggio Da Adam Mer 11 Set 2013, 16:28

Lara ha scritto:
Forse Cireno non ha ancora finito di rispondermi, ma io vorrei cogliere dueaffermazioni del suo post per sottolineare proprio l’origine della facile accusa di “ideologismo” che, a proposito e a sproposito, viene rivolta alla sinistra.
Le varie dottrine socialiste, e a maggior ragione le loro più o meno distorte realizzazioni, vanno considerate per quel che sono:  tentativi,  esperimenti,  situazioni storiche,  occasioni perse o obbrobri giustamente abortiti.
Difendere il sovietismo solo perché simbolo della rivoluzione comunista, significa offrire il destro a coloro che ritengono inaccettabile qualunque “danno collaterale”, in pace come in guerra.
La rivoluzione russa ha aleggiato sull’Europa per decenni, come fece la Rivoluzione francese, seminando paura e sconcerto sulle classi forti e alimentando le speranze di sudditi e diseredati.
E,  a suo modo, ha contribuito alla presa di coscienza da parte di tutti, fautori e oppositori, che il problema della giustizia sociale era lì, posto e rivelato per sempre.
Da allora, si è avanzato sul piano dei diritti civili e degli assetti istituzionali proprio grazie al liberalismo tanto inviso a Cireno, che garantisce prima di tutto la libertà politica, ponendo le basi della libertà economica, a patto che si pongano , per i soggetti economici,  gli stessi limiti che si pongono all’esercizio del potere politico.
In altre parole, la stessa dottrina liberista prevede controlli e regolamentazioni della concorrenza per salvaguardare il libero mercato, in vista di risultati economici sempre migliori e accessibili a tutti coloro che vogliano e possano mettersi in gioco.
Naturalmente, qui finisce l’anelito sociale del liberalismo, che non si preoccupa di coloro che non hanno i mezzi per competere, di quelli senza capitali, senza istruzione, senza opportunità.
Sono i “danni collaterali” di una società senza il valore della solidarietà e della giustizia sociale, che finisce per basare il proprio sviluppo sullo “sfruttamento” delle parti deboli della società e del sistema produttivo, come aveva teorizzato Marx.
Ma il libero mercato rimane il sistema economico migliore, quello che garantisce in teoria la maggior produzione di ricchezza, a patto di impedirgli di essere fagocitato dalla finanza.
Il racconto dei tre energumeni sulla spiaggia suppongo volesse rappresentare l’assalto brutale delle forze della reazione. Ma non è solo il socialismo a doversi guardare da queste aggressioni, perché anche la teoria liberale  dello stato è stata di volta in volta aggredita dai vandali delle  Costituzioni e dagli oligarchi a presidio degli organi dello stato.
E la sinistra moderna si è sempre levata a difendere la legalità costruita dalle teorie liberali.
Perciò, non sono d’accordo sull’affermazione che l’accettazione del sistema liberista collochi un partito al di fuori del recinto della sinistra.  
Questo “Sillabo” suona retrogrado quanto quello di Pio IX , poiché la “libertà economica” è un fondamento egalitario quanto la “libertà politica”, che ha saputo costruirsi garanzie e strumenti d’espressione.
La sinistra è ora impegnata a superare i limiti  del liberismo in materia di organizzazione e giustizia sociale, elaborando regole e strumenti che limitino gli automatismi economici in nome dell’utilità sociale.
E senza guardare troppo per il  sottile, perché prerogativa delle leggi economiche è anche quella di sapersi riposizionare in fretta per il raggiungimento del massimo utile con i mezzi dati.
Il “cambiamento”  tanto auspicato, insomma, non può essere incatenato a vecchie ideologie, a rosari d’antan, anzi, bisogna sorprendere le “forze della reazione” con ricette del tutto nuove, senza lignaggio ideologico, ma decisamente e vittoriosamente  “di sinistra”.
Io trovo deliziosamente di sinistra la difesa della nostra vecchia Costituzione, fatta da liberali, cattolici e socialisti.
Mentre trovo disperatamente conservatrice la resa generale all’aziendalismo e la sottomissione all’idea che occorra sposare in toto le ragioni del profitto d’impresa, dimenticando che è la produzione di ricchezza che va difesa, a dispetto di un capitale sempre in moto verso gli elevati rendimenti. La partita si gioca qui, e adesso.
Riuscirà la sinistra ad inchiodare il capitale in recinti sempre più regolati, senza deprimere la produzione di ricchezza?
Condivido e ringrazio, dal momento che non avrei saputo esprimere meglio il mio pensiero così coincidente con il tuo.

Il fatto è che ogni pensiero politico ideologizzato in un certo contesto storico e ambientale, vale in quel momento e scolora con il mutare dei tempi e delle condizioni. Rimangono fermi i principi e i valori che per la sinistra sono "il guardare al mondo" in un certo modo, decisamente diverso da come lo guarda la destra ed è proprio la solidarietà che Bobbio individuò come discriminate tra il progresso visto da sinistra e quello individualista vista da destra.
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Messaggio Da Lara Gio 12 Set 2013, 20:16

cireno ha scritto:Ci sono dati di fatto che hanno impedito, impediscono e forse  impediranno domani,  la realizzazione del sogno marxista e ci sono altrettanti dati di fatto che dimostrano come il contrario esasperato del marxismo, leggi il Liberismo, non potrà mai essere un sistema in grado  di dare benessere diffuso alla società degli uomini.
Mentre gli animali agiscono per istinto per gli uomini si parla di “intelligenza superiore” in quanto capaci di programmare oltre il momento in atto. Ma gli uomini non sono tutti uguali, come sappiamo, e le loro intelligenze non sono affatto così superiori, rispetto a quelle degli animali, tanto è vero che riescono, cosa che gli “inferiori” animali non fanno mai, a rovinare, distruggere la loro stessa casa. Nella società sovietica il problema più grande è stato quello della burocratja. Già la burocrazia di qualunque paese è un necessario peso regolatore della società ma la burocrazia sovietica, abitata e governata da personaggi che quasi sempre non avevano nessuna preparazione specifica, si dimostrò un cancro per la società: regole su regole, carte da riempire su carte da riempire, permessi da chiedere su permessi da chiedere, cioè quel cumulo di ostacoli che le persone mediocri frappongono dal basso della loro incapacità a chi ha magari voglia di iniziativa. Purtroppo tutti noi constatiamo come basti mettere un cappello in testa con un grado applicato, per trovarci a discutere con personaggi ottusi, che si difendono richiamando regole assurde che conoscono solo loro. Ecco, il marxismo presuppone una società di uguali ma non ha pensato che gli esseri umani non sono uguali tra loro e che, normalmente, quelli più intelligenti soccombono davanti all’aggressività che viene espressa da chi non ha mai dubbi da affrontare, caratteristica di chi è intelligente.


Beh, Cireno, cosa vuoi che ti dica? Individuare nella burocrazia il problema principale nell’attuazione della rivoluzione marxista in Unione Sovietica  è come dire che il problema di Grillo sono i regolamenti parlamentari.
Fatte le debite proporzioni, la promessa rivoluzione grillina si è scontrata con la mancanza di idee e di strategie più che con la farraginosità dei meccanismi istituzionali.
All’epoca, la gestione del potere faceva riferimento ai metodi dell’aristocrazia di stato e della casta religiosa, quindi è stato abbastanza facile mutuarne i metodi, fino ad assimilare qualsiasi critica alla blasfemia, automaticamente catalogata come complotto reazionario e tradimento. Esattamente come faceva la chiesa ortodossa in perfetta armonia con lo zarismo.
Il marxismo ridotto ad instrumentum regni non può che essere autoritario e protervo, l’ eguaglianza imposta dai pastori dà come risultato un gregge, non una libera comunità.
Tu dici che è stato un errore aver accettato le regole di una democrazia imperfetta. Ma mettere tutti nelle stesse condizioni  è  una condizione imperfetta, dalla quale può scaturire di tutto.
Ciò non toglie che sia giusto dare a tutti le stesse chances e la stessa dignità, rimuovendo continuamente gli elaborati e potenti artifici che cercano di vanificare la condizione stabilita per legge.
Il guaio è che il potere economico non si può concedere per legge, come si fa con i diritti politici, che non si esauriscono.
La ricchezza da redistribuire, invece, va prodotta e non va dilapidata.
Il sovietismo ha dimostrato che lo stato imprenditore non funziona, perchè è uno stravolgimento delle leggi economiche, basate sull’ ottenimento del  massimo utile  con il minimo sforzo.
Il “laissez faire, laissez passer” dei primi liberisti confidava appunto nell’automatismo delle varie componenti economiche, in grado di riposizionarsi allo scopo di trarre il massimo profitto.
Ma quello che funzionava perfettamente per i pochi uomini liberi in grado di intraprendere e concorrere grazie alle classi subordinate, la massa-lavoro, non può funzionare in un mondo in cui non ci sono più classi prive di diritti politici e rassegnate alla subalternità.
Il lavoro non è più solo un fattore e un costo della produzione, è una modalità di vita, uno status sociale, una fonte di diritti e di obbligazioni, il metro di una realizzazione, lo strumento che consente di raggiungere la pari dignità tra i cittadini, tutti giuridicamente capaci di agire, ma diversamente condizionati dalla capacità economica.
Tanto che qualcuno ha pensato di inserire il lavoro come fondamento di una Costituzione, poiché costituisce il quarto di nobiltà da consegnare a tutti i cittadini come dote di cittadinanza.
 
Il liberismo come lo intendi tu non è più tale da un pezzo. Gli incentivi,  i prestiti di stato, la ricerca finanziata, gli  ammortizzatori sociali, il sindacalismo tout court, tutto questo rende il liberismo un lontanissimo parente del laissez faire. Ma gli astuti propugnatori del profitto privato paiono scordarsi del contesto ogni qualvolta rilevano utili inferiori o scorgano prospettive unilaterali ancora più vantaggiose. Fanno finta di essere liberi e vergini viaggiatori nel deserto.
Una sinistra che si impegna a rastrellare tasse, ad imporre contratti di lavoro favorevoli, a fornire servizi sociali adeguati  esiste già in Scandinavia, senza che le imprese scandinave ne abbiano sofferto mortalmente.
 Quella sinistra non ha rinnegato il liberismo, lo ha regolato e controllato, lasciando i margini adeguati al perseguimento degli obiettivi economici. Quello è un liberismo economico moderno, in cui lo stato interviene, eccome.
E’ l’evoluzione della finanza, non prevista dal liberismo classico in una forma così autoreferente e sganciata dalla produzione, il vero demone, il parassita e il moltiplicatore del sistema delle disuguaglianze.
Questa evoluzione ha colto di sorpresa lo stesso liberismo, creando nuovi soggetti, che non producono e non finanziano la produzione. Scommettono, spostano, creano domande e offerte artificiali, spuntano prezzi sul semplice movimento di denaro, come se la scia degli ordini di vendita e di acquisto generasse una vera ricchezza, mentre è solo il cinico risultato di un balletto orchestrato.
L’intervento dello stato nell’economia ha ormai una lunga tradizione e lo sanno bene anche coloro che se ne lamentano a singhiozzo, pronti ad incamerare sovvenzioni e utilizzare infrastrutture finanziate dalla comunità, ma gelosissimi di una autonomia imprenditoriale che rispunta solo al momento della spartizione dei profitti.
Ora , è giunto il momento della regolamentazione internazionale della finanza, che si crede autonoma perché volatile, non vincolata a strutture comunitarie, mentre è anch’essa il prodotto di un sistema. Occorre cambiargli il sistema.
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Messaggio Da afam Gio 12 Set 2013, 20:42

Divisione dei poteri?
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Messaggio Da cireno Ven 13 Set 2013, 08:17

Lara ha scritto:

Beh, Cireno, cosa vuoi che ti dica? Individuare nella burocrazia il problema principale nell’attuazione della rivoluzione marxista in Unione Sovietica  è come dire che il problema di Grillo sono i regolamenti parlamentari.
Fatte le debite proporzioni, la promessa rivoluzione grillina si è scontrata con la mancanza di idee e di strategie più che con la farraginosità dei meccanismi istituzionali.
All’epoca, la gestione del potere faceva riferimento ai metodi dell’aristocrazia di stato e della casta religiosa, quindi è stato abbastanza facile mutuarne i metodi, fino ad assimilare qualsiasi critica alla blasfemia, automaticamente catalogata come complotto reazionario e tradimento. Esattamente come faceva la chiesa ortodossa in perfetta armonia con lo zarismo.
Il marxismo ridotto ad instrumentum regni non può che essere autoritario e protervo, l’ eguaglianza imposta dai pastori dà come risultato un gregge, non una libera comunità.
Tu dici che è stato un errore aver accettato le regole di una democrazia imperfetta. Ma mettere tutti nelle stesse condizioni  è  una condizione imperfetta, dalla quale può scaturire di tutto.
Ciò non toglie che sia giusto dare a tutti le stesse chances e la stessa dignità, rimuovendo continuamente gli elaborati e potenti artifici che cercano di vanificare la condizione stabilita per legge.
Il guaio è che il potere economico non si può concedere per legge, come si fa con i diritti politici, che non si esauriscono.
La ricchezza da redistribuire, invece, va prodotta e non va dilapidata.
Il sovietismo ha dimostrato che lo stato imprenditore non funziona, perchè è uno stravolgimento delle leggi economiche, basate sull’ ottenimento del  massimo utile  con il minimo sforzo.
La grande battaglia di Gorbaciov è stata il tentativo di togliere alla burocrazia sovietica il potere enorme che aveva. Bisogna intendersi però su che significa “burocrazia sovietica”, perché non è solo quella roba che abbiamo in Italia e che comunque è sempre un ostacolo alla società (43 anni per una firma, ha denunciato Caprotti), perché in URSS la burocrazia era anche quella di partito, che si sovrapponeva a quella amministrativa con i suoi controlli. Comunque io non ho scritto che la burocrazia è stato l’ostacolo principale allo sviluppo sovietico ma uno degli ostacoli. Ho indicato la burocrazia per sottolineare come gli uomini quando prendono nelle loro mani un minimo di potere sugli altri diventano molto spesso imprevedibili e perfino autoritari, per rafforzare la mia idea sulla diversità tra una e l’altra persona e con questo ribadire che siccome non siamo tutti uguali e se vogliamo un sistema politico che ci voglia ridurre a una massa di simili, allora io mi oppongo. Ed è per questa ragione che sono assolutamente d’accordo con te quando scrivi l’ eguaglianza imposta dai pastori dà come risultato un gregge, non una libera comunità, e infatti io faccio idealmente parte di quell’anarchismo comunista che Aleksei Kropotkin ha predicato. Non sono d’accordo invece, e mi sembra di averlo già scritto più volte, sull’altra parte del tuo paragrafo che recita “il marxismo ridotto ad instrumentum regni non può che essere autoritario e protervo”, non sono d’accordo perché tu scrivi queste parole come una critica mentre io so, ma anche tu sai, che se rivolti un sistema socio-economico in una nazione la reazione del potere sconfitto te la devi attendere, quindi essere l’instrumentum regni diventa obbligatorio, salvo finire come Robespierre, come Allende ecc.


Poi scrivi” Il sovietismo ha dimostrato che lo stato imprenditore non funziona, perchè è uno stravolgimento delle leggi economiche, basate sull’ ottenimento del  massimo utile  con il minimo sforzo” e siccome io non sono per niente d’accordo su questo concetto, chiudo qui questo post e mi riprometto di affrontare la parte che tu hai iniziato con quelle parole in un secondo momento.  
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Messaggio Da Adam Ven 13 Set 2013, 17:43

Sovietismo o qualsiasi altro sistema politico, lo Stato imprenditore, ma anche fornitore di servizi pubblici, funziona quando lo stato di civiltà della Nazione è ad un grado sufficiente per farlo funzionare.

Cultura diffusa, consapevolezza e coscienza del bene comune sono condizioni indispensabili che non esistevano in URSS, come scarseggiano da noi anche al giorno d'oggi.
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Messaggio Da Rom Mar 24 Set 2013, 02:55

La sinistra è quella parte politica che guarda alla realtà dal punto di vista dei poveri e di coloro che non hanno potere.

Lo so, sembra troppo semplice una frase così: dà poca soddisfazione intellettuale. Invece è come  l'"articolo 1" di un'ideale costituzione della coscienza, specialmente se non si accompagna alla postilla del "per quanto possibile", o a quella del "secondo le leggi vigenti", che la svuoterebbero di fatto di ogni significato.

Il problema vero, che ricollega questa definizione con il "realismo", consiste nel rapporto con il concetto di "potere", ossia con una teoria delle istituzioni, che la sinistra non ha mai avuto. 
In questo senso dovremmo guardare alle vicende sovietiche, come testimonianza di un rapporto totalmente inadeguato allo scopo e alle premesse: l'obiettivo della giustizia sociale del liberalismo era ed è molto più modesto, rispetto al socialismo, ma ha potuto contare su una profonda elaborazione teorica e pratica di tipo istituzionale.
Sarebbe, se proprio dobbiamo, più utile guardare all'esperienza dell'URSS come parte della storia russa, invece che come parte della storia del socialismo o della sinistra: vedremmo che, subito dopo la Rivoluzione, si sono riproposti gli stessi meccanismi di sempre, costanti nella storia del paese a ogni sua svolta rivoluzionaria che abbia rimesso in discussione le leve del potere.

La sinistra, la sua storia, fa parte della cultura europea occidentale ed è indissolubile da tutti i suoi antefatti: questa constatazione non serve a stabilre una gerarchia in base ai pedigree culturali, ma a interpretare politicamente (cioè storicamente) la definizione, per esempio, che ho posto in apertura.
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Messaggio Da cireno Mar 24 Set 2013, 07:09

Rom ha scritto:La sinistra è quella parte politica che guarda alla realtà dal punto di vista dei poveri e di coloro che non hanno potere.

Lo so, sembra troppo semplice una frase così: dà poca soddisfazione intellettuale. Invece è come  l'"articolo 1" di un'ideale costituzione della coscienza, specialmente se non si accompagna alla postilla del "per quanto possibile", o a quella del "secondo le leggi vigenti", che la svuoterebbero di fatto di ogni significato.

.........................................................................
La sinistra è un'idea politico economica che tende realizzare una migliore giustizia della distribuzione della ricchezza che viene prodotta in una società.

Da quando la sinistra è caduta insieme al Muro e, stranamente, continua a cadere sempre di più ammesso che queste sinistre europee siano delle vere sinistre, la vita per la gente comune è peggiorata in maniera esponenziale: mai, da decenni, le classi povere sono state economicamente male come stanno oggi. Se questo è il risultato della debolezza, della scomparsa meglio dire, di una sinistra vera di lotta, allora ogni commento è inutile: i fatti, la realtà, si commentano da soli.
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Messaggio Da Vargas Mar 24 Set 2013, 13:58


In linea di massima mi riconoscerei nelle vostre definizioni, opportunamente e saggiamente ampie e atecniche (visione della realtà dal punto di vista dei più poveri, maggior giustizia nella redistribuzione della ricchezza). Tuttavia, se alzo lo sguardo dall'ormai minuscola realtà eurocentrica (sette-otto per cento della popolazione mondiale) e penso al resto del pianeta, ho i miei dubbi. Mi verrebbe da pensare cinicamente che destra e sinistra siano davvero soltanto le posizioni nell'emiciclio negli Stati generali francesi e che quello che noi desideriamo per i più deboli o per una maggior giustizia sociale possa trovarsi qua e là, spezzettato in posizioni politiche diverse. Penso soprattutto all'America Latina, ma anche a vasti settori della politica africana, nei quali certe conquiste sociali, di laicità, di parità di genere, di libertà sessuale, di eguaglianza senza distinzioni di razza e cultura, sono difese più dai conservatori, mentre altri frammenti, riconducibili alla sfera economica, sono grosso modo, ma davvero grosso modo, maggior retaggio delle sinistre, che però a volte si rivestono dei colori di un nazionalismo più simile a quello del ventennio fascista. Un vero dedalo.

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Messaggio Da Rom Mer 25 Set 2013, 02:50

Vargas ha scritto:Tuttavia, se alzo lo sguardo dall'ormai minuscola realtà eurocentrica (sette-otto per cento della popolazione mondiale) e penso al resto del pianeta, ho i miei dubbi. Mi verrebbe da pensare cinicamente che destra e sinistra siano davvero soltanto le posizioni nell'emiciclio negli Stati generali francesi e che quello che noi desideriamo per i più deboli o per una maggior giustizia sociale possa trovarsi qua e là, spezzettato in posizioni politiche diverse.
Certo, è così come dici: consapevole di questo, ho sentito la necessità di sottolineare, nel post precedente, che la sinistra, la sua storia, fa parte della cultura europea occidentale ed è indissolubile da tutti i suoi antefatti: questa constatazione non serve a stabilre una gerarchia in base ai pedigree culturali, ma a interpretare politicamente (cioè storicamente) la definizione che ho posto in apertura.
Del resto, basta allontanarsi di poco da questo accennato epicentro europeo, per verificare quanto e come le varie definizioni diventino più confuse e più difficilmente applicabili ai diversi contesti, non solo per ciò che riguarda la politica e il conflitto destra-sinistra, ma anche (forse soprattutto) alcuni valori comunemente considerati pre-politici, quali il valore della vita umana, il concetto di libertà e quelli di "onore", di "dignità", di "autorità" e di "diritto", oltre naturalmente al valore stesso della politica.
Ho già accennato, per esempio, alla storia russa, che per secoli è stata, ed è tuttora, la testimonianza di un'Europa parallela, in grado di rispecchiare e fare propria la nostra stessa eredità culturale greco-romana e germanica, e tuttavia darne una costante versione "asiatica" sistematicamente difforme: in questa storia, russa, la contraddizione in termini del conservatorismo innovatore e del progressismo tradizionalista è un ossimoro sempre incombente, quasi impossibile da spiegare secondo i canoni dell'analisi politica "illuministica" e razionalista europea - che già i suoi problemi li ha per capire alcuni fenomeni che sono in stridente contraddizione con la relativa linearità della propria storia, quali il nazismo e la permanenza di un lascito contro-riformista nell'area mediterranea.

Un esempio dell'ossimoro che ci riguarda - anche in chiave di sinistra, oggi, nell'Europa occidentale - è il problema dell'atteggiamento verso l'islamismo e la "libertà religiosa": dopo aver lottato per secoli contro l'integralismo e l'oscurantismo religioso, e contro la teocrazia esplicita o latente, possimo accettare, in nome della libertà, una pratica religiosa che reprime questa stessa libertà?
In altri termini: una sinistra libertaria che difende la libertà religiosa dei musulmani - che prevede la sottomissione del concetto di cittadinanza a quello di osservanza coranica, e un ruolo delle donne di fondamentale soggezione - non è una replica di quello stesso "progressismo di destra" che abbiamo addebitato alla storia russa?
Se, viceversa - in continuità coerente con la storia laicista, che nasce dalla cultura greco-romana, prosegue nella rinascita umanistica e si realizza pienamente con l'illuminismo - la sinistra si oppone alla teoria e alla pratica islamica, alla sua tendenza teocratica, rischia di trovarsi accanto ai leghisti e ai movimenti xenofobi.
Nella nostra tradizione abbiamo chiamato questo dilemma "alternativa del diavolo". Nella storia russa era la "sindrome di Raskol".
I russi non hanno mai risolto il problema. Ci riuscirà la sinistra europea?
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Messaggio Da Vanni Sandro Gio 26 Set 2013, 06:45

Quando si entra in un topic così impegnativo in ritardo, è facile perdere qualche passaggio.  Me ne scuso in anticipo.

Io ho sempre distinto gli ideali dall'ideologia.
Gli ideali sono un insieme di valori, non necessariamente imparati sui testi filosofici, che ciascuno di noi si porta dentro e che ispirano ogni nostro pensiero e ogni nostra azione.
Ciascuno di noi ha il proprio senso di giustizia che determina la nostra etica, la nostra morale, il nostro comportamento.

Uguaglianza, solidarietà egiustizia sociale, sono i valori di fondo della sinistra.    Se mosso da questi valori e queste finalità, anche un compromesso al ribasso diventa un'azione di sinistra.   Le persone mosse da questi valori sentono l'esigenza di costituire movimenti e partiti laici per dare forza alle loro idee.

Quando gli stessi valori vengono ideologizzati, non sono più a servizio dell'uomo ma è l'uomo che si mette al loro servizio.   I testi filosofici si trasformano in testi sacri e quanto vi è scritto si trasforma in Verbo. 
Le persone che vi si riconoscono, si affiliano ad una setta e iniziano a vedere come traditori chi non ne fa parte.

Naturalmente estremizzo e taglio il mio ragionamento con l'accetta.  Ma sono veramente le due concezioni della sinistra che, almeno in Italia, si scontrano da sempre.

Purtroppo una sintesi tra queste due visioni non è possibile.
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Messaggio Da Vargas Gio 26 Set 2013, 07:14

 Caro Vanni, comprendo quello che affermi, ma allora non sarebbe il caso di andare oltre la divisione tra destra e sinistra e far riferimento semplicemento alle politiche onestamente orientate al bene comune, anche saltando dall'una all'altra posizione quando ve n'è bisogno? Se in un dato momento l'urgenza è correggere le storture nella distribuzione della ricchezza e far pagare le tasse con più equità, occorrono politiche che definiremmo di sinistra; ma se subito dopo lo stesso governo facesse una politica di ottusa identità culturale e nazionale (non mi riferisco all'Italia né a un caso specifico, è un mero esempio di scuola), io mi sentirei di contrastarlo. Altro esempio: Afam menziona la divisione dei poteri: storicamente è stata più una battaglia delle sane destre liberali, mentre spesso i movmenti di sinistra hanno addirittura teorizzato l'occupazione di più poteri. Non è ovviamente ancora una volta il caso dell'Italia, dove negli ultimi decenni governi di destra hanno semmai affermato la delegittimazione del potere giudiziario e teorizzato la sua subordinazione al volere popolare, sposando quello che in altri contesti è stato un cavallo di battaglia di populismi autoproclamatisi di sinistra.
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Messaggio Da Rom Gio 26 Set 2013, 14:27

Vanni Sandro ha scritto:Gli ideali sono un insieme di valori, non necessariamente imparati sui testi filosofici, che ciascuno di noi si porta dentro e che ispirano ogni nostro pensiero e ogni nostra azione.
Ciascuno di noi ha il proprio senso di giustizia che determina la nostra etica, la nostra morale, il nostro comportamento.
Uguaglianza, solidarietà egiustizia sociale, sono i valori di fondo della sinistra.    Se mosso da questi valori e queste finalità, anche un compromesso al ribasso diventa un'azione di sinistra.   ...
Quando gli stessi valori vengono ideologizzati, non sono più a servizio dell'uomo ma è l'uomo che si mette al loro servizio.   I testi filosofici si trasformano in testi sacri e quanto vi è scritto si trasforma in Verbo. 
...
Purtroppo una sintesi tra queste due visioni non è possibile.
Capisco, nel bene e nel male, quello che ti muove a queste affermazioni, ma ci vedo innanzi tutto una stravagante rappresentazione del peso delle ideologie nel contesto della società, come se il concetto stesso di "ideologia" fosse una devianza patologica, un monstrum partorito da un'ipertrofia intellettualistica, e non una dimensione immanente della psicologia di massa, capace di caratterizzare classi sociali e momenti diversi della storia.
In realtà, molto più semplicemente, anche la tua rappresentazione è "ideologia", così come lo sono quelli che tu definisci "valori ideali".
Sul piano di questa forzata contrapposizione non si arriva a nulla.
In realtà, mi sembra che il tuo discorso non fornisca una definizione di sinistra e che solo in apparenza tratti di idee generali: piuttosto, parte dal contingente per elaborare un dogma pragmatico, quello cioè della giustificazione, anzi la santificazione del "compromesso al ribasso".

Una sintesi tra quelle che tu descrivi come due visioni inconciliabili non solo esiste, ma ha contraddistinto l'identità della sinistra nei suoi momenti vincenti e nel ruolo essenziale avuto nell'evoluzione della democrazia.
Rom
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