Dalla Crisi allo sviluppo
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Dalla Crisi allo sviluppo
Ci sono spesso notizie emblematiche della crisi e dello sviluppo. Apro questa discussione per annotare proprio quelle notizie che spiegano le ragioni della crisi, o che parlino di quali siano le leve dello sviluppo. Incomincio con una fotografia del Censis che mostra come vi siano giovani che non studiano e non lavorano ed altri giovani che mettono a profitto ciò che hanno imparato nella scuola.
03/11/2016 13:10
Censis:175mila giovani battono la crisi
L'Italia non è solo il Paese dei 'neet'
(giovani che non lavorano nè studiano).
Oggi gli 'eet',giovani titolari d'im-
presa che ce la fanno,sfruttano le com-
petenze acquisite e guardano all'impre-
sa "sono 175mila, di cui il 24,7% nel
Nord-Ovest, il 15,7%& nel Nord-Est, il
18,5% nel Centro,il 41,1% nel Sud. Se-
condo il focus sul lavoro di Censis-
Confcooperative,i giovani che lavorano
"valgono 46,5 mld, il 2,8% del Pil".
Il costo dei 'neet' è invece di 21 mld
di perdita di produttività: oggi sono
2.349 mila, +31,4% sul 2007.
Si può dire che il deficit di bilancio viene fatto anche per mantenere questi giovani che non brillano per iniziativa, che se lavorassero e producessero come i loro 175 mila coetanei, produrrebbero altri 624 miliardi di PIL, e saremmo primi al mondo per produttività.
03/11/2016 13:10
Censis:175mila giovani battono la crisi
L'Italia non è solo il Paese dei 'neet'
(giovani che non lavorano nè studiano).
Oggi gli 'eet',giovani titolari d'im-
presa che ce la fanno,sfruttano le com-
petenze acquisite e guardano all'impre-
sa "sono 175mila, di cui il 24,7% nel
Nord-Ovest, il 15,7%& nel Nord-Est, il
18,5% nel Centro,il 41,1% nel Sud. Se-
condo il focus sul lavoro di Censis-
Confcooperative,i giovani che lavorano
"valgono 46,5 mld, il 2,8% del Pil".
Il costo dei 'neet' è invece di 21 mld
di perdita di produttività: oggi sono
2.349 mila, +31,4% sul 2007.
Si può dire che il deficit di bilancio viene fatto anche per mantenere questi giovani che non brillano per iniziativa, che se lavorassero e producessero come i loro 175 mila coetanei, produrrebbero altri 624 miliardi di PIL, e saremmo primi al mondo per produttività.
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Dalla Crisi allo sviluppo
Quasi una lettera scritta ad un amico!
Caro Sandro, la domanda su cosa penso dell'attuale fase politica nel nostro paese, me la pongo da così tanti anni che adesso, in modo superficiale, posso quasi vederne l'evoluzione.
1. La complessità del Paese, fa però si che non sia facile dare una risposta univoca. In questo secolo è cambiata la scienza, sono cambiati i rapporti sociali all'interno del paese, e all'esterno, tra gli stati.
Il colonialismo nella forma dell'imperialismo, dopo aver raggiunto il minimo storico, subito dopo la II Guerra Mondiale, piano piano si è ripreso ed oggi è causa di quella strategia della tensione che alimenta le difficoltà e i conflitti in tanta parte del Mondo.
La storia del Libano, non è la storia della Francia, come quella della Siria o della Libia non sono la storia dell'Italia, ma nel complesso il Mediterraneo, dagli anni sessanta, è un'area nevralgica che non ha risolto i suoi problemi, proprio per quel ritorno all'imperialismo degli antichi stati colonialisti (Francia e Gran Bretagna), e di un nuovo stato imperialista: gli Stati Uniti d'America.
La Russia, dopo aver vissuto l'epopea dell'Internazionalismo Proletario, che era fondamentalmente un anti colonialismo, ora gioca in difesa, seppure con una capacità di deterrenza di tutto rispetto.
La Cina preferisce restare defilata, perché ha bisogno di almeno un altro ventennio per portare a compimento la sua crescita storica.
L'Europa, che doveva risolvere i nostri conflitti interni, rappresenta un pericolo proprio per quelle nazioni: Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti che sanno di non poterla controllare: i primi due, e che in un mondo multipolare, metterebbe in ombra o in difficoltà, l'imperialismo degli USA.
Se questo è il quadro internazionale noi non possiamo che essere quelli con la sovranità limitata negli anni della contrapposizione est-ovest, sino ad essere sottoposti a quella strategia della tensione degli anni di piombo, che derivava da una "Primavera" non solo francese, ma che dopo la fine della guerra in Vietnam, era esplosa negli USA e si era diffusa in larghe zone dell'occidente.
2. Per la "Cornice" fermiamoci qui, e parliamo del paese reale.
Se le lotte sindacali degli anni sessanta, avevano emancipato il mondo del lavoro, quelle condotte negli anni settanta, hanno esacerbato gli imprenditori italiani, quasi che si stessero vivendo un conflitto di classe. E ciò ha provocato quella disaffezione, specie in quei settori dell'imprenditoria meno professionalizzata e più politicizzata, o che magari aveva vissuto come una sconfitta la stagione delle riforme sociali. In questo modo non c'è stato quello sviluppo tecnologico e manifatturiero che ci si aspettava, con nuovi investimenti nei nuovi settori, anche se la Olivetti aveva dimostrato che fosse possibile.
Oggi ci sono ampi settori Hi-Tech che ci mancano, e l'essere dei followers in settori maturi, non ci permette di elevare il tenore di vita e di pagare il nostro debito.
Se a questo aggiungiamo il forte aumento di produttività derivato dall'informatica di prodotto e dalla robotica di processo, il quadro non può che diventare più preoccupante, perché non sappiamo come fare per tenere sotto controllo l'occupazione. Dovremmo aprire nuovi settori produttivi, per aumentare l'occupazione dove ancora la capacità produttiva Mondo, non sia satura. Ciò favorirebbe l'esportazione e ripagherebbe il debito. Non è prevedibile nei tempi medi che qualcosa cambi nella capacità e nella qualità degli investimento nel nostro paese, e resteremo prigionieri sia del debito che della disoccupazione.
3. Così si spiega perché il partito della protesta sia diventato importante; e tra Lega e M5S, anche se di poco, il 4 Marzo hanno preso la maggioranza dei voti, tanto da avere i numeri per fare un governo.
Il fatto che non siano in grado di farlo, la dice lunga sulla elaborazione della loro politica e di come abbia influito il fattore "Populismo", nel loro exploit.
La sinistra storica, avendo portato a termine con successo la missione che si era posta, quasi due secoli fa: «diritti, nuove relazioni sociali tra le classi, welfare e democrazia», non poteva che sciogliersi, ed è ciò che è capitato ovunque in Occidente. La sinistra moderna deve necessariamente avere altri riferimenti legati ai nuovi processi sociali ed ai cambiamenti delle forze in campo, considerando che i nemici della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità - per parodiare i titoli della Rivoluzione del 1789 in Francia - non sono mai completamente scomparsi. Ma non sempre sono riconoscibili, e spesso sfuggono, essendo capaci di un mimetismo che la Globalizzazione, più per i capitali e le merci, che degli uomini, consente loro con maggiore facilità.
Sta di fatto che oggi la sinistra deve ancora elaborare un proprio progetto politico, cosa che non ha fatto in maniera compiuta e che le impedisce di puntare le armi dialettiche e gli sforzi elettorali nella direzione giusta e in modo efficace. Marx Popper con "la società aperta e i suoi nemici" ha spiegato come prevenire il dogmatismo che porta al totalitarismo, e come nemici siano coloro che pensano alla propria classe e non al bene comune.
Ciò, in un sistema razionale funziona perfettamente, ma in un sistema politico e sociale ci sono spinte emotive che se ne fanno un baffo dei buoni ragionamenti.Un partito politico deve avere anche una carta di riserva che è una qualche forma di idealismo che attragga le masse. L'dealismo purtroppo, funziona molto meglio se è cattivo, basato sull'odio, sulla paura e sull'egoismo. Il populismo, in fondo, non è che la Pop Art di questo tipo di idealismo.
La destra, quando non è populista, ha una visione meno problematica del mondo, visto che si fonda per definizione, sul conservatorismo che in genere, nel nostro secolo, mantiene privilegi di classe anche se con la finalità di favorire la libertà d'impresa. La sua forza è nella stabilità legata al passato, quando questo sia un periodo fortunato, e la sua debolezza si manifesta quando quel passato mostri conflitti mal risolti e crepe sociali troppo estese. Sul piano del governo, la destra ha la tendenza all'oligarchia seppure mascherata in qualche modo dalla democrazia che per sua natura è delegante. Sulla politica estera pratica il nazionalismo se non può sostenere uno sforzo imperialista diretto.
4. Se si sommano tutti questi fattori, un governo "normale" può fare il mantenimento di un paese come il nostro, che stenta a crescere e a rinnovarsi come società manifatturiera. Un governo "poco normale", come già ce ne sono stati, può solo fare dei danni. Le conseguenze, in entrambe le ipotesi, sono un'Europa debole, ciò che fa comodo a chi non vuole avere concorrenti o mani legate, per poter condurre quella politica aggressiva che da sempre alimenta la guerra, e con la guerra, il benessere delle nazioni più forti, a scapito di quelle deboli.
Concludendo... il fatto che ci vogliano più di sei mesi per fare un governo, in queste condizioni è quasi irrilevante. Non succederebbe nulla di diverso neppure con un governo"poco normale", e ci sarebbe un lieve miglioramento con un governo che fosse capace di orientare lo sviluppo verso i settori a maggior valore aggiunto e la dove si è più capaci di creare maggiore e migliore competitività. Comunque, tutto ancora insufficiente per quello slancio che sarebbe necessario, ma a cui non siamo preparati.
Postfazione
Caro Sandro, hai visto in che pasticci mi hai messo, con quella domanda? E ogni riga di quelle che ho scritto, dovrebbe essere un intero capitolo per spiegarne le ragioni. Ciò che esce fuori dalle mie competenze e dalla mia voglia.
Un saluto.
Caro Sandro, la domanda su cosa penso dell'attuale fase politica nel nostro paese, me la pongo da così tanti anni che adesso, in modo superficiale, posso quasi vederne l'evoluzione.
1. La complessità del Paese, fa però si che non sia facile dare una risposta univoca. In questo secolo è cambiata la scienza, sono cambiati i rapporti sociali all'interno del paese, e all'esterno, tra gli stati.
Il colonialismo nella forma dell'imperialismo, dopo aver raggiunto il minimo storico, subito dopo la II Guerra Mondiale, piano piano si è ripreso ed oggi è causa di quella strategia della tensione che alimenta le difficoltà e i conflitti in tanta parte del Mondo.
La storia del Libano, non è la storia della Francia, come quella della Siria o della Libia non sono la storia dell'Italia, ma nel complesso il Mediterraneo, dagli anni sessanta, è un'area nevralgica che non ha risolto i suoi problemi, proprio per quel ritorno all'imperialismo degli antichi stati colonialisti (Francia e Gran Bretagna), e di un nuovo stato imperialista: gli Stati Uniti d'America.
La Russia, dopo aver vissuto l'epopea dell'Internazionalismo Proletario, che era fondamentalmente un anti colonialismo, ora gioca in difesa, seppure con una capacità di deterrenza di tutto rispetto.
La Cina preferisce restare defilata, perché ha bisogno di almeno un altro ventennio per portare a compimento la sua crescita storica.
L'Europa, che doveva risolvere i nostri conflitti interni, rappresenta un pericolo proprio per quelle nazioni: Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti che sanno di non poterla controllare: i primi due, e che in un mondo multipolare, metterebbe in ombra o in difficoltà, l'imperialismo degli USA.
Se questo è il quadro internazionale noi non possiamo che essere quelli con la sovranità limitata negli anni della contrapposizione est-ovest, sino ad essere sottoposti a quella strategia della tensione degli anni di piombo, che derivava da una "Primavera" non solo francese, ma che dopo la fine della guerra in Vietnam, era esplosa negli USA e si era diffusa in larghe zone dell'occidente.
2. Per la "Cornice" fermiamoci qui, e parliamo del paese reale.
Se le lotte sindacali degli anni sessanta, avevano emancipato il mondo del lavoro, quelle condotte negli anni settanta, hanno esacerbato gli imprenditori italiani, quasi che si stessero vivendo un conflitto di classe. E ciò ha provocato quella disaffezione, specie in quei settori dell'imprenditoria meno professionalizzata e più politicizzata, o che magari aveva vissuto come una sconfitta la stagione delle riforme sociali. In questo modo non c'è stato quello sviluppo tecnologico e manifatturiero che ci si aspettava, con nuovi investimenti nei nuovi settori, anche se la Olivetti aveva dimostrato che fosse possibile.
Oggi ci sono ampi settori Hi-Tech che ci mancano, e l'essere dei followers in settori maturi, non ci permette di elevare il tenore di vita e di pagare il nostro debito.
Se a questo aggiungiamo il forte aumento di produttività derivato dall'informatica di prodotto e dalla robotica di processo, il quadro non può che diventare più preoccupante, perché non sappiamo come fare per tenere sotto controllo l'occupazione. Dovremmo aprire nuovi settori produttivi, per aumentare l'occupazione dove ancora la capacità produttiva Mondo, non sia satura. Ciò favorirebbe l'esportazione e ripagherebbe il debito. Non è prevedibile nei tempi medi che qualcosa cambi nella capacità e nella qualità degli investimento nel nostro paese, e resteremo prigionieri sia del debito che della disoccupazione.
3. Così si spiega perché il partito della protesta sia diventato importante; e tra Lega e M5S, anche se di poco, il 4 Marzo hanno preso la maggioranza dei voti, tanto da avere i numeri per fare un governo.
Il fatto che non siano in grado di farlo, la dice lunga sulla elaborazione della loro politica e di come abbia influito il fattore "Populismo", nel loro exploit.
La sinistra storica, avendo portato a termine con successo la missione che si era posta, quasi due secoli fa: «diritti, nuove relazioni sociali tra le classi, welfare e democrazia», non poteva che sciogliersi, ed è ciò che è capitato ovunque in Occidente. La sinistra moderna deve necessariamente avere altri riferimenti legati ai nuovi processi sociali ed ai cambiamenti delle forze in campo, considerando che i nemici della libertà, dell'uguaglianza e della fraternità - per parodiare i titoli della Rivoluzione del 1789 in Francia - non sono mai completamente scomparsi. Ma non sempre sono riconoscibili, e spesso sfuggono, essendo capaci di un mimetismo che la Globalizzazione, più per i capitali e le merci, che degli uomini, consente loro con maggiore facilità.
Sta di fatto che oggi la sinistra deve ancora elaborare un proprio progetto politico, cosa che non ha fatto in maniera compiuta e che le impedisce di puntare le armi dialettiche e gli sforzi elettorali nella direzione giusta e in modo efficace. Marx Popper con "la società aperta e i suoi nemici" ha spiegato come prevenire il dogmatismo che porta al totalitarismo, e come nemici siano coloro che pensano alla propria classe e non al bene comune.
Ciò, in un sistema razionale funziona perfettamente, ma in un sistema politico e sociale ci sono spinte emotive che se ne fanno un baffo dei buoni ragionamenti.Un partito politico deve avere anche una carta di riserva che è una qualche forma di idealismo che attragga le masse. L'dealismo purtroppo, funziona molto meglio se è cattivo, basato sull'odio, sulla paura e sull'egoismo. Il populismo, in fondo, non è che la Pop Art di questo tipo di idealismo.
La destra, quando non è populista, ha una visione meno problematica del mondo, visto che si fonda per definizione, sul conservatorismo che in genere, nel nostro secolo, mantiene privilegi di classe anche se con la finalità di favorire la libertà d'impresa. La sua forza è nella stabilità legata al passato, quando questo sia un periodo fortunato, e la sua debolezza si manifesta quando quel passato mostri conflitti mal risolti e crepe sociali troppo estese. Sul piano del governo, la destra ha la tendenza all'oligarchia seppure mascherata in qualche modo dalla democrazia che per sua natura è delegante. Sulla politica estera pratica il nazionalismo se non può sostenere uno sforzo imperialista diretto.
4. Se si sommano tutti questi fattori, un governo "normale" può fare il mantenimento di un paese come il nostro, che stenta a crescere e a rinnovarsi come società manifatturiera. Un governo "poco normale", come già ce ne sono stati, può solo fare dei danni. Le conseguenze, in entrambe le ipotesi, sono un'Europa debole, ciò che fa comodo a chi non vuole avere concorrenti o mani legate, per poter condurre quella politica aggressiva che da sempre alimenta la guerra, e con la guerra, il benessere delle nazioni più forti, a scapito di quelle deboli.
Concludendo... il fatto che ci vogliano più di sei mesi per fare un governo, in queste condizioni è quasi irrilevante. Non succederebbe nulla di diverso neppure con un governo"poco normale", e ci sarebbe un lieve miglioramento con un governo che fosse capace di orientare lo sviluppo verso i settori a maggior valore aggiunto e la dove si è più capaci di creare maggiore e migliore competitività. Comunque, tutto ancora insufficiente per quello slancio che sarebbe necessario, ma a cui non siamo preparati.
Postfazione
Caro Sandro, hai visto in che pasticci mi hai messo, con quella domanda? E ogni riga di quelle che ho scritto, dovrebbe essere un intero capitolo per spiegarne le ragioni. Ciò che esce fuori dalle mie competenze e dalla mia voglia.
Un saluto.
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