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Il diavolo nei dettagli

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Messaggio Da Rom Mar 16 Lug 2013, 14:56

Il caso di Alma Shalabayeva è una brutta storia, che non è meno brutta solo perché fa parte di quella categoria di storie comuni a tante "ragion di stato" e di maneggi in bilico tra politica e affari, entrambi poco chiari.
Quello che colpisce, però, è un dettaglio, che fa la differenza tra una sporca storia da paese civile e una sporca storia da repubblica delle banane: l'ufficialità, infatti, è sempre molto simile, sia nella City sia negli stati canaglia, stessi doppiopetto, stesse auto blu, stessi lampadari di cristallo, stesse facce ben rasate. Ma.
In un paese civile, lo stato si fa rappresentare da due poliziotti - o dieci, secondo le circostanze - che bussano alla porta e pregano la signora Alma di fare le valige e seguirli in aeroporto.
In una repubblica delle banane lo stato si materializza in cinquanta poliziotti che circondano la casa, poi fanno irruzione, urlando "puttana russa" alla signora Alma, con tutti gli immaginabili connessi a questa rappresentazione.
Quando c'è di mezzo una donna, in una repubblica delle banane, la prepotenza si chiama sempre "puttana", sia che si tratti di un'espulsione, sia che si tratti della macelleria del G8 a Genova. Così come, quando si tratta di ragazzi maschi, si chiama sempre " frocio di merda".
O forse no, dicendo questo siamo troppo ottimisti: anche nella City i lavori sporchi si fanno con un linguaggio sporco, e le banane si mangiano anche dove crescono i licheni.
Forse la repubblica delle banane si riconosce solo per il fatto che nessuno si meraviglia di questi che sono "dettagli", e anzi nessuno si scandalizza o ci fa caso.
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Messaggio Da einrix Gio 25 Lug 2013, 08:13

Dopo aver letto il tuo intervento, ho poco da obiettare, rilevando solo quella vena di pessimismi, che ancora riesco a tener lontana dalla mia visione del mondo. Volendo entrare nel merito di qualche concetto, potrei prendere questo: " Forse la repubblica delle banane si riconosce solo per il fatto che nessuno si meraviglia di questi che sono "dettagli", e anzi nessuno si scandalizza o ci fa caso".
Da quello che si legge sulla stampa o si ascolta nelle conversazioni, ci si scandalizza e come, se si arriva vicino alle dimissioni di un ministro. È la questione non è finita li se la Bonino usa bastone e carota, contro il governo kazako, messo ai margini anche in Europa.


Schettino non è un politico, ma uno di quei rappresentanti della società civile che ti sale sul marciapiede con la ruota del SUV, e che ora, come Grillo, o Travaglio, o Berlusconi, ti entra anche in politica. È poi ci si meraviglia che la politica sia cambiata. La mia idea è che quando i politici se ne sono andati, il paese è rimasto in balia proprio di quei tipi la. Ma la politica non c'entra.
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Messaggio Da flaviomob Gio 25 Lug 2013, 08:21

Travaglio fa il giornalista.

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Messaggio Da Rom Gio 25 Lug 2013, 09:31

einrix ha scritto:Dopo aver letto il tuo intervento, ho poco da obiettare, rilevando solo quella vena di pessimismi, che ancora riesco a tener lontana dalla mia visione del mondo. Volendo entrare nel merito di qualche concetto, potrei prendere questo: " Forse la repubblica delle banane si riconosce solo per il fatto che nessuno si meraviglia di questi che sono "dettagli", e anzi nessuno si scandalizza o ci fa caso".
Da quello che si legge sulla stampa o si ascolta nelle conversazioni, ci si scandalizza e come, se si arriva vicino alle dimissioni di un ministro. È la questione non è finita li se la Bonino usa bastone e carota, contro il governo kazako, messo ai margini anche in Europa.

No, non è pessimismo. Forse è un "esagerare, per amore, il proprio disamore", un sentimento che Pasolini attribuisce al "poeta", ma che sta, o dovrebbe stare, nell'anima della partecipazione alla politica.
Dietro a ogni opposizione e ad ogni obiezione di coscienza - ciò che non vogliamo - c'è sempre un sogno, la visione in positivo di qualcosa di diverso e possibile.

Le reazioni alle quali tu ti riferisci sono state indignate e rituali, da una parte, e altrettanto rituali e assolutorie dall'altra, col risultato altrettanto abituale di far prevalere alla fine le ragioni della convenienza. Della "responsabilità".
Ma sono state, comunque, reazioni indirizzate verso la categoria della legittimità formale, con timidissime escursioni nel campo di quella sostanziale, e verso la disamina dei passaporti, delle richieste via Interpol, dell'eventuale pressione da parte di ignoti mandanti.
Pochissima attenzione è stata data a quelli che, non a caso, ho chiamato "dettagli": sono filtrati tra le righe di alcuni resoconti giornalistici, più che altro come forma di pennellata realistica, quasi che fosse scontato che l'espulsione di un (presunto) irregolare avvenisse tramite uno spiegamento di forze di quel genere, con minacce e armi spianate, spintoni e violenze, fossero pure solo verbali (anche se sappiamo benissimo che non sono mai solo verbali).
Questo è solo un episodio - ogni volta è sempre solo un episodio - che però risponde alla stessa logica della forza sproporzionata e ottusa di uno stato che conosce solo questo modo esercitare le proprie funzioni, specialmente quando si tratta dei soggetti deboli: dal fisco intransigente verso i più poveri alla violazione dei "diritti acquisiti" dei pensionati, ai tagli implacabili all'assistenza dei disabili, alle condizioni vergognose in cui si fanno viaggiare i lavoratori pendolari, alle manganellate con le quali si fronteggiano le proteste dei cittadini.
Un paese civile non si riconosce per quello che avviene nelle aule parlamentari o nei saloni diplomatici, ma nell'interfaccia che offre al contatto con le persone e ai problemi della comunità: un uomo violento, un ministro arrogante, uno stato vigliacco, non li riconosci dal sorriso che mostrano nei discorsi ufficiali, ma da come guardano chi gli fa una domanda, da come chiedono un caffè o una fotocopia al proprio collaboratore, da come e da chi salutano quando arrivano nel loro ufficio.
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