Marchionne, by the way
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cireno
Adam
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Marchionne, by the way
Sono stato dondolante nel giudicare Marchionne, sin dal 2004, quando ottenne il mio incondizionato apprezzamento, per aver brillantemente risolto il sospeso con la GM e aver salvato la FIAT dal fallimento.
Ancora favorevole nel 2009 quando presentò il Piano per l'Italia con i cospicui investimenti che prevedeva, il tutto incluso in un più vasto piano globale sostenuto dalla sua assunzione che in questo mercato, per sopravvivere, era necessario essere titolari di una produzione di 6 milioni di vetture l'anno.
Poi si scatenò l'uragano della crisi e le critiche incominciarono a farsi sentire: una su tutte, ad opera di quel grande che è Giugiaro, che ebbe a dire: Marchionne è un grande manager finanziario, ma è assai scarso come product manager. E la FIAT incominciò a perdere quota di mercato, quasi a confermare che la povertà del listino fosse la causa prima di quegli insuccessi.
Seguirono, quasi negli stessi mesi, le cronache di Pomigliano e il braccio di ferro con la FIOM, e l'affaire Crysler, con entrambi i dossier capaci raccogliere consensi e critiche: da parte mia critiche per la rudezza mostrata nei confronti di Landini e i suoi, consensi per la capacità di risolvere il problema del marchio americano, addirittura coinvolgendo personalmente il Presidente Obama, e anche per aver in qualche modo riattivato lo stabilimento campano, investendo in un periodo di disinvestimento generale, 700 milioni di euro.
Ma la critica che ho condiviso più di tutte è la vecchia osservazione di Giugiaro, visto che di modelli competitivi il listino FIAT continuava - e continua - a non elencarne, con la conseguenza di vedere il marchio perdere sistematicamente quota di mercato. Pensavo, da vecchio marchettaro, che restare indietro rispetto alla concorrenza fosse una cosa che avrebbe reso molto più difficile il ricupero quando la crisi avesse voltato tendenza.
Oggi ho ricambiato verso alla critica, e dopo aver letto l'intervista fatta da Mauro su Repubblica, ho capito che l'errore mio e credo di tutti sia di aver giudicato e criticato tattiche perdendo di vista la strategia. Nel 2009 Marchionne disse di porsi come obiettivo i 6 milioni di auto/anno come condizione di sopravvivenza: oggi è a 4,4 e coltiva idee per arrivare al numero target fissato a 6. Per farlo ha portato a termine il merging con Crysler, acquisendo la posizione di settimo produttore mondiale, tiene d'occhio i mercati orientali, non escludendo altre operazioni in quella direzione e ha ridimensionato quantitativamente la produzione italiana, progettando però una sua riqualificazione su prodotti ad alto valore aggiunto. E' una posizione che giudico ragionevole e condivisibile ed è supportata dall'osservazione che produttori di media capacità - come la Peugeot - che hanno continuato ad investire nell'aggiornamento del listino, oggi rischiano di portare i libri in tribunale.
Vedremo ad Aprile come sarà costruito l'annuncio dei nuovi modelli e la dislocazione della loro produzione, ma quel poco che si sa, unito alla affermazione che tutto il personale in CIG sarà riassorbito, mi lascia ben sperare per il futuro. Che poi la direzione e/o la sede sia trasferita altrove da Torino, è un disappunto patriottardo, ma non una critica, se dal trasferimento vengono garanzie per la solidità del gruppo e il lavoro dei dipendenti italiani.
Ancora favorevole nel 2009 quando presentò il Piano per l'Italia con i cospicui investimenti che prevedeva, il tutto incluso in un più vasto piano globale sostenuto dalla sua assunzione che in questo mercato, per sopravvivere, era necessario essere titolari di una produzione di 6 milioni di vetture l'anno.
Poi si scatenò l'uragano della crisi e le critiche incominciarono a farsi sentire: una su tutte, ad opera di quel grande che è Giugiaro, che ebbe a dire: Marchionne è un grande manager finanziario, ma è assai scarso come product manager. E la FIAT incominciò a perdere quota di mercato, quasi a confermare che la povertà del listino fosse la causa prima di quegli insuccessi.
Seguirono, quasi negli stessi mesi, le cronache di Pomigliano e il braccio di ferro con la FIOM, e l'affaire Crysler, con entrambi i dossier capaci raccogliere consensi e critiche: da parte mia critiche per la rudezza mostrata nei confronti di Landini e i suoi, consensi per la capacità di risolvere il problema del marchio americano, addirittura coinvolgendo personalmente il Presidente Obama, e anche per aver in qualche modo riattivato lo stabilimento campano, investendo in un periodo di disinvestimento generale, 700 milioni di euro.
Ma la critica che ho condiviso più di tutte è la vecchia osservazione di Giugiaro, visto che di modelli competitivi il listino FIAT continuava - e continua - a non elencarne, con la conseguenza di vedere il marchio perdere sistematicamente quota di mercato. Pensavo, da vecchio marchettaro, che restare indietro rispetto alla concorrenza fosse una cosa che avrebbe reso molto più difficile il ricupero quando la crisi avesse voltato tendenza.
Oggi ho ricambiato verso alla critica, e dopo aver letto l'intervista fatta da Mauro su Repubblica, ho capito che l'errore mio e credo di tutti sia di aver giudicato e criticato tattiche perdendo di vista la strategia. Nel 2009 Marchionne disse di porsi come obiettivo i 6 milioni di auto/anno come condizione di sopravvivenza: oggi è a 4,4 e coltiva idee per arrivare al numero target fissato a 6. Per farlo ha portato a termine il merging con Crysler, acquisendo la posizione di settimo produttore mondiale, tiene d'occhio i mercati orientali, non escludendo altre operazioni in quella direzione e ha ridimensionato quantitativamente la produzione italiana, progettando però una sua riqualificazione su prodotti ad alto valore aggiunto. E' una posizione che giudico ragionevole e condivisibile ed è supportata dall'osservazione che produttori di media capacità - come la Peugeot - che hanno continuato ad investire nell'aggiornamento del listino, oggi rischiano di portare i libri in tribunale.
Vedremo ad Aprile come sarà costruito l'annuncio dei nuovi modelli e la dislocazione della loro produzione, ma quel poco che si sa, unito alla affermazione che tutto il personale in CIG sarà riassorbito, mi lascia ben sperare per il futuro. Che poi la direzione e/o la sede sia trasferita altrove da Torino, è un disappunto patriottardo, ma non una critica, se dal trasferimento vengono garanzie per la solidità del gruppo e il lavoro dei dipendenti italiani.
Adam- Messaggi : 609
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Re: Marchionne, by the way
Sono sempre stato uno sciovinista accanito: compero solo prodotti made in Italy, quindi solo Fiat o marche italiane.
Bene, dopo la decisione di Marchionne di portare la sede legale del Gruppo Fiat a Londra, e quindi pagare le tasse lì, ho decisio che in casa mia non entrerà mai più una macchina del gruppo Fiat. Comprerò Toyota o Lexus.
Bene, dopo la decisione di Marchionne di portare la sede legale del Gruppo Fiat a Londra, e quindi pagare le tasse lì, ho decisio che in casa mia non entrerà mai più una macchina del gruppo Fiat. Comprerò Toyota o Lexus.
cireno- Messaggi : 1510
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Re: Marchionne, by the way
Io invece sono sempre stato dalla parte di Marchionne, forse perchè ho seguito per quanto possibile le vicende di FIAT sia perchè sono bastian contrario.
E' un manager con visione internazionale, più di tanti suoi colleghi italiani, più di tutti i suoi critici della domenica, più di tutti gli intenditori di automotive forgiatisi al bar.
In fondo gli italiani non sono solo 60 milioni di CT della nazionale, ma anche 60 milioni di AD di FIAT.
FIAT ha investito a Pomigliano, Grugliasco e Melfi, fra poco sembra che arriverà la volta di Cassino e Mirafiori, quale altra azienda ha fatto lo stesso?
Nessuno usa gli stessi toni usati per Marchionne e FIAT verso Pirelli, Telecom ed altro.
Quanti hanno usato gli stessi toni quando Alitalia è stata costretta da B. e Lega ad ingurgitare VolareWeb e AirOne?
Come mai tutti sanno di qualche (qualche) centro di ricerca FIAT e nessuno parla della cessione dei cavi di Pirelli e dei centri di ricerca chiusi da Tronchetti Provera?
Anche questi sono argomenti degni del thread sulla disinformazione.
E' un manager con visione internazionale, più di tanti suoi colleghi italiani, più di tutti i suoi critici della domenica, più di tutti gli intenditori di automotive forgiatisi al bar.
In fondo gli italiani non sono solo 60 milioni di CT della nazionale, ma anche 60 milioni di AD di FIAT.
FIAT ha investito a Pomigliano, Grugliasco e Melfi, fra poco sembra che arriverà la volta di Cassino e Mirafiori, quale altra azienda ha fatto lo stesso?
Nessuno usa gli stessi toni usati per Marchionne e FIAT verso Pirelli, Telecom ed altro.
Quanti hanno usato gli stessi toni quando Alitalia è stata costretta da B. e Lega ad ingurgitare VolareWeb e AirOne?
Come mai tutti sanno di qualche (qualche) centro di ricerca FIAT e nessuno parla della cessione dei cavi di Pirelli e dei centri di ricerca chiusi da Tronchetti Provera?
Anche questi sono argomenti degni del thread sulla disinformazione.
Shaka_Zulu- Messaggi : 452
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Re: Marchionne, by the way
Marchionne ha liquidato la FIAT e con ciò che avrebbe dovuto investire in Italia è andato a salvare la Chrysler dal fallimento per un puro tornaconto della famiglia Agnelli che da tempo cercava il modo di andarsene da questo paese.
Venti anni fa, non è andata subito come avrebbe voluto Gianni Agnelli: farne uno spezzatino e vendere tutto, perché Romiti non ne era stato capace, tanto da affidarne il compito ad un giovane rampollo imparentato con la famiglia: Cantarella che di nascosto amava l'automobile ed era anche capace.
In effetti, quello spezzatino, Cantarella lo ha fatto, secondo le intenzioni di Gianni Agnelli, ma salvando dell'azienda quello che era il suo core business: concepire, produrre e vendere l'automobile, lasciando a tutti i componentisti la responsabilità dei progetti e della fabbricazione dei componenti. Così gli investimenti per modello si riducevano a un quinto.
Quando parlo di spezzatino parlo di interi settori impacchettati e ceduti ai componentisti esterni, fino alla logistica che fanno scendere la manodopera Fiat da oltre centomila persone a meno di trentamila.
Un autentico miracolo che è stato reso possibile da Cantarella che ha diretto per quella finalità milleduecento dirigenti competenti che hanno saputo costruire quel sistema industriale altamente efficiente che era la FIAT il giorno prima che fosse assunto Marchionne.
Non sto a dire di come stesse un titolo che la Famiglia Agnelli un giorno si e l'altro pure diceva che sarebbe fallito. I mercati leggevano quell'umore, quel volersene sbarazzare e non premiavano certo i titoli Fiat. Con Gianni Agnelli, proprio per dare un colpo definitivo alla Fiat, fu assunto Fresco, un manager italo americano che aveva trasformato la General Elettric in una finanziaria. Ma ancora per qualche anno, Cantarella è riuscito a imporre il suo ritmo, anche in presenza di quello scambio di azioni con GM che portavano gli Agnelli negli USA, con i loro capitali, e portavano alla chiusura Termini Imerese, Pomiliano, Arese e molti altri stabilimenti. Grazie alla crisi internazionale ed al fallimento di GM e della Chrysler, ecco che cambia la prospettiva. Entra in scena Marchionne proprio nel momento che salta l'accordo con GM, e FIAT incassa due miliardi da contratto, e Chrysler viene venduta al miglior offerente, dopo essere stata rifinanziata dal governo americano. Cantarella non vuole assistere all'eutanasia della FIAT che lui aveva in ogni modo cercato di salvare e Marchionne per comperare la Chrysler liquida la FIAT in Italia.
Il Governo Monti, ma anche il Governo Letta è stato a guardare, senza intervenire in alcun modo, il primo, Monti, dichiarando che un imprenditore può portare i suoi soldi dove vuole, ed il secondo forse, non se ne è neppure accorto di quello che stava succedendo, ed oggi abbiamo una FIAT che non si chiama più FIAT e che ha un piede nei paesi bassi, un altro in Gran Bretagna, ed i coglioni in Italia.
Ho saltato un sacco di passaggi per accorciare il discorso che è molto più complesso. Riassumendo, si può dire che Gianni Agnelli è stato il vero distruttore della Fiat, nonostante apparisse come un uomo di estremo buon senso. Romiti è stata una nullità. Soltanto Umberto Agnelli, che Gianni teneva fuori dalla FIAT, tre mesi prima che morisse (Umberto), tirò fuori dall'abisso la FIAT prima che venisse fatta precipitare dalle politiche di Gianni, Romiti e Fresco, giurando che la Famiglia Agnelli sarebbe sempre rimasta nel Business dell'auto e che non avrebbe venduto nulla. Morto lui, il disegno di Gianni, rimodificato verso Chrysler, fu ripreso e portato a termine da Marchione. E la FIAT ora in Italia, di fatto non c'è più.
Venti anni fa, non è andata subito come avrebbe voluto Gianni Agnelli: farne uno spezzatino e vendere tutto, perché Romiti non ne era stato capace, tanto da affidarne il compito ad un giovane rampollo imparentato con la famiglia: Cantarella che di nascosto amava l'automobile ed era anche capace.
In effetti, quello spezzatino, Cantarella lo ha fatto, secondo le intenzioni di Gianni Agnelli, ma salvando dell'azienda quello che era il suo core business: concepire, produrre e vendere l'automobile, lasciando a tutti i componentisti la responsabilità dei progetti e della fabbricazione dei componenti. Così gli investimenti per modello si riducevano a un quinto.
Quando parlo di spezzatino parlo di interi settori impacchettati e ceduti ai componentisti esterni, fino alla logistica che fanno scendere la manodopera Fiat da oltre centomila persone a meno di trentamila.
Un autentico miracolo che è stato reso possibile da Cantarella che ha diretto per quella finalità milleduecento dirigenti competenti che hanno saputo costruire quel sistema industriale altamente efficiente che era la FIAT il giorno prima che fosse assunto Marchionne.
Non sto a dire di come stesse un titolo che la Famiglia Agnelli un giorno si e l'altro pure diceva che sarebbe fallito. I mercati leggevano quell'umore, quel volersene sbarazzare e non premiavano certo i titoli Fiat. Con Gianni Agnelli, proprio per dare un colpo definitivo alla Fiat, fu assunto Fresco, un manager italo americano che aveva trasformato la General Elettric in una finanziaria. Ma ancora per qualche anno, Cantarella è riuscito a imporre il suo ritmo, anche in presenza di quello scambio di azioni con GM che portavano gli Agnelli negli USA, con i loro capitali, e portavano alla chiusura Termini Imerese, Pomiliano, Arese e molti altri stabilimenti. Grazie alla crisi internazionale ed al fallimento di GM e della Chrysler, ecco che cambia la prospettiva. Entra in scena Marchionne proprio nel momento che salta l'accordo con GM, e FIAT incassa due miliardi da contratto, e Chrysler viene venduta al miglior offerente, dopo essere stata rifinanziata dal governo americano. Cantarella non vuole assistere all'eutanasia della FIAT che lui aveva in ogni modo cercato di salvare e Marchionne per comperare la Chrysler liquida la FIAT in Italia.
Il Governo Monti, ma anche il Governo Letta è stato a guardare, senza intervenire in alcun modo, il primo, Monti, dichiarando che un imprenditore può portare i suoi soldi dove vuole, ed il secondo forse, non se ne è neppure accorto di quello che stava succedendo, ed oggi abbiamo una FIAT che non si chiama più FIAT e che ha un piede nei paesi bassi, un altro in Gran Bretagna, ed i coglioni in Italia.
Ho saltato un sacco di passaggi per accorciare il discorso che è molto più complesso. Riassumendo, si può dire che Gianni Agnelli è stato il vero distruttore della Fiat, nonostante apparisse come un uomo di estremo buon senso. Romiti è stata una nullità. Soltanto Umberto Agnelli, che Gianni teneva fuori dalla FIAT, tre mesi prima che morisse (Umberto), tirò fuori dall'abisso la FIAT prima che venisse fatta precipitare dalle politiche di Gianni, Romiti e Fresco, giurando che la Famiglia Agnelli sarebbe sempre rimasta nel Business dell'auto e che non avrebbe venduto nulla. Morto lui, il disegno di Gianni, rimodificato verso Chrysler, fu ripreso e portato a termine da Marchione. E la FIAT ora in Italia, di fatto non c'è più.
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Marchionne, by the way
Sono torinese e buona parte del mio entourage amicale e famigliare ha avuto a che fare con FIAT e connessi. Di questi amici, una parte ha occupato posti dirigenziali all'interno dell'azienda, per cui non parlo a vanvera, ne per generici sentiti dire. La FIAT, nonostante tutto ciò che einrix dice, nel 2004 era prossima al fallimento, ed è solo l'assunzione di Marchionne che con la sua capacità e la sua introduzione nel mondo finanziario dal quale proveniva - e nel quale ha mantenuto piedi fermi - ne è uscita e, questa volta senza aiuti a carico del contribuente italiano.
Il guaio della FIAT (parliamo del 2004), sino ad allora era stato causato dalla scarsa qualità del prodotto e dalla mancanza di un listino competitivo nelle classi medie di autoveicoli ed anche in quelle minori, listino che era vissuto sull'abbrivio dell'ultimo vero product manager che la FIAT ha avuto: Vittorio Ghidella vero manager tecnico, competente ed appassionato, poco incline a trattare diplomaticamente sottoposti e superiori. Fu sotto la sua direzione che avvenne la marcia dei 40.000 in opposizione al radicalismo sindacale; come sono state ben note alle cronache le sue polemiche nei confronti di Romiti, che non ho dubbi a considerare uno dei più scrupolosi preparatori dei disastri che avrebbero atteso l'azienda nei lustri successivi. Primo tra tutti le sue dimissioni che Gianni Agelli non poté evitare nonostante l'opinione contraria di suo fratello Umberto.
Carenza di modelli, dunque la crisi FIAT iniziata ben prima degli sfasci del 2007 quando la caduta della domanda infierì su di un corpo produttivo debole e senza difese. E dal 2007 tutto è cambiato.
La globalizzazione ha decretato che la produzione di modelli a basso costo di listino, nonostante l'incidenza del costo del lavoro sia al di sotto del 10 %, oltre ad una concorrenza insostenibile se non appoggiata su alternative produttive, non è più cosa dei paese occidentali, i quali, tuttavia, si possono rifare concentrandosi su prodotti ad alto contenuto tecnologico e qualitativo.
Per cui, con tutto il rispetto, sostenere oggi che la soluzione del problema occupazionale connesso con la ex FIAT è la nazionalizzazione è semplicemente risibile. Se si vuole investire in produzione compatibili con i mercati globali, si investa in siderurgia espropriando la proprietà a chi ha affossato l'ILVA, in settori strategici per tutta l'industria metalmeccanica nazionale presente e futura, non in una fabbrica dove le sinergie, l'interscambio di esperienze, l'assunzione di piattaforme comuni, i risparmi di "scala" e le visioni di mercato ottenibili con la struttura della attuale FCA, un'industria nazionalizzata (in Italia, poi) non potrebbe sognarsi mai.
Il guaio della FIAT (parliamo del 2004), sino ad allora era stato causato dalla scarsa qualità del prodotto e dalla mancanza di un listino competitivo nelle classi medie di autoveicoli ed anche in quelle minori, listino che era vissuto sull'abbrivio dell'ultimo vero product manager che la FIAT ha avuto: Vittorio Ghidella vero manager tecnico, competente ed appassionato, poco incline a trattare diplomaticamente sottoposti e superiori. Fu sotto la sua direzione che avvenne la marcia dei 40.000 in opposizione al radicalismo sindacale; come sono state ben note alle cronache le sue polemiche nei confronti di Romiti, che non ho dubbi a considerare uno dei più scrupolosi preparatori dei disastri che avrebbero atteso l'azienda nei lustri successivi. Primo tra tutti le sue dimissioni che Gianni Agelli non poté evitare nonostante l'opinione contraria di suo fratello Umberto.
Carenza di modelli, dunque la crisi FIAT iniziata ben prima degli sfasci del 2007 quando la caduta della domanda infierì su di un corpo produttivo debole e senza difese. E dal 2007 tutto è cambiato.
La globalizzazione ha decretato che la produzione di modelli a basso costo di listino, nonostante l'incidenza del costo del lavoro sia al di sotto del 10 %, oltre ad una concorrenza insostenibile se non appoggiata su alternative produttive, non è più cosa dei paese occidentali, i quali, tuttavia, si possono rifare concentrandosi su prodotti ad alto contenuto tecnologico e qualitativo.
Per cui, con tutto il rispetto, sostenere oggi che la soluzione del problema occupazionale connesso con la ex FIAT è la nazionalizzazione è semplicemente risibile. Se si vuole investire in produzione compatibili con i mercati globali, si investa in siderurgia espropriando la proprietà a chi ha affossato l'ILVA, in settori strategici per tutta l'industria metalmeccanica nazionale presente e futura, non in una fabbrica dove le sinergie, l'interscambio di esperienze, l'assunzione di piattaforme comuni, i risparmi di "scala" e le visioni di mercato ottenibili con la struttura della attuale FCA, un'industria nazionalizzata (in Italia, poi) non potrebbe sognarsi mai.
Adam- Messaggi : 609
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Re: Marchionne, by the way
Volevo aggiungere che la FIAT in Italia non c'è più, come non c'è più la Chrysler a Detroit, ma ci sono eccome e ci saranno, nella misura in cui gli stabilimenti esistenti, qui come negli USA, continueranno a produrre buone automobili.
Quanto alle osservazioni di Cireno, che non compra più le macchine prodotte dalla FCA, vorrò vedere, ammesso che i listini dei prossimi mesi gli offrano un prodotto che gradirà, se manterrà la sua decisione. Io, che viaggio in Mercedes e in Panda la scelta l'ho sempre fatta secondo la mia convenienza e della mia torinesità mi vanto quando constato che la Panda è una grande piccola macchina, così come mi compiaccio della Mercedes C 200 CDI sulla quale viaggio da dio.
Se a Londra paga meno tasse, se in Olanda ci sono meno pastoie burocratiche, perché, non essendo masochista, dovrebbe mantenere in Italia sede e Direzione? A me pare importante che in Italia paghi le tasse per ciò che producono i suoi stabilimenti italiani e che in Italia permangano gli uffici studi che a Torino, per esempio, hanno già avuto conferme al riguardo. Per il resto vada e faccia ciò che più gli aggrada, a me che me ne importa.
Quanto alle osservazioni di Cireno, che non compra più le macchine prodotte dalla FCA, vorrò vedere, ammesso che i listini dei prossimi mesi gli offrano un prodotto che gradirà, se manterrà la sua decisione. Io, che viaggio in Mercedes e in Panda la scelta l'ho sempre fatta secondo la mia convenienza e della mia torinesità mi vanto quando constato che la Panda è una grande piccola macchina, così come mi compiaccio della Mercedes C 200 CDI sulla quale viaggio da dio.
Se a Londra paga meno tasse, se in Olanda ci sono meno pastoie burocratiche, perché, non essendo masochista, dovrebbe mantenere in Italia sede e Direzione? A me pare importante che in Italia paghi le tasse per ciò che producono i suoi stabilimenti italiani e che in Italia permangano gli uffici studi che a Torino, per esempio, hanno già avuto conferme al riguardo. Per il resto vada e faccia ciò che più gli aggrada, a me che me ne importa.
Adam- Messaggi : 609
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Re: Marchionne, by the way
1.
"La FIAT, nonostante tutto ciò che einrix dice, nel 2004 era prossima al fallimento, ed è solo l'assunzione di Marchionne che con la sua capacità e la sua introduzione nel mondo finanziario dal quale proveniva - e nel quale ha mantenuto piedi fermi - ne è uscita e, questa volta senza aiuti a carico del contribuente italiano."
Questa è la più grossa palla che i tuoi amici ti abbiano potuto raccontare. Non me ne meraviglio, molti hanno solo lavorato senza neppure rendersi conto di come andavano veramente le cose.
Quando parli di Ghidella poi, ti sfugge che nel 2004 lui è fuori da quattordici anni, e se ne va, perché Agnelli chiede a Romiti sina dal 1990 di disfarsi della FIAT.
Ghidella nasce nell'area della produzione che storicamente è sempre stata più forte dell'area di progettazione, con il limite che la produzione semplifica i prodotti dal punto di vista del processo produttivo, ed anche dal contenuto di prodotto. Le FIAT erano anche macchine di quel tipo proprio per la carenza nei settori dello stile e della progettazione. Spesso era la produzione che imbastiva in qualche pilota il prototipo della vettura che voleva produrre e diceva alla progettazione: - disegnacela così. In Alfa certe cose erano inconcepibili, perché era la progettazione che dettava il prodotto ed i suoi contenuti. Era meglio sotto l'aspetto dell'innovazione di prodotto, ma poteva penalizzare la produzione. Solo negli ultimi anni di Cantarella la gestione del prodotto veniva condivisa da Progetto, fabbrica e vendite, che è il modo migliore per avere un prodotto bilanciato che rispetti le logiche del mercato, le esigenze di innovazione del prodotto e del processo produttivo.
Con questo voglio dire che Ghidella in quegli anni era un uomo di punta della FIAT, pur senza essere un uomo eccezionale. Quello lo si è visto quando con innumerevoli miliardi (di lire) della liquidazione-pensione, in pochi anni è fallito e quasi rischia di andare in galera.
Non so come mai debbano nascere queste favole metropolitane, e pensare che a Torino c'erano molte decine di migliaia di persone che vivevano quella realtà. Come potevano avere idee così distorte al riguardo.
La Fiat stava fallendo perché il vero criminale, Gianni Agnelli, ha fatto di tutto per assassinarla. Morto lui nel Gennaio 2003, suo fratello Umberto, in poche settimane ha cambiato le prospettive, dichiarando che la famiglia Agnelli non avrebbe abbandonato il settore Auto. Poi purtroppo, a maggio del 2004 è morto anche lui. Marchionne entra nel consiglio di amministrazione di FIAT nel 2003, è amministratore delegato un mese dopo la morte di Umberto nel 2004, e così cambia anche la politica della famiglia, che torna ad essere quella di Giovanni il Dandy.
Cantarella, che era stato il vero artefice della trasformazione della FIAT - negli anni '90 - fu liquidato da Gianni Agnelli nel 2002. La spina nel fianco di Cantarella, è Fresco, presidente della FIAT dal '98 alla morte di Gianni, suo grande amico. Questo aveva già trasformato in finanziaria la General Elettric, distruggendo una industria manifatturiera, e Gianni gli aveva chiesto di fare la stessa cosa anche con la FIAT. Infatti la vende alla GM non per caso (per quello Cantarella sconfitto insieme alla FIAT e Torino, se ne va), e se la cosa non va in porto è perché GM è vicina al fallimento.
Tu parli di una FIAT che nel 2004 sta per fallire, ma se era già stata venduta, e se dal fallimento GM incassa due miliardi, di cosa parlano i tuoi amici. Marchionne eredita una società automobilistica altamente efficiente, dimagrita, veloce nelle scelte, con discreta tecnologia e con in mano il core business intatto. Marchionne aveva due possibilità, o investire i soldi FIAT negli USA o investirli in Europa, in Italia. Li ha investiti negli USA, sottraendoli a noi tutti, come un qualsiasi ladro.
Di dirigenti FIAT ne conosco quanti ne vuoi, da Cantarella in giù, per avere lavorato con loro quattordici anni. Bravi tecnici ma pessimi personaggi sodomizzati da una società che aveva una organizzazione militare. Quasi mai erano buoni colleghi, a differenza del clima che c'era in Alfa dove era ben altro rapporto professionale e di amicizia a tutti i livelli. E non sto ad aggiungere altro. Andai in pensione nel 2000 (insieme ad altri seicento dirigenti, avendo maturato i 35 anni necessari), perché quelle erano le condizioni del contratto di vendita della FIAT alla GM. E quello, fu davvero l'atto di eutanasia di una azienda, compiuto da Gianni Agnelli, e da Fresco, che non andò in porto solo grazie al fallimento della GM.
2.
"Per cui, con tutto il rispetto, sostenere oggi che la soluzione del problema occupazionale connesso con la ex FIAT è la nazionalizzazione è semplicemente risibile. Se si vuole investire in produzione compatibili con i mercati globali, si investa in siderurgia espropriando la proprietà a chi ha affossato l'ILVA, in settori strategici per tutta l'industria metalmeccanica nazionale presente e futura, non in una fabbrica dove le sinergie, l'interscambio di esperienze, l'assunzione di piattaforme comuni, i risparmi di "scala" e le visioni di mercato ottenibili con la struttura della attuale FCA, un'industria nazionalizzata (in Italia, poi) non potrebbe sognarsi mai."
Concordo con te ed anche per ragioni diverse dalle tue sulla nazionalizzazione, che è una grande cretinata, qui parli solo di principi generali, roba da manuali, ma la realtà nel settore auto specie in Italia era diversa. Per vetture di larga diffusione, non c'era alcun bisogno di fare sinergie che andassero fuori dai tre marchi, e per le vetture a minor diffusione da venti o trentamila unità per anno, comunque le sinergie erano costituite dal modo Cantarella di fare l'automobile. Ho provato ad accennartene, ma vedo che non è bastato dirti che l'investimento è stato ridotta ad un quinto, e che la componentistica poteva interessare qualunque componente, telaio, motore e cambio compresi. Col tuo manuale avrebbe dovuto fallire la FIAT, non la GM o la Chrysler, e invece la Crysler è uscita dal fallimento proprio grazie agli investimenti finanziari, umani e di prodotto della FIAT che si è dissanguata e muore proprio per quello.
E' preoccupante che neanche a Torino siate capaci di conoscere la verità che sta un muro oltre la siepe. Ma che cosa avete fatto in tutti questi anni, avete dormito?
"La FIAT, nonostante tutto ciò che einrix dice, nel 2004 era prossima al fallimento, ed è solo l'assunzione di Marchionne che con la sua capacità e la sua introduzione nel mondo finanziario dal quale proveniva - e nel quale ha mantenuto piedi fermi - ne è uscita e, questa volta senza aiuti a carico del contribuente italiano."
Questa è la più grossa palla che i tuoi amici ti abbiano potuto raccontare. Non me ne meraviglio, molti hanno solo lavorato senza neppure rendersi conto di come andavano veramente le cose.
Quando parli di Ghidella poi, ti sfugge che nel 2004 lui è fuori da quattordici anni, e se ne va, perché Agnelli chiede a Romiti sina dal 1990 di disfarsi della FIAT.
Ghidella nasce nell'area della produzione che storicamente è sempre stata più forte dell'area di progettazione, con il limite che la produzione semplifica i prodotti dal punto di vista del processo produttivo, ed anche dal contenuto di prodotto. Le FIAT erano anche macchine di quel tipo proprio per la carenza nei settori dello stile e della progettazione. Spesso era la produzione che imbastiva in qualche pilota il prototipo della vettura che voleva produrre e diceva alla progettazione: - disegnacela così. In Alfa certe cose erano inconcepibili, perché era la progettazione che dettava il prodotto ed i suoi contenuti. Era meglio sotto l'aspetto dell'innovazione di prodotto, ma poteva penalizzare la produzione. Solo negli ultimi anni di Cantarella la gestione del prodotto veniva condivisa da Progetto, fabbrica e vendite, che è il modo migliore per avere un prodotto bilanciato che rispetti le logiche del mercato, le esigenze di innovazione del prodotto e del processo produttivo.
Con questo voglio dire che Ghidella in quegli anni era un uomo di punta della FIAT, pur senza essere un uomo eccezionale. Quello lo si è visto quando con innumerevoli miliardi (di lire) della liquidazione-pensione, in pochi anni è fallito e quasi rischia di andare in galera.
Non so come mai debbano nascere queste favole metropolitane, e pensare che a Torino c'erano molte decine di migliaia di persone che vivevano quella realtà. Come potevano avere idee così distorte al riguardo.
La Fiat stava fallendo perché il vero criminale, Gianni Agnelli, ha fatto di tutto per assassinarla. Morto lui nel Gennaio 2003, suo fratello Umberto, in poche settimane ha cambiato le prospettive, dichiarando che la famiglia Agnelli non avrebbe abbandonato il settore Auto. Poi purtroppo, a maggio del 2004 è morto anche lui. Marchionne entra nel consiglio di amministrazione di FIAT nel 2003, è amministratore delegato un mese dopo la morte di Umberto nel 2004, e così cambia anche la politica della famiglia, che torna ad essere quella di Giovanni il Dandy.
Cantarella, che era stato il vero artefice della trasformazione della FIAT - negli anni '90 - fu liquidato da Gianni Agnelli nel 2002. La spina nel fianco di Cantarella, è Fresco, presidente della FIAT dal '98 alla morte di Gianni, suo grande amico. Questo aveva già trasformato in finanziaria la General Elettric, distruggendo una industria manifatturiera, e Gianni gli aveva chiesto di fare la stessa cosa anche con la FIAT. Infatti la vende alla GM non per caso (per quello Cantarella sconfitto insieme alla FIAT e Torino, se ne va), e se la cosa non va in porto è perché GM è vicina al fallimento.
Tu parli di una FIAT che nel 2004 sta per fallire, ma se era già stata venduta, e se dal fallimento GM incassa due miliardi, di cosa parlano i tuoi amici. Marchionne eredita una società automobilistica altamente efficiente, dimagrita, veloce nelle scelte, con discreta tecnologia e con in mano il core business intatto. Marchionne aveva due possibilità, o investire i soldi FIAT negli USA o investirli in Europa, in Italia. Li ha investiti negli USA, sottraendoli a noi tutti, come un qualsiasi ladro.
Di dirigenti FIAT ne conosco quanti ne vuoi, da Cantarella in giù, per avere lavorato con loro quattordici anni. Bravi tecnici ma pessimi personaggi sodomizzati da una società che aveva una organizzazione militare. Quasi mai erano buoni colleghi, a differenza del clima che c'era in Alfa dove era ben altro rapporto professionale e di amicizia a tutti i livelli. E non sto ad aggiungere altro. Andai in pensione nel 2000 (insieme ad altri seicento dirigenti, avendo maturato i 35 anni necessari), perché quelle erano le condizioni del contratto di vendita della FIAT alla GM. E quello, fu davvero l'atto di eutanasia di una azienda, compiuto da Gianni Agnelli, e da Fresco, che non andò in porto solo grazie al fallimento della GM.
2.
"Per cui, con tutto il rispetto, sostenere oggi che la soluzione del problema occupazionale connesso con la ex FIAT è la nazionalizzazione è semplicemente risibile. Se si vuole investire in produzione compatibili con i mercati globali, si investa in siderurgia espropriando la proprietà a chi ha affossato l'ILVA, in settori strategici per tutta l'industria metalmeccanica nazionale presente e futura, non in una fabbrica dove le sinergie, l'interscambio di esperienze, l'assunzione di piattaforme comuni, i risparmi di "scala" e le visioni di mercato ottenibili con la struttura della attuale FCA, un'industria nazionalizzata (in Italia, poi) non potrebbe sognarsi mai."
Concordo con te ed anche per ragioni diverse dalle tue sulla nazionalizzazione, che è una grande cretinata, qui parli solo di principi generali, roba da manuali, ma la realtà nel settore auto specie in Italia era diversa. Per vetture di larga diffusione, non c'era alcun bisogno di fare sinergie che andassero fuori dai tre marchi, e per le vetture a minor diffusione da venti o trentamila unità per anno, comunque le sinergie erano costituite dal modo Cantarella di fare l'automobile. Ho provato ad accennartene, ma vedo che non è bastato dirti che l'investimento è stato ridotta ad un quinto, e che la componentistica poteva interessare qualunque componente, telaio, motore e cambio compresi. Col tuo manuale avrebbe dovuto fallire la FIAT, non la GM o la Chrysler, e invece la Crysler è uscita dal fallimento proprio grazie agli investimenti finanziari, umani e di prodotto della FIAT che si è dissanguata e muore proprio per quello.
E' preoccupante che neanche a Torino siate capaci di conoscere la verità che sta un muro oltre la siepe. Ma che cosa avete fatto in tutti questi anni, avete dormito?
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Marchionne, by the way
Aspettavamo te, depositario di tutte le verità, che ce la venissi a raccontare. Buona notte neh...
Adam- Messaggi : 609
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Re: Marchionne, by the way
L'unica buona ragione per occuparsi di un'azienda straniera, qual è la Fiat, è che mantiene forse un paio di stabilimenti in Italia: a patto naturalmente che non gli rompiamo i coglioni con le solite pretese sindacali.
Rom- Messaggi : 996
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Re: Marchionne, by the way
Adam ha scritto:Aspettavamo te, depositario di tutte le verità, che ce la venissi a raccontare. Buona notte neh...
Voi torinesi siete un po tutti dipendenti FIAT, e visto che adesso c'è Marchionne, Viva marchionne.
Da Milano le cose si vedevano e si vedono molto meglio, e lo spettacolo è disastroso proprio grazie a Gianni Agnelli, a Romiti e a Marchionne. Gli unici che a quel livello hanno lottato contro questo sfacelo, sono stati Ghidella, Cantarella e Umberto Agnelli, ma hanno perso, anche perché i torinesi (parlo di tutti, da funzionario in su) non avevano quel giusto amor proprio ed erano entrati troppo come vassalli ubbidienti, in quel sistema feudale che sempre è stata la FIAT.
Un giorno si doveva prendere una decisione in presenza di Cantarella, mi opposi e quella decisione non fu presa, in quel momento. Il mio direttore, un FIAT fatto con lo stampino, per evitare di supportare la mia decisione, per paure di carriera, se ne stava nascosto dietro una colonna, appoggiato ad un muro. Eravamo ad Arese, in un ampio locale della produzione. Nel pomeriggio, in mia assenza, la decisione fu presa lo stesso, contro il mio parere. Alla fine, quella scelta sbagliata di Cantarella (anche Cantarella seppur bravo non era infallibile, ma era temuto, quindi nessuno gli dava contro) costò venti miliardi (di lire) - il progetto e la sperimentazione costavano cento venti miliardi, altri venti miliardi di avvio produttivo, non erano quisquiglie. Naturalmente pur essendo io il responsabile di quel progetto, nessuno me ne chiese conto, sapendo come erano andate le cose. Ma quello dell'appiattimento sulle decisioni dei superiori, e di un conformismo che andasse oltre il ruolo, fu la prima cosa che mi colpì, sin dai primi anni della gestine FIAT dell'Alfa, dall''86.
Quando andavo a rapporto insieme agli altri miei colleghi, dovendo fare una sportiva aperta con il telaio della Tipo, ero sempre pronto a chiedere modifiche e rinforzi necessari e indispensabili, altrimenti quel pianale non sarebbe stato in piedi né con le motorizzazioni quattro cilindri, né con quelle sei cilindri, mentre in quegli stessi giorni, un altro collega (è ancora un buon amico) portava come trofeo della sua bravura, delle unificazione di parafango che avrebbero fatto sembrare un'Alfa alla Tempra Fiat - come size impression - essendo quello lo stesso elemento troppo caratteristico. E il direttore, una figura scialba e allineata, lo guardava annuendo, tutto soddisfatto per quelle unificazioni da quattro soldi che snaturavano uno stile. Ricordo quando, a cose ormai fatte, l'allora amministratore dell'Alfa-Lancia, chiese quasi all'ultimo, di cambiare almeno la fanaleria posteriore, che stavano quasi unificando pure quella.
L'ultima mi capitò pochi mesi prima di andare in pensione. Stavo collaborando con uno stilista dell'area torinese all'allestimento di una vettura speciale per un personaggio speciale. Al mio capo, che era una delle prime linee di comando in FIAT, dissi che una certa cosa non la si poteva fare, ma lui, per farsi bello (questa necessità di farsi belli era molto comune nell'ambiente FIAT, non altrettanto lo era in Alfa, con gente molto più schietta e diretta), l'aveva già venduta a Cantarella e quindi occorreva farla lo stesso. La facemmo, ma come prevedevo la soluzione fu un vero disastro . La responsabilità non era mia, ma di quello stilista che si beccò alcuni miliardi, sempre di lire. Quando venne il giorno della consegna dell'auto, la sera prima, verso le ventidue, arrivò Cantarella, con un codazzo di personaggi che sembravano una corte felliniana (li Cantarella mi fece una brutta impressione). Gli operai e gli impiegati che si trovavano nella show room, al suo ingresso, allargandosi, fecero ala (siamo sempre in un film di Fellini). Dopo aver girato attorno alla vettura: esteriormente bellissima, rivolto tra me ed il mio capo chiese se c'erano problemi. Fu a quel punto, forse un istante prima, che sentii arrivarmi un calcio negli stinchi, per paura che parlassi e dicessi come stavano davvero le cose. Il mio capo, subito rispose con una sicurezza che era una sua caratteristica: - nessun problema, tutto a posto. E come spesso accadeva, non era vero. Inorridivo, stavo male in quelle circostanze, ma quella volta davvero non potevo fare e dire nulla. Lì c'era gente - operai e impiegati - che negli ultimi tre giorni avevano dormito solo qualche ora, buttati da qualche parte, in officina, facendo tanto straordinario che altrove sarebbe stato impensabile, e per amore del proprio lavoro, per rispettare i tempi di consegna, ancor prima di pensare al guadagno.
Che non corressero buoni rapporti tra Umberto e Giovanni, almeno sulla conduzione della FIAT, me lo raccontava negli USA un grosso personaggio FIAT che lavorava proprio li, nell'area di Detroit. Lo incontravo da un paio d'anni perchè un fornitore stava sviluppando un grosso progetto per la mia vettura, e lui faceva da tramite. Mi diceva: - Umberto quando viene negli USA viene a trovarmi e mi chiede di raccontargli come stiano le cose in FIAT, perché a Torino non gli dicono niente, lo tengono lontano ed all'oscuro di tutto. Siccome siamo conoscenti, quasi amici, gli dico quello che so, quello che posso. Si capisce allora del perché alla morte del fratello Giovanni, lui abbia preso in mano le redini a quel modo, cercando di sterzare sulla politica della FIAT, e se non c'è riuscito è perché è morto solo un anno dopo, e con un processo che orami si era spinto troppo avanti, essendo stati venduti molti settori della componentistica, e la FIAT stessa alla GM.
Quello che mi fa meraviglia Adam è che tu pur vivendo a Torino e vantando amicizie tra dirigenti della FIAT abbia dichiarato che nel '2004 Marchionne abbia salvato la FIAT dal fallimento. Come ho già detto altre tre volte, ed è li che avresti dovuto rispondere, altro che "aspettavamo te depositario": - come poteva fallire una azienda che era già stata venduta alla GM. Ma sai almeno di cosa stai parlando?
Ultima modifica di einrix il Gio 27 Nov 2014, 09:13 - modificato 2 volte.
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Marchionne, by the way
Molto interessante quello che hai scritto, Einrix!
afam- Messaggi : 262
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Re: Marchionne, by the way
afam ha scritto:Molto interessante quello che hai scritto, Einrix!
Grazie afam. Di solito evito di raccontare della mia vita professionale, preferendo generalizzare, ma quando ti danno del depositario delle verità, poi devi dire che c'eri, specie se contavi.
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Marchionne, by the way
Del degrado di prodotto Fiat-Alfa ce ne siamo accorti anche da Roma, e anche stando al di fuori.
Ma non provo nemmeno a fare la storia di questa consapevolezza, perché ho già sperimentato cosa significa discuterne con chi ha partecipato al disastro: un giovane guerrigliero di ottima famiglia, che giocava a fare l'anarchico bohemien, studente di Economia, prima di tagliarsi i capelli, mettersi in cravatta di seta e doppiopetto grigio, destinazione Torino.
Ma non provo nemmeno a fare la storia di questa consapevolezza, perché ho già sperimentato cosa significa discuterne con chi ha partecipato al disastro: un giovane guerrigliero di ottima famiglia, che giocava a fare l'anarchico bohemien, studente di Economia, prima di tagliarsi i capelli, mettersi in cravatta di seta e doppiopetto grigio, destinazione Torino.
Rom- Messaggi : 996
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Re: Marchionne, by the way
Rom, la FIAT faceva macchine popolari, le uniche che nel nostro paese un po arretrato potessero consentire i grandi numeri. In Francia e Germania, le cose andavano meglio,ed anche le vetture ne subivano la tendenza.
L'Alfa aveva buoni motori e migliori meccaniche, ma come carrozzeria e abbigliamento interno non era un grosso competitore per la FIAT. Ma con le vetture scattanti e sportive ha sempre avuto un nome in Europa e nel mondo. Nel complesso, le macchine italiane non avevano un grosso mercato estero, specie le FIAT molto meno conosciute delle Alfa Romeo. Servivano abbastanza bene alla motorizzazione del nostro mercato interno.
Qualche stilista, come Pinin Farina, Zagato e Bertone erano da tempo sulla breccia, e poi alla fine degli anni sessanta si aggiunse anche Giugiaro. Hanno aiutato molto a far crescere la linea di molte macchine, creando linee sportive che al vertice avevano le Ferrari e le monovolume di seconda generazione, che iniziarono con la Uno. Ma negli anni settanta, le vetture italiane avevano cinque difetti nel periodo di garanzia, quelle tedesche tre, e le giapponesi che iniziavano da poco ad essere commercializzate in Europa, di difetti ne avevano due. Alla fine del secolo, seppure percentualmente quelle differenze rimanessero ancora, i difetti delle macchine italiane erano scesi sotto l'unità, quelli tedeschi appena un po meno, e vicini allo zero erano i difetti delle giapponesi. Insomma, le avarie non erano più un problema e l'affidabilità aveva raggiunto un livello quasi assoluto. Oggi è facile trovare macchine italiane che fanno duecentocinquantamila chilometri, con la manutenzione ordinaria.
In un secolo vi è stata una evoluzione dell'auto pari a quella dell'uomo in centomila anni.
Tra le cose che hanno migliorato decisamente l'auto è stato il disegno col computer, e la bizincatura delle lamiere, oltre che la soluzione di tutti i problemi cinematici e strutturali degli organi meccanici.
Per l'auto avrei voluto che l'intelligenza artificiale nascesse nel nostro paese. Lo si poteva fare, ma non è andata così. Una certa automazione avrebbe fatto compiere un balzo immenso al settore trasporto delle nostre manifatture. E invece siamo in ritardo anche in un settore che padroneggiavamo abbastanza bene, per insipienza, per mancanza di coraggio, per avere scelto la via più semplice, da parte di proprietari che hanno avuto un culo grandissimo per sopravvivere al di la della loro stessa volontà-aspettativa.
L'Alfa aveva buoni motori e migliori meccaniche, ma come carrozzeria e abbigliamento interno non era un grosso competitore per la FIAT. Ma con le vetture scattanti e sportive ha sempre avuto un nome in Europa e nel mondo. Nel complesso, le macchine italiane non avevano un grosso mercato estero, specie le FIAT molto meno conosciute delle Alfa Romeo. Servivano abbastanza bene alla motorizzazione del nostro mercato interno.
Qualche stilista, come Pinin Farina, Zagato e Bertone erano da tempo sulla breccia, e poi alla fine degli anni sessanta si aggiunse anche Giugiaro. Hanno aiutato molto a far crescere la linea di molte macchine, creando linee sportive che al vertice avevano le Ferrari e le monovolume di seconda generazione, che iniziarono con la Uno. Ma negli anni settanta, le vetture italiane avevano cinque difetti nel periodo di garanzia, quelle tedesche tre, e le giapponesi che iniziavano da poco ad essere commercializzate in Europa, di difetti ne avevano due. Alla fine del secolo, seppure percentualmente quelle differenze rimanessero ancora, i difetti delle macchine italiane erano scesi sotto l'unità, quelli tedeschi appena un po meno, e vicini allo zero erano i difetti delle giapponesi. Insomma, le avarie non erano più un problema e l'affidabilità aveva raggiunto un livello quasi assoluto. Oggi è facile trovare macchine italiane che fanno duecentocinquantamila chilometri, con la manutenzione ordinaria.
In un secolo vi è stata una evoluzione dell'auto pari a quella dell'uomo in centomila anni.
Tra le cose che hanno migliorato decisamente l'auto è stato il disegno col computer, e la bizincatura delle lamiere, oltre che la soluzione di tutti i problemi cinematici e strutturali degli organi meccanici.
Per l'auto avrei voluto che l'intelligenza artificiale nascesse nel nostro paese. Lo si poteva fare, ma non è andata così. Una certa automazione avrebbe fatto compiere un balzo immenso al settore trasporto delle nostre manifatture. E invece siamo in ritardo anche in un settore che padroneggiavamo abbastanza bene, per insipienza, per mancanza di coraggio, per avere scelto la via più semplice, da parte di proprietari che hanno avuto un culo grandissimo per sopravvivere al di la della loro stessa volontà-aspettativa.
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Marchionne, by the way
Le Fiat degli anni '60, inizio '70, erano complessivamnte migliori o uguali alle francesi, tedesche e inglesi, nelle categorie inferiori: la miserevole Simca 1000, la NSU Prinz, l'Anglia, tanto per fare un esempio, erano tristissime e, specialmente le inglesi, motorizzate con motori a corsa lunga, aste e bilanceri, vecchi non meno dei 1100 - 1300 Fiat.
La stessa Mini - così come le MG piccole - nella versione Innocenti erano nettamente migliorate, sebbene usassero la stessa meccanica inglese.
I nostri carrozzieri non erano solo esistenti e genricamente operanti, ma erano ai vertici in Europa: l'Aston Martin più bella fu di Zagato.
La Lancia è un caso speciale: diciamo che era l'equivalente della Rover o della Peugeot, come immagine, con modelli sicuramnte più belli esteticamente e meno affidabili meccanicamnte, anche a causa della tendenza sperimentale degli ingegneri.
L'Alfa non aveva niente da invidiare alla BMW, e nemmeno alla Porsche (allora limitata al 1600 e 2000 cc), sia sul piano dei successi sportivi, sia nella considerazione degli appassionati, anche all'estero. La Giulietta spider forse la più bella sportiva di quegli anni, così come la Sprint, poi la GT.
Quella che è mancato all'industria italiana è stata una buona strategia.
La Fiat fece allora, nel periodo di massima motorizzazione, la scelta di dedicarsi soprattutto alle utilitarie, concordando con la politica un regime fiscale che penalizzava le cilindrate superiori ai 2000 cc - con ciò indirizzando tutta la produzione italiana, che non ha più sviluppato modelli e motori di gamma alta, di grande produzione.
Questo è stato fatale soprattutto per l'Alfa e la Lancia, che dagli anni '70 in poi hanno dovuto non solo scontare una debolissima presenza commerciale all'estero, ma anche la concorrenza tecnica di BMW, Porsche e Mercedes, e delle inglesi, che potevano offrire modelli con motorizzazioni adeguate.
Per francesi e inglesi, poi, bisogna mettere nel conto i mercati d'oltremare.
Gli anni '70 sono stati il buco nero della nostra industria automobilistica, che è riuscita a imboccare tutte le strade sbagliate possibili, oltre quelle già citate, accompagnado gli errori tecnici e stilistici con errori di marketing e scelte aziendali, la Fiat in testa, seguita a ruota da Lancia e Alfa, già prima che fossero assorbite dalla Fiat stessa.
Anni '70, per altro, che sono stati anni grigi per tutti, in Europa, con modelli probabilmente i più brutti di sempre: gli altri però ne sono usciti con gamme rinnovate e design moderni, mentre il gruppo Fiat-Alfa-Lancia si è ritrovato improvvisamente di fronte all'evidenza della propria vecchiezza: le Giulietta a coda tronca, le Lancia Thema, le Alfa 164, le 131, le Lancia Beta sono riuscite a fare un po' di mercato grazie agli affezionati, ma il tempo del 67% di volume-vendite italiane alla Fiat era ormai lontani anni luce, e la corsa di francesi e tedeschi, e giapponesi, irragiungibile.
L'idea che mi sono fatto è che, in quel decennio, non solo in Fiat, si sia verificata una mutazione culturale: non so quale aspetto tale mutazione abbia preso sul piano strettamnte tecnologico e ingegneristico, e di politiche aziendali, ma ne vedo i risultati per quanto riguarda l'estetica e quella che possiamo chiamare la "coscienza di sè" che un grande ramo industriale deve certamente avere.
La stessa Mini - così come le MG piccole - nella versione Innocenti erano nettamente migliorate, sebbene usassero la stessa meccanica inglese.
I nostri carrozzieri non erano solo esistenti e genricamente operanti, ma erano ai vertici in Europa: l'Aston Martin più bella fu di Zagato.
La Lancia è un caso speciale: diciamo che era l'equivalente della Rover o della Peugeot, come immagine, con modelli sicuramnte più belli esteticamente e meno affidabili meccanicamnte, anche a causa della tendenza sperimentale degli ingegneri.
L'Alfa non aveva niente da invidiare alla BMW, e nemmeno alla Porsche (allora limitata al 1600 e 2000 cc), sia sul piano dei successi sportivi, sia nella considerazione degli appassionati, anche all'estero. La Giulietta spider forse la più bella sportiva di quegli anni, così come la Sprint, poi la GT.
Quella che è mancato all'industria italiana è stata una buona strategia.
La Fiat fece allora, nel periodo di massima motorizzazione, la scelta di dedicarsi soprattutto alle utilitarie, concordando con la politica un regime fiscale che penalizzava le cilindrate superiori ai 2000 cc - con ciò indirizzando tutta la produzione italiana, che non ha più sviluppato modelli e motori di gamma alta, di grande produzione.
Questo è stato fatale soprattutto per l'Alfa e la Lancia, che dagli anni '70 in poi hanno dovuto non solo scontare una debolissima presenza commerciale all'estero, ma anche la concorrenza tecnica di BMW, Porsche e Mercedes, e delle inglesi, che potevano offrire modelli con motorizzazioni adeguate.
Per francesi e inglesi, poi, bisogna mettere nel conto i mercati d'oltremare.
Gli anni '70 sono stati il buco nero della nostra industria automobilistica, che è riuscita a imboccare tutte le strade sbagliate possibili, oltre quelle già citate, accompagnado gli errori tecnici e stilistici con errori di marketing e scelte aziendali, la Fiat in testa, seguita a ruota da Lancia e Alfa, già prima che fossero assorbite dalla Fiat stessa.
Anni '70, per altro, che sono stati anni grigi per tutti, in Europa, con modelli probabilmente i più brutti di sempre: gli altri però ne sono usciti con gamme rinnovate e design moderni, mentre il gruppo Fiat-Alfa-Lancia si è ritrovato improvvisamente di fronte all'evidenza della propria vecchiezza: le Giulietta a coda tronca, le Lancia Thema, le Alfa 164, le 131, le Lancia Beta sono riuscite a fare un po' di mercato grazie agli affezionati, ma il tempo del 67% di volume-vendite italiane alla Fiat era ormai lontani anni luce, e la corsa di francesi e tedeschi, e giapponesi, irragiungibile.
L'idea che mi sono fatto è che, in quel decennio, non solo in Fiat, si sia verificata una mutazione culturale: non so quale aspetto tale mutazione abbia preso sul piano strettamnte tecnologico e ingegneristico, e di politiche aziendali, ma ne vedo i risultati per quanto riguarda l'estetica e quella che possiamo chiamare la "coscienza di sè" che un grande ramo industriale deve certamente avere.
Rom- Messaggi : 996
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Re: Marchionne, by the way
I miei ricordi partono dal '71, un anno partito abbastanza bene. In Alfa si stavano costruendo gli stabilimenti di Pomiliano e di Arese. La gelata la si è avuta subito con la prima crisi petrolifera, nel '73, che si acuisce nel '75 e che viene rilanciata intorno all'80 con la prima guerra irachena. Noi nell''80, dopo aver frenato gli investimenti nel quinquennio precedente abbiamo fatto una grossa ristrutturazione che ha congelato l'esistente, alla ricerca di un compratore negli anni successivi (la FIAT compera l'Alfa nell'86). Da allora è stato solo galleggiamento. E' da allora che il paese è in crisi, ed è da allora che tutti i problemi strutturali della nostra economia, si sono incancreniti, anche se molti pensano che tutto sia iniziato solo negli anni duemila. Ho visto con i miei occhi come è decellerato tutto il sistema produttivo, fino alla chiusura dell'Alfa e la vendita della FIAT per comperarsi una industria negli USA.
Surace, che era il capo della Ricerca e Sviluppo dell'Alfa, all'inizio degli anni '80, aveva presentato all'IRI i piani per rifare motori e pianali per nuove vetture competitive. Fu bocciato e accantonato, ed al posto delle nuove vetture si fecero la 75 e la 90 come rifacimenti delle vetture precedenti (Alfetta). Capimmo allora, nell'81 che tutto ormai era perduto. Poi abbiamo continuato solo per forza di inerzia, come sta andando avanti il paese, adesso, con buona pace di Squinzi, che comunque va ringraziato perché lavora in Italia e non è scappato, come quel bell'imbusto di rampollo Agnelli, buono solo come santino per gli allocchi.
Surace, che era il capo della Ricerca e Sviluppo dell'Alfa, all'inizio degli anni '80, aveva presentato all'IRI i piani per rifare motori e pianali per nuove vetture competitive. Fu bocciato e accantonato, ed al posto delle nuove vetture si fecero la 75 e la 90 come rifacimenti delle vetture precedenti (Alfetta). Capimmo allora, nell'81 che tutto ormai era perduto. Poi abbiamo continuato solo per forza di inerzia, come sta andando avanti il paese, adesso, con buona pace di Squinzi, che comunque va ringraziato perché lavora in Italia e non è scappato, come quel bell'imbusto di rampollo Agnelli, buono solo come santino per gli allocchi.
einrix- Messaggi : 10607
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Re: Marchionne, by the way
Da questa immagine si vede bene dov'è finito il ruolo dell'Italia, grazie a Marchionne, esecutore testamentario della famiglia Agnelli, nel settore Auto.
Comprare ogni anno un milione e mezzo di auto e produrne meno di quattrocentomila, questa è la politica demenziale che hanno fatto i governi in Italia, al contrario della Merkel in Germania o di Obama negli Stati Uniti. Alla famiglia Agnelli andrebbe tolto il passaporto e cacciata dal nostro paese, con vergogna.
Questo è L'ARTICOLO, troppo buono e in difesa di un padronato immeritevole e colpevole.
Qualche notizia sui siti produttivi FIAT in Italia, la si trova QUI e QUI.
Facendo quattro conti... gli stabilimenti FIAT in Italia (settore Auto) hanno poco più di 25 mila dipendenti, metà dei quali pagati dalla cassa integrazione. Se producessimo un milione e mezzo di vetture, saremmo ancora un paese come la Francia e l'Inghilterra, e invece siamo ridotti così per non aver capito che il settore auto sarà ancora per moltissimi anni un settore importante per la nostra bilancia dei pagamenti... e visto che non siamo capaci di sostituire l'auto con nuove tecnologie "mala tempora currunt".
einrix- Messaggi : 10607
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