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[DOCUMENTI] Guerra e conflitti nel mondo, l'Uganda

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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 12:37

La Guerra in Uganda. La situazione in Uganda, purtroppo, rimane drammatica, in connessione con le vicende congolesi, con il problema irrisolto dei bambini soldato e con quello dei rifugiati.

[DOCUMENTI] Guerra e conflitti nel mondo, l'Uganda Uganda_text%202

Dal 1987 nel Nord del paese è continuato il conflitto tra la guerriglia del Lord’s Resistance Army (LRA), guidata da Joseph Kony, e l’esercito ugandese. La LRA si enucleò da un più vasto movimento di resistenza armata sorto nell'Uganda settentrionale, principalmente in seno al popolo Acholi, a seguito del rovesciamento del governo guidato dall'acholi Okello da parte di Museveni. Ideologicamente il gruppo si presenta animato da una miscela di misticismo tradizionale africano, nazionalismo Acholi e fondamentalismo cristiano. Il progetto politico dell’LRA mira a sostituire la Costituzione ugandese con il decalogo dell’Antico Testamento e Joseph Kony si proclama “portavoce di Dio” e medium.
Il conflitto ha causato centinaia di migliaia di vittime, oltre un milione e mezzo di profughi, mentre almeno ventimila bambini di entrambi i sessi sono stati rapiti per farne bambini-soldati e schiave sessuali.
La guerriglia si intreccia con le vicende del Sudan.
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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 12:38


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Archivio Disarmo è un Istituto di ricerca fondato da Luigi Anderlini nel 1982, che studia i problemi del controllo degli armamenti, della pace e della sicurezza internazionale.

Archivio Disarmo, giuridicamente riconosciuto dal Ministero degli Affari Esteri con D.M. 29.10.1998, è inoltre riconosciuto anche dalle Nazioni Unite, Settore pubblica informazione ed Ecosoc. E'   iscritto al registro delle Associazioni di promozione sociale della Regione Lazio, è riconosciuto come Istituto Culturale della Regione Lazio, nonché membro dell’Associazione Italiana Biblioteche A.I.B. e partner della Commissione nazionale italiana per l'UNESCO nella Campagna per il Decennio dell’Educazione allo Sviluppo Sostenibile DESS. E' iscritto al Registro degli enti e delle associazioni che svolgono attività a favore degli immigrati. Prima sezione, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 12:49

http://www.archiviodisarmo.it/siti/sito_archiviodisarmo/upload/documenti/62489_Uganda_2013.pdf

Introduzione
L’Uganda, ex colonia britannica, è diventato indipendente nell’ambito del Commonwealth il 9 ottobre 1962. Esattamente un anno dopo è stata proclamata la Repubblica. Il 15 aprile 1966 il Primo Ministro Milton Obote ha assunto la presidenza, fino ad allora riservata al re del Buganda, dando vita nel 1967 ad una costituzione unitaria.
All’indipendenza è seguita una lunga stagione di instabilità politica. Nel 1971 Il potere fu preso da Idi Amin Dada, il cui governo dittatoriale durò un decennio. Nel 1986 il National Resistance Army di Yoweri Museveni prese la capitale Kampala; da
allora Museveni è Presidente dell’Uganda.
Il Presidente della Repubblica, capo del potere esecutivo, è eletto a suffragio diretto con mandato di 5 anni. Il Parlamento è formato da 292 membri (214 elettivi, più 79 rappresentanti delle categorie sociali: donne, militari, sindacalisti, giovani,
disabili).
Il paese, riveste una notevole importanza strategica perché dal lago Vittoria, una cui parte rientra nel suo territorio, nasce il Nilo. Questa particolare situazione geografica si traduce nella possibilità di controllare questa ingente risorsa idrica. Inoltre, il paese confina ad ovest  con una regione della Repubblica Democratica del Congo particolarmente ricca di materie prime.
 
Quadro del conflitto

Dal 1971 al 1979, il paese venne governato dal dittatore generale Idi Amin Dada, che aveva rovesciato il Presidente Milton Obote. La dittatura causò molte migliaia di vittime e distrusse l’economia del paese con l’espulsione forzata ed immediata di decine di migliaia di indiani, che vivevano nel paese e ne avevano assunto la gestione economica.
Nel 1978 il regime di Amin attaccò la Tanzania per annettersi la regione del Kagera, ma l’anno seguente la Tanzania invase l’Uganda con ventimila soldati, costringendo Amin alla fuga. Nel 1980 Obote ritornò al potere.
Seguì un periodo di instabilità, con il rischio di una nuova dittatura, e una sanguinosa guerra civile.
Nel 1981, l’attuale presidente Yoweri Museveni costituì la ribelle National Resistance Army (NRA), che si scontrò duramente con le forze armate regolari nella zona centrale del paese (Luwero Triangle). I militari di Obote operarono una durissima repressione fra i civili, di cui furono considerati responsabili gli Acholi, etnia del nord presente nelle file dell’esercito. Nel 1985, un colpo di stato del generale Okello scalzò nuovamente Obote.
La guerra continuò fra il nuovo regime e la NRA che, nel gennaio 1986, conquistò la capitale Kampala e prese il potere con le armi: Yoweri Museveni si proclamò Presidente.
Dal 1987 nel Nord del paese è continuato il conflitto tra la guerriglia del Lord’s Resistance Army (LRA), guidata da Joseph Kony, e l’esercito ugandese. La LRA si enucleò da un più vasto movimento di resistenza armata sorto nell'Uganda settentrionale, principalmente in seno al popolo Acholi, a seguito del rovesciamento del governo guidato dall'acholi Okello da parte di Museveni.
Ideologicamente il gruppo si presenta animato da una miscela di misticismo tradizionale africano, nazionalismo Acholi e fondamentalismo cristiano.
Il progetto politico dell’LRA mira a sostituire la Costituzione ugandese con il decalogo dell’Antico Testamento e Joseph Kony si proclama “portavoce di Dio” e medium. Il conflitto ha causato centinaia di migliaia di vittime, oltre un milione e mezzo di profughi, mentre almeno ventimila bambini di entrambi i sessi sono stati rapiti per farne bambini-soldati e schiave sessuali.
La guerriglia si intreccia con le vicende del Sudan.
Infatti, la LRA fino al 2002 ha goduto del sostegno del governo di Khartoum in funzione antiugandese, in quanto, a sua volta, Kampala sostiene i ribelli del Sudan People Liberation Army (SPLA). Fino al 2002, il Sudan è stato la base e lo sponsor dei ribelli. Comunque è paradossale che uno degli eserciti più forti del continente, come quello ugandese, che ha invaso l’ex Zaire per impossessarsi delle sue materie prime, non riesca ad avere la meglio su un movimento di guerriglia che conta poche miglia di soldati, per lo più costituiti da ragazzini, privi di armamenti pesanti e con difficoltà pure nel reperire il cibo. I capi dell’esercito, inoltre, intratterrebbero stretti legami con il presidente Museveni, per cui da più parti è stato sollevato il dubbio che il governo di Kampala non abbia alcuna intenzione di vincere una guerra che colpisce le etnie ad esso tradizionalmente ostili.

Così il conflitto consentirebbe al regime del presidente di rimanere al potere, negando spazi all’opposizione. Inoltre, nel nome della guerra al terrorismo, Museveni ha potuto contare sull’appoggio del Presidente Bush da cui Kampala è considerata uno dei capisaldi del cosiddetto rinascimento africano.
Essa è coinvolta, infatti, nel processo di sviluppo Nuovo Partenariato per lo Sviluppo dell’Africa e ha presenziato al vertice G8 in Georgia nel giugno del 2004. Non a caso l’amministrazione americana ha inserito la LRA nella lista delle organizzazioni terroristiche e gli USA stanno rafforzando le relazioni militari con Kampala in maniera discreta.
Nel 2002, l’Esercito ugandese ha schierato per più di un anno in Sudan, nella regione meridionale di Equatoria orientale, molte migliaia di soldati con scarsi risultati (Operation Iron Fist). In seguito, l’esercito ugandese ha manifestato l’intenzione di intervenire nel sud del Sudan in cui si troverebbero i campi della guerriglia, così come nel 2002.
Le operazioni militari, tuttavia, non hanno portato sicurezza nella zona, che continuava ad essere messa a ferro e fuoco dai ribelli. Anzi, la LRA è tornata ad operare nei distretti dell’Uganda settentrionale. Il governo sembrava non essere assolutamente in grado di garantire la sicurezza della propria popolazione, che vive nel terrore di essere uccisa dai raid dei ribelli o delle Forze Armate.

Secondo l’OCHA (Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite) gli attacchi della LRA e le rappresaglie governative hanno causato la fuga dalle loro abitazioni del 95% della popolazione Acholi in tre distretti dell’Uganda settentrionale. Nel 2006 1,7 milioni di sfollati vivevano in oltre 200 campi profughi nel nord del paese.
La Corte Penale Internazionale nel 2005 ha emesso mandati di cattura contro Joseph Kony, il suo vice Vincent Otti e i comandanti della LRA Raska Lukwiya, Okot Odhiambo e Dominic Ongwen, accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Un altro conflitto che ha visto il coinvolgimento dell’Uganda è quello nella confinante Repubblica Democratica del Congo.
Nel 1997, l’Uganda, insieme a Ruanda ed Angola, ha sostenuto il rovesciamento del Presidente del paese (allora denominato Zaire) Mobutu Sese Seko da parte del leader ribelle Laurent-Désiré Kabila. Tra il 1998 e il 2003 l’esercito ugandese è stato coinvolto nella seconda guerra civile congolese, sostenendo insieme al Ruanda i gruppi ribelli “Rassemblement congolais pour la démocratie” e “Mouvement pour la Libération du Congo” contro lo stesso Kabila.
Nel 2001 un comitato di esperti delle Nazioni Unite ha accusato i governi di Ruanda, Uganda e Zimbabwe di sfruttamento illegale delle risorse del Congo, soprattutto diamanti, cobalto, coltan e oro. Nel 2002, con gli accordi di Pretoria e Luanda, Uganda e Ruanda si sono impegnati a ritirare le loro truppe dal paese, ma la realizzazione degli accordi si è rivelata problematica.
Il 19 dicembre 2005 la Corte Internazionale di Giustizia ha stabilito che l’Uganda, svolgendo attività armate contro il Congo nel suo territorio e fornendo assistenza e sostegno logistico, finanziario e militare a truppe irregolari, ha violato i principi del divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali e di non intervento negli affari interni; in secondo luogo che l’Uganda, compiendo omicidi, atti di tortura e altri trattamenti disumani nei confronti della popolazione civile congolese, reclutando bambini soldato e incitando all’odio etnico, ha violato gli obblighi derivanti dalle norme internazionali a tutela dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; in terzo luogo che l’Uganda ha sfruttato illecitamente le risorse naturali del territorio congolese [1].

Anche la LRA di Joseph Kony è coinvolta nel conflitto nella Repubblica Democratica del Congo, dove si è resa responsabile di massacri e rapimenti di civili e bambini [2].
Nel 2005 il Parlamento ugandese ha modificato la Costituzione, eliminando il limite ai mandati presidenziali, per permettere a Museveni di candidarsi per la terza volta alla presidenza.
Contemporaneamente un referendum ha sancito il ristabilimento di un sistema multipartitico; il leader dell’opposizione Kizza Besigye è quindi tornato dall’esilio per candidarsi alle elezioni. Il 23 febbraio 2006 si sono tenute le prime elezioni multipartitiche. Esse sono state monitorate da più di 500 osservatori e, nonostante alcune mancanze, come la parzialità dei media e l’incompletezza delle liste elettorali, sono state ritenute in linea generale trasparenti e relativamente pacifiche. Il Presidente Museveni è stato rieletto per la terza volta con il 59,28% dei voti, mentre il suo avversario, il Dott. Kizza Besigye del Forum per il cambiamento democratico (FDC), ha ottenuto il 37 % dei voti. Il 7 marzo il Dott. Besigye ha presentato istanza alla Corte Suprema, chiedendo l’annullamento dei risultati elettorali.
Il 6 aprile 2006 il ricorso è stato rigettato dalla Corte Suprema.
Sono stati riferiti atti di violenza ed intimidazioni da parte del governo contro esponenti dell’opposizione in particolare nelle ultime tre settimane di campagna elettorale.
Il 15 febbraio 2006 tre sostenitori dell’FDC sono stati uccisi a Kampala, quando un soldato ha aperto il fuoco contro
una folla in attesa del leader dell’opposizione Dott. Besigye.

 _______________________________
1 http://unipd-centrodirittiumani.it/it/news/Corte-internazionale-di-giustizia-sentenza-Repubblica-Democratica-del-
Congo-c-Uganda/414
2 http://www.oxfam.org/en/pressroom/pressrelease/2011-07-28/people-lra-areas-congo-still-live-fear-safety
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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 13:03

Durante tutto il 2006 il Dott. Besigye ha affrontato tre diversi processi giudiziari per accuse di terrorismo, stupro e tradimento.
E’ stato liberato su cauzione il 2 gennaio. Il 31 gennaio la Corte Costituzionale ha decretato che il Dott. Besigye non poteva essere processato per terrorismo da un tribunale militare, dal momento che l’Alta Corte stava procedendo nei suoi confronti per lo stesso
capo di imputazione.
Il 7 marzo il Presidente Museveni ha dichiarato che il Dott. Besigye ed i suoi 22 coimputati non sarebbero stati processati da un tribunale militare.
Il 15 marzo 2006 è iniziato il processo per tradimento contro il Dott. Besigye e contro gli altri 22 coimputati presso l’Alta Corte di Kampala.
Nell’ottobre 2010 la Corte costituzionale ha decretato che le accuse a carico di Kizza Besigye e altri erano incostituzionali, principalmente con la motivazione che lo Stato non aveva loro garantito il diritto a un processo equo.

Continua il conflitto tra governo ugandese e LRA. Il Presidente Museveni, nonostante i mandati di cattura emessi dalla Corte Penale Internazionale nel 2005 per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, ha promesso un’amnistia ai cinque principali leader dell’LRA, compresi Joseph Kony e Raska Lukwiya, nel caso in cui si fosse raggiunto un accordo di pace.
Le offensive condotte dall'esercito tra la fine del 2004 e il 2005 e l'arresto di alcuni dei più importanti capi ribelli hanno però indebolito notevolmente l'LRA. Inoltre, la pace siglata in Sudan tra governo centrale e guerriglieri del SPLA (Sudan People's Liberation Army) ha portato le autorità di Khartoum a interrompere le forniture e il sostegno ai ribelli ugandesi.
Il momento difficile che vive l’LRA è testimoniato anche dalla riduzione dei raid contro i civili. Una serie di colloqui, promossi dal governo del Sudan, si sono tenuti a partire da luglio 2006 tra il governo e l’LRA. Il 1° agosto 2006 Joseph Kony ha chiesto una tregua.
Raska Lukwiya è stato ucciso in battaglia il 12 agosto 2006. IL 26 agosto 2006 il governo e l’LRA hanno accettato il cessate il fuoco.
Il 2 settembre 2006, il Presidente Museveni ha chiesto all’ICC ( International Criminal Court) di mantenere le accuse contro i ribelli dell’LRA fino a che non si fosse raggiunto un accordo di pace completo ma ha anche dichiarato che, in caso di accordo, il governo sarebbe intervenuto per tenere i comandanti al sicuro dall’ICC.

A settembre 2006 la situazione era in una fase di stallo ma a novembre 2006, nonostante le continue violazioni del cessate il fuoco, il governo ugandese e l’LRA hanno deciso di prolungare l’accordo di pace e di proseguire i colloqui.
Il governo ugandese ha facilitato le visite dei parenti dei leader dell’LRA e dei leader delle comunità del nord dell’Uganda per consultazioni con i leader dell’LRA.
Le trattative per gli accordi di pace sono durate per tutto il 2007 tra le pressanti richieste dei ribelli per uno stralcio delle accuse della Corte Penale Internazionale nei confronti di Joseph Kony. Nel febbraio 2008 viene fissato un incontro a Juba, in Sudan, per la firma dell’accordo tra Governo ugandese e ribelli dell’LRA. Joseph Kony, tuttavia, diserta la cerimonia di fatto vanificando gli sforzi di quasi due anni di trattative accusando il governo di non aver mantenuto l’impegno di far ritirare alla ICC il mandato di cattura nei suoi confronti.

Nei mesi successivi l’LRA ha ripreso le incursioni nel nord del paese, sulla linea di confine, colpendo diversi villaggi nel Sudan meridionale, nella Repubblica Centro Africana e nella Repubblica Democratica del Congo. Secondo fonti locali, Kony avrebbe ordinato una nuova campagna militare contro i civili riprendendo la tattica della terra bruciata adottata durante la guerra nel nord Uganda, che negli anni più duri costrinse l'80 per cento dei civili a rifugiarsi nei campi profughi allestiti dal governo.
Secondo l’UNHCR, durante gli ultimi raid dei ribelli, sarebbero stati rapiti almeno 100 bambini.
I minori, infatti, costituiscono la spina dorsale della milizia dell’LRA, che, in 22 anni di guerra, ne avrebbe rapiti circa 20.000.
I nuovi rapimenti fanno pensare ad un tentativo del gruppo ribelle, che, in seguito alle offensive dell’esercito ugandese, era arrivato a contare poco più di 500 unità, di ingrossare le proprie fila e di riprendere il conflitto armato.
A giugno 2008 Uganda, Congo e Sudan hanno deciso di coordinare i loro sforzi per debellare le incursioni dell’LRA che accentuano l'instabilità in una regione ricca di risorse minerarie.
Nell’ottobre 2010 Uganda, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo e Sudan hanno firmato un accordo per la creazione di una forza militare congiunta per combattere la LRA.
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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 13:12

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Le aree in cui opera la Lord’s Resistance Army (LRA) - Fonte: www.sancara.org

A ottobre 2010, otto candidati presidenziali, tra cui il presidente Museveni, hanno ottenuto il nulla osta dalla commissione elettorale per candidarsi alle elezioni fissate per il gennaio 2011.
Il Presidente Museveni ha vinto le elezioni con il 68% dei voti, contro il 26% dello sfidante Kizza Besigye, ed il partito di governo “Movimento di resistenza nazionale” ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento. I partiti d’opposizione hanno contestato i risultati, denunciando brogli e irregolarità elettorali.
Si sono avuti scontri tra sostenitori politici, polizia e altro personale di sicurezza prima, durante e dopo le elezioni; di conseguenza il governo ha imposto un divieto generale a tutte le proteste pubbliche.
Ad aprile il gruppo “Attivisti per il cambiamento” ha invitato la gente a recarsi al lavoro a piedi, per protestare contro l’aumento del costo del carburante e di altri beni essenziali.
Sono seguite diverse settimane di manifestazioni pubbliche nella capitale Kampala e altrove. La polizia ha dichiarato che le proteste erano illegali ed è intervenuta per interromperle: leader di partiti politici dell’opposizione e centinaia di loro sostenitori sono stati arrestati e accusati di “tradimento”.
Al leader dell’opposizione Kizza Besigye è stato impedito di uscire dalla sua abitazione di Kampala con un provvedimento di “arresto preventivo”.

È proseguito un importante processo per corruzione in cui un ex ministro della Sanità, due viceministri e un funzionario di governo dovevano rispondere delle accuse di appropriazione indebita e abuso d’ufficio, in riferimento alla gestione del Fondo globale contro l’HIV/Aids, tubercolosi e malaria.
In una lettera indirizzata alle Nazioni Unite a settembre, l’Uganda ha respinto i risultati di uno studio delle Nazioni Unite che fa un quadro delle più gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario commesse nella Repubblica Democratica del Congo, tra il marzo 1993 e il giugno 2003, da differenti forze e gruppi armati, tra cui le Forze di difesa del popolo ugandese, l’esercito ugandese.
Il governo non ha intrapreso alcuna iniziativa per avviare indagini sulle accuse di violazioni dei diritti umani e crimini compiuti dall’esercito.
Nell’ottobre 2011 gli Stati Uniti hanno schierato in Uganda un centinaio di uomini delle forze speciali per aiutare le forze ugandesi a catturare Joseph Kony e debellare la LRA.
A luglio 2011 l’ex comandante dell’LRA Thomas Kwoyelo, catturato nel 2009, è comparso davanti alla Sezione Crimini Internazionali dell’Alta Corte dell’Uganda per rispondere delle accuse di crimini contro l’umanità: omicidi di massa, stupri di massa, rapimento finalizzato a uccidere, riduzione in schiavitù e altri reati commessi nel contesto di attacchi che avrebbe ordinato durante il conflitto nel nord dell’Uganda.
Egli ha negato le accuse e si è appellato alla Corte costituzionale per chiedere che gli venisse concessa l’amnistia promessa dal governo ugandese durante i colloqui di pace, di cui avevano già usufruito altri comandanti e combattenti ribelli che avevano deposto le armi. A settembre la Corte ha deliberato che aveva diritto all’amnistia; il governo ha presentato ricorso contro la decisione. Nel maggio 2012 l’esercito ugandese cattura in uno scontro avvenuto nella Repubblica Centrafricana il comandante della LRA Caesar Achellam, infliggendo un duro colpo al gruppo armato ribelle.

A luglio un rapporto delle Nazioni Unite ha accusato l’Uganda di star inviando nuovamente truppe nella Repubblica Democratica del Congo, per combattere a fianco del movimento ribelle M23, a cui fornirebbe anche armi e assistenza. L’Uganda ha rigettato le accuse e a novembre ha annunciato, come reazione a queste accuse, la sua intenzione di ritirarsi dalle missioni ONU di mantenimento della pace a cui partecipa.
Nel febbraio 2013 undici paesi, tra cui l’Uganda, hanno firmato un accordo mediato dalle Nazioni Unite in cui si impegnano a non interferire nel conflitto congolese.

Nel 2012 ottiene grande diffusione su Internet a livello mondiale il video “KONY 2012”, prodotto dalla ONG statunitense Invisible Children allo scopo di promuovere la campagna "Stop Kony", che si prefigge di far catturare Joseph Kony entro la fine dell’anno. Questa campagna è stata però anche oggetto di numerose critiche di semplicismo e inesattezza.
Nel maggio 2013 due quotidiani ugandesi, il Daily Monitor ed il Red Pepper, pubblicano una lettera del generale Sejusa, in cui il generale avvertiva altri leader militari che il Presidente sta progettando di lasciare il potere al figlio Muhoozi Kainerugaba e che chi si opporrà a questo piano rischierà di essere ucciso.
Di conseguenza i due giornali vengono temporaneamente chiusi dalla polizia. Il generale Sejusa, fuggito nel Regno Unito, dichiara alla BBC che esiste un piano per trasformare l’Uganda in una “monarchia politica”.
Kainerugaba negherà l’esistenza di un piano per il passaggio dei poteri, ma non esclude di avere ambizioni presidenziali, sostenendo che sarà il popolo ugandese a scegliere il suo prossimo Presidente nelle elezioni del 2016 [3].

[ Fonti: Simoncelli M., (a cura di), Le guerre del silenzio. Alla scoperta dei conflitti e delle crisi del XXI secolo, 2005;
Amnesty International, Rapporto annuale 2007, 2011 e 2012.
www.peacereporter.it; www.bbc.co.uk; www.amnesty.it; www.oxfam.org; http://unipd-centrodirittiumani.it ]


3 http://www.bbc.co.uk/news/world-africa-23029129; http://www.guardian.co.uk/theguardian/2004/nov/01/theeditorpressreview1
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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 13:21

Vittime
E’ difficile stabilire con esattezza il numero totale delle vittime dall’inizio del conflitto tra il regime di Museveni e la LRA nel 1987: si ritiene che centinaia di migliaia di persone abbiano perso la vita.
A fine 2004 diverse fonti riportavano la cifra di 100.000 morti [4]; secondo altre stime il numero dei morti potrebbe arrivare a 500.000 [5] o 600.000.
Questi vanno ad aggiungersi alle centinaia di migliaia di vittime (tra 100.000 e 500.000) causate dalla guerra tra la NRA di Museveni
ed i regimi di Obote e Okello tra il 1981 ed il 1986.
Più di trecentomila sarebbero i morti causati dal regime di Idi Amin tra il 1971 ed il 1979 [6].


Bambini - soldato

L’uso dei bambini-soldato ha sicuramente rappresentato uno degli aspetti più drammatici del conflitto in Uganda. L’ONU ha accertato la presenza di minori combattenti sia nelle file dell’esercito ugandese sia nella LRA.
Nel 1989, quando l’Esercito di Resistenza Nazionale di Museveni prese il potere, aveva tra le sue fila 3.000 adolescenti, molti dei quali di età inferiore ai 16 anni, tra cui anche 500 ragazze.
La Lord’s Resistance Army è composta in gran parte di bambini rapiti dai loro villaggi e alle loro famiglie. Tra i crimini di guerra che la Corte Penale Internazionale imputa a Joseph Kony e agli altri comandanti della LRA c’è anche l’arruolamento e l’utilizzo in combattimento di minori di 15 anni.

Dal 1994 il sequestro dei bambini è diventato il principale metodo di reclutamento: si calcola inoltre che siano 25 mila i bambini forzatamente arruolati da parte dei guerriglieri dell’LRA durante l’intero corso della guerra.
I rapimenti raggiunsero il loro picco tra il maggio 2002 ed il maggio 2003, quando si stima che 10.000 minori siano stati rapiti, ed iniziarono a diminuire dal 2005. L’età dei minori rapiti, inizialmente 13-15 anni, si è andata progressivamente abbassando fino a 8-10 anni, in quanto i bambini più piccoli sono più facilmente controllabili e le bambine, rapite per essere utilizzate come schiave sessuali, a quell’età è meno probabile che siano affette dall’HIV.
Poiché i rapimenti avvenivano soprattutto durante i raid notturni effettuati dalla LRA nei villaggi, migliaia di bambini delle campagne circostanti si rifugiavano ogni notte nella città di Gulu e nell’ospedale di Lacor in cerca di sicurezza (night commuters).

Dopo il rapimento i bambini vengono brutalmente picchiati per “prepararli” alla durezza della vita da soldati e le bambine vengono violentate.
I bambini vengono anche costretti a uccidere i loro parenti, inclusi i loro fratelli, come “rito di iniziazione”, per farli sentire complici e legarli psicologicamente all’esercito.
I bambini-soldato sono costretti a partecipare ai combattimenti, ad uccidere e mutilare altri bambini-soldato che tentano di fuggire, ad uccidere civili, saccheggiare e bruciare abitazioni durante i raid nei villaggi.
Vengono costretti a portare pesanti carichi per lunghe distanze e a lavorare molte ore al giorno per procurare cibo, acqua, legna ai guerriglieri od eseguire lavori domestici.
I decessi per fame, sete o stanchezza sono comuni, ed i bambini che non riescono a sopportare fisicamente queste fatiche possono anche essere uccisi.
Le punizioni a cui sono sottoposti includono essere calpestati a morte, picchiati o mutilati.
Le bambine vengono violentate, poi costrette a combattere o tenute in schiavitù a fini sessuali o per svolgere lavori domestici.
In seguito agli stupri, le ragazzine rimangono incinte e contraggono l’HIV ed altre malattie sessualmente trasmissibili. Frequentemente vengono date in moglie agli ufficiali come premio al loro valore: si crea così una sorta di ordinamento sociale per cui i capi militari sono anche a capo di famiglie composte di mogli-bambine e dei figli che nascono, bambini destinati ad ingrossare le filaì dei combattenti.
In alcune zone, si stima che il 24% dei bambini-soldato della LRA fosse costituito da bambine.

La smobilitazione di questi combattenti risulta molto difficile, a causa dei traumi subiti e perché spesso non vogliono ritornare nelle comunità di origine, per paura del rifiuto e della stigmatizzazione che subirebbero.
A partire dagli anni Novanta numerose ONG hanno aperto a Gulu, Lira e in altre città centri di riabilitazione per ex bambini-soldato, che hanno assistito oltre 20.000 ex combattenti.
A volte bambini-soldato della LRA che si arrendono o vengono catturati dall’esercito ugandese sono poi arruolati da questo, che li utilizza per reperire informazioni ed identificare la posizione ed i nascondigli di armi dei guerriglieri, ma a volte anche in operazioni di combattimento.

[Fonti: Coalition To Stop the Use of Child Soldiers, Child Soldiers Global Report 2008; Human Rights Watch, Stolen
children: abduction and recruitment in Northern Uganda, 2003; Simoncelli M., (a cura di), Le guerre del silenzio. Alla
scoperta dei conflitti e delle crisi del XXI secolo, 2005.
]
____________________________________
4 http://news.bbc.co.uk/2/hi/programmes/from_our_own_correspondent/3951277.stm
5 http://ploughshares.ca/pl_armedconflict/uganda-1987-2010/
6 http://www.guardian.co.uk/news/2003/aug/18/guardianobituaries
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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 13:30

Rifugiati
Migliaia di persone tutte le sere lasciano i propri villaggi e si radunano nelle città per passare la notte in luoghi più sicuri come le chiese, gli ospedali o le stazioni di autobus ed evitare le incursioni dei guerriglieri. Infatti, con l’intensificarsi dei raid, il numero degli sfollati è aumentato notevolmente e, contemporaneamente, anche la diffusione dell’AIDS.
Anche l’esercito è stato accusato di aver commesso atrocità contro civili inermi. Oltre al numero dei deceduti per i combattimenti, bisogna considerare anche i morti causati dalla minor disponibilità di cure mediche e sanitarie, così come l’impossibilità o quasi di accedere a servizi basilari.
Inoltre, il governo spinge le popolazioni a concentrarsi nei cosiddetti campi protetti che tali non sono perchè vengono continuamente messi a ferro e fuoco dai guerriglieri, senza che l’esercito sia in grado di reagire.
Le condizioni di vita in questi campi sono pessime: lo spazio disponibile è ridottissimo, mancano i servizi igienici e di ogni altro genere, mentre le donne sono continuamente esposte a violenze di vario tipo; alla fine di agosto 2005 circa 1,4 milioni di persone erano confinate in campi sfollati in tutto il nord dell’Uganda.

Alla data di maggio 2007, gli sfollati nei campi in tutto l'Uganda settentrionale erano calcolati in 1,6 milioni di persone. Nella sotto-regione dell'Acholi, la zona maggiormente colpita dal conflitto in corso nell'Uganda settentrionale, l'UNHCR ha calcolato che nel settembre 2007 all'incirca il 63% dell'1,1 milioni di sfollati del 2005 vivessero ancora nel primo campo che li aveva
accolti.
Alla data di maggio 2007, l'UNHCR ha calcolato che poco più di 7.000 persone avevano fatto ritorno permanentemente nei loro luoghi di origine nella sotto-regione dell'Acholi.
Sovraffollamento e precarie condizioni igieniche li hanno resi vulnerabili a malattie, tra cui il colera, mentre la mancanza di sicurezza li ha esposti al rischio di violazioni dei diritti umani.
A febbraio 2007 il governo ha ufficialmente lanciato una politica nazionale sui campi profughi, affermando che sarebbe stata fondata sul diritto internazionale umanitario, sugli strumenti e le leggi nazionali in tema di diritti umani.
A marzo 2006 i governi di Uganda e del Sud del Sudan hanno firmato un accordo per rimpatriare i profughi sudanesi. A luglio 2006 l’UNHCR, l’Agenzia delle nazioni Unite per i rifugiati, ha annunciato che erano 10.000 i profughi che avevano fatto ritorno.
Nei primi mesi del 2007 alcuni profughi congolesi sono tornati nella Repubblica Democratica del Congo ma, ulteriori situazioni di insicurezza nella Repubblica Democratica del Congo hanno causato l’arrivo di altri profughi.

A luglio 2007, il governo dell'Uganda ha firmato un Accordo tripartito con il governo del Rwanda e l'UNHCR, in preparazione del rimpatrio di richiedenti asilo e rifugiati ruandesi residenti in Uganda. Il 3 ottobre, circa 3.000 rifugiati e richiedenti asilo sono stati rimpatriati in Rwanda dall'Uganda.
Funzionari del governo ugandese hanno dichiarato che tale processo era volontario e che l'UNHCR era al corrente dello stesso. Il ministro ruandese per le Amministrazioni Locali, stando alle fonti, ha dichiarato che le 3.000 persone non avevano lo status di rifugiati e che non stavano cercando asilo in Uganda.
Tuttavia, molte persone hanno lamentato di essere state rimpatriate forzatamente e che non era stata data loro l'opportunità di richiedere asilo secondo procedure eque e concrete.
Essi hanno sostenuto di temere per la propria vita e incolumità nel loro paese di origine. A fine anno si temeva anche che rifugiati e richiedenti asilo del Burundi sarebbero stati rimpatriati forzatamente.
A luglio 2010, un’operazione congiunta tra i governi di Uganda e Ruanda ha portato al rimpatrio forzato in Ruanda di circa 1.700 richiedenti asilo da due insediamenti per rifugiati in Uganda.
Agenti di polizia hanno sparato colpi in aria quando alcuni dei richiedenti asilo avevano cercato di fuggire, causando panico e scompiglio nel quale, stando alle fonti, alcune persone sono rimaste ferite e alcuni bambini sono stati separati dai loro genitori.
La maggior parte dei rifugiati ha protestato per non aver avuto un’equa e adeguata determinazione della loro domanda per ottenere lo status di rifugiati.
L’operazione ha provocato la morte di almeno un uomo, che era saltato giù da un camion in viaggio verso il Ruanda e il ferimento di oltre 20 persone.

In alcuni casi, rifugiati che vivevano in accampamenti e aree urbane sono stati arrestati arbitrariamente, detenuti illegalmente e torturati o maltrattati.
In rari casi i perpetratori, solitamente poliziotti e altri agenti di pubblica sicurezza, sono stati assicurati alla giustizia. Le autorità hanno minacciato di rimpatriare almeno tre richiedenti asilo somali nel sud e nel centro della Somalia, malgrado i rischi che avrebbero incontrato.
L’UNHCR riferisce che, a partire da metà del 2011, c’è stato un incremento nel flusso di rifugiati che entrano in Uganda per sfuggire al conflitto ancora in corso nella Repubblica Democratica del Congo: ad agosto del 2012 erano giunti in Uganda circa 40.000 congolesi.
Altri rifugiati arrivano dal Sud Sudan, Somalia, Burundi, Etiopia ed Eritrea: il numero totale dei rifugiati presenti nel paese è di oltre 190.000.
Nei primi mesi del 2013 i combattimenti in corso nello Jonglei (Sud Sudan) hanno portato all’afflusso di 2.700 rifugiati in Uganda.
Amnesty International denuncia che migliaia di rifugiati e richiedenti asilo ruandesi presenti in Uganda vivono nel timore di essere rimpatriati con la forza nel loro paese.
Non è stato loro garantito l’accesso a una procedura di valutazione equa e soddisfacente degli eventuali rischi legati al loro rimpatrio.
Il divieto di coltivare la terra, imposto ai rifugiati ruandesi residenti negli insediamenti, ha continuato a limitare fortemente il loro accesso al cibo, rispetto alle altre comunità di rifugiati.

[ Fonti: www.refugees.org; www.amnesty.it; www.unhcr.org ]
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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 13:49

Diritti umani
Sono continuate le violenze contro civili da parte di entrambe le parti in conflitto nel nord dell’Uganda.
Nel 2005 la Corte penale internazionale (ICC) ha emesso mandati di cattura per cinque leader del gruppo di opposizione armata, Esercito di Resistenza del Signore (Lord’s Resistance Army – LRA). Gli accusati erano Joseph Kony, leader dell’LRA; Vincent Otti, il
secondo in comando; Okot Odhiambo, Dominic Ongwen e Raska Lukwiya.
I cinque sono stati accusati di crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi in Uganda dal luglio 2002.

L’LRA ha esteso le proprie operazioni alle ore diurne, contrariamente alle sue precedenti abitudini e ha continuato a utilizzare imboscate sulle strade per attaccare i civili. L’LRA ha attaccato anche il personale di organizzazioni non governative (ONG) nelle zone di conflitto, rendendo l’accesso degli aiuti umanitari pericoloso.
Anche i civili hanno subito violazioni dei diritti umani da parte di soldati governativi.
Le libertà di espressione e di stampa sono state attaccate e hanno continuato a essere minacciate. Giornalisti hanno dovuto affrontare accuse penali a causa del loro lavoro.
In particolare, durante la campagna elettorale del 2005, la polizia è intervenuta per evitare che venissero trasmessi programmi sui candidati presidenziali e diversi giornalisti sono stati arrestati con l’avvicinarsi delle elezioni.

Il 23 febbraio 2006, la polizia ha fatto irruzione negli studi di Radio Pacis e ha fermato un talk show cui partecipava il vice segretario generale dell’FDC, Kassiano Wadri.
Il 7 marzo 2006 la polizia ha fatto irruzione negli uffici della stazione radio indipendente Choice FM a Gulu. Il capo redattore della stazione è stato arrestato e trattenuto per una notte prima di essere rilasciato senza accusa.
Sempre a marzo 2006, la polizia ha chiuso una stazione radio accusata di aver operato senza licenza, nonostante avesse presentato richiesta di rinnovo.
Sono pervenute segnalazioni di torture contro detenuti per mano delle forze di polizia e della sicurezza nazionale, che, secondo quanto riferito, avrebbero usato “case sicure” dove i detenuti venivano detenuti e torturati per giorni.

Durante il 2012, almeno 70 giornalisti hanno denunciato di aver subito aggressioni fisiche e arresti arbitrari.
A settembre 2012, la polizia ha vessato e percosso i giornalisti Isaac Kasamani e William Ntege e danneggiato la loro attrezzatura tecnica, mentre riprendevano le fasi dell’arresto del dottor Kizza Besigye, leader dell’opposizione.
L’organo di governo che regolamenta il settore dei mezzi d’informazione, il Consiglio ugandese per i mezzi d’informazione, ha vietato l’allestimento di due spettacoli teatrali.
Quando a settembre uno di questi, “Il fiume e la montagna”, sulla condizione degli omosessuali nel paese, è stato messo in scena, il suo coproduttore, David Cecil, è stato arrestato e poi rilasciato su cauzione.
Un altro spettacolo, “Lo stato della nazione”, che criticava la presa di posizione del governo riguardo al tema della corruzione e altre questioni legate al cattivo governo, è stato vietato a ottobre.

Nel il 2010 sono stati denunciati numerosi casi di violenze elettorali e di violazioni delle libertà di espressione, riunione ed associazione.
Questi non sono stati indagati e i presunti responsabili non sono stati portati davanti alla giustizia. A gennaio, la polizia ha arrestato 35 attiviste della Coalizione per la cooperazione interpartitica, un’alleanza di partiti dell’opposizione, che stavano protestando contro la commissione elettorale, accusandola di parzialità.
Le attiviste hanno protestato per i maltrattamenti da parte della polizia (che le ha, tra le altre cose, costrette a spogliarsi e a stare di notte assieme a uomini nelle medesime celle) e per un uso eccessivo della forza.
In seguito, sono state accusate di aver tenuto un raduno illegale.

A giugno 2010, la polizia e un gruppo di uomini armati di bastoni e conosciuti localmente come “la squadra Kiboko” hanno disperso un raduno a Kampala, organizzato dal leader dell’opposizione Kizza Besigye, e lo hanno picchiato, assieme a funzionari e sostenitori del suo partito.
Il governo ha promesso un’inchiesta, ma a fine anno non c’erano notizie di progressi in tal senso.
Raduni pubblici ed eventi mediatici, in particolare talk show radiofonici, tenuti dai leader chiave dell’opposizione, sono stati cancellati o interrotti dalla polizia e da rappresentanti del governo.
Un leader dell’opposizione, Olara Utunnu, ha dovuto affrontare accuse penali di settarismo per aver discusso della presunta complicità del governo nelle violazioni dei diritti umani compiute durante la guerra nel nord dell’Uganda. Il governo ha proposto un disegno di legge sulla gestione dell’ordine pubblico che, se approvato, limiterebbe indebitamente il diritto alla riunione pacifica e alla libertà di espressione.

A fine anno, non era stato ancora presentato in Parlamento per essere dibattuto.
Nel febbraio del 2012, di fronte alle proteste organizzate dal gruppo “Attivisti per il cambiamento”, che aveva invitato la gente a recarsi al lavoro a piedi per protestare contro l’aumento del costo del carburante e di altri beni essenziali, la polizia ha dichiarato che le proteste erano illegali ed è intervenuta per interrompere alcuni eventi inizialmente pacifici.
Alcuni manifestanti hanno in seguito scagliato oggetti contro gli agenti di pubblica sicurezza, i quali hanno risposto ricorrendo ad un uso eccessivo della forza.
Leader di partiti politici dell’opposizione e centinaia di loro sostenitori sono stati arrestati. Le autorità hanno sostenuto che gli organizzatori della protesta intendevano orchestrare la violenza allo scopo di “rovesciare il governo”, senza fornire prove a sostegno di questa tesi.
A ottobre, quattro attivisti politici sono stati incriminati per tradimento, reato che comporta la pena di morte, per aver preso parte all’organizzazione delle proteste. Al leader dell’opposizione Kizza Besigye è stato impedito di uscire dalla sua abitazione di Kampala con un provvedimento di “arresto preventivo”, con lo scopo di impedirgli di esercitare il diritto alla libertà di riunione.
Il 1° novembre 2006 alcuni dei 22 uomini accusati assieme al dottor Besigye hanno inoltrato denuncia contro le autorità per le torture e i maltrattamenti subiti mentre erano in detenzione.

Continuano a pervenire denunce di tortura e maltrattamenti da parte di agenti statali di sicurezza. In particolare, l'Unità di rapido intervento (RRU), già denominata Unità di rottura del crimine violento (VCCU), è stata criticata da organizzazioni, tra cui la Commissione sui diritti umani dell'Uganda, per i numerosi episodi di tortura e altri maltrattamenti, e per la detenzione arbitraria e prolungata dei sospetti.
A fine 2007, il governo non aveva dato risposte alle richieste di indagini in queste accuse di tortura e altri maltrattamenti.

L’Uganda ha presentato soltanto nel 2006 il suo rapporto iniziale sull’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura al Comitato preposto, con un ritardo di 16 anni.
Il Comitato ha osservato con preoccupazione «la mancanza di proporzione tra l’elevato numero di rapporti di tortura e al contrario il ridotto numero di condanne di tali reati», aspetto che contribuiva all’impunità.
Pur riconoscendo la difficile situazione del conflitto interno nel nord dell’Uganda, il Comitato ha sottolineato come «non esistono circostanze eccezionali, quali che siano, che possano essere invocate a giustificazione della tortura».
Durante il 2010, decine di persone nella regione nordorientale di Karamoja sarebbero state uccise in circostanze controverse
da soldati governativi, impegnati in operazioni di sicurezza e disarmo.
Il personale dell’esercito è stato inoltre accusato di aver compiuto torture e altri maltrattamenti nel corso di tali azioni. Il governo non ha avviato indagini credibili sulle presunte violazioni dei diritti umani e nessuno è stato assicurato alla giustizia.
A ottobre, la commissione per i diritti umani dell’Uganda ha denunciato che i casi di tortura e maltrattamenti da parte della polizia, degli agenti di pubblica sicurezza e dei militari continuavano a essere diffusi.
Alcuni sospettati, detenuti in relazione agli attentati dinamitardi di Kampala, hanno riferito di essere stati torturati e maltrattati dalla polizia.

Il 28 aprile 2012 il dottor Kizza Besigye ha riportato gravi ferite mentre veniva arrestato dalla polizia e da personale di pubblica sicurezza non identificato.
Funzionari governativi hanno dichiarato che il livello di violenza usato contro di lui era ingiustificato. A giugno, la commissione sui diritti umani dell’Uganda ha rilevato che l’utilizzo della tortura e di altri maltrattamenti da parte della polizia, di altro personale di pubblica sicurezza e militare era diffuso.
Il governo ha avviato indagini sulle accuse di corruzione riguardanti la malversazione del Fondo globale contro l'HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria in Uganda.
A seguito delle indagini, un ex ministro della Salute e i suoi due vice sono stati deferiti alla polizia per ulteriori indagini.
A maggio 2007, l'ex ministro, i suoi due vice e una funzionaria di governo sono stati incriminati per appropriazione indebita e abuso d'ufficio

Donne e ragazze continuano a subire diffuse violenze sia nella sfera pubblica sia privata, sono oggetto di pestaggi, uccisioni, aggressioni con acido e stupri.
L’alta incidenza della violenza contro le donne in tutto il paese è confermato anche da uno studio ufficiale del governo divulgato
nell’agosto 2007.
Nel nord dell’Uganda donne e ragazze sono state stuprate e uccise da entrambe le parti del conflitto.
Si calcola che tra gennaio e luglio 2006, 989 ragazze siano state stuprate nei campi profughi nel nord del paese. Mentre la polizia ha espresso preoccupazione circa il crescente numero di stupri, specialmente contro ragazze giovani, raramente gli atti di violenza sono stati denunciati per timore di rappresaglie.
Un sistema giudiziario debole e inefficace ha lasciato le vittime di violenza sessuale e di violenza basata sul genere traumatizzate e private della possibilità di ricorrere alla giustizia, così come all'assistenza legale, medica e psicologica.

A ottobre 2010, a
seguito dell’esame del rapporto di stato dell’Uganda, il Comitato delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione contro le donne ha espresso preoccupazione per il fatto che la violenza contro donne e ragazze è rimasta diffusa. Il Comitato ha sottolineato l’eccessiva incidenza di reati sessuali contro donne e ragazze.
Donne sopravvissute allo stupro e ad altre forme di violenza sessuale e di genere continuavano a incontrare ostacoli di tipo economico e sociale nell’accesso alla giustizia, compresi i costi delle indagini e un atteggiamento discriminatorio da parte dei funzionari governativi.
Ad aprile, il presidente ha espresso parere favorevole per la legge sulla violenza domestica, che ascrive a reato specificatamente la violenza domestica.
Tuttavia, questa ha continuato ad aumentare e raramente i responsabili sono stati assicurati alla giustizia.

A luglio 2010, l’Uganda ha ratificato il Protocollo alla Carta africana dei diritti delle donne in Africa.
Le sopravvissute alle violenze commesse durante il conflitto nel nord dell’Uganda continuano a richiedere riparazioni ufficiali per i traumi fisici e psicologici che hanno subito.
Sono gravi anche gli abusi contro le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT).
L'omosessualità in Uganda rimane reato penale.
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Messaggio Da Guya Dom 21 Lug 2013, 13:52


A seguito di una campagna di alto profilo condotta attraverso i media da organizzazioni LGBT ad agosto 2007, funzionari di governo, media, gruppi religiosi e di altro tipo, compresi insegnanti, hanno condannato le persone LGBT chiedendo che fossero arrestate.
Un progetto di legge “contro l’omosessualità” è stato presentato nel 2009: prevede l’inasprimento delle pene per il reato di omosessualità fino all’ergastolo o alla pena di morte.
La sua approvazione è stata rallentata dalle proteste della comunità internazionale, ma nel 2013 è ancora in discussione in Parlamento.
A gennaio 2012, l’attivista LGBT David Kato è stato assassinato nella sua abitazione di Kampala.

Con una sentenza storica, emessa il 10 giugno 2006, la Corte Costituzionale si è pronunciata a favore dell’eliminazione delle leggi che prevedono la pena di morte obbligatoria.
La Corte ha sentenziato che la pena di morte in sé non è incostituzionale quando definita come punizione massima per un reato, ma che le leggi che impongono la pena di morte obbligatoria interferiscono con la discrezione del giudice nel dispensare giustizia. La Corte ha pertanto stabilito che tali leggi sono incostituzionali e che devono essere emendate dal Parlamento.
Si è nel frattempo continuato a comminare condanne a morte anche se non vi sono state più esecuzioni a seguito di condanne
emesse da corti civili dal 1999.
Nel 2012 il Servizio carcerario ha riportato che almeno 505 reclusi, tra cui 35 donne, erano nel braccio della morte in Uganda. Corti militari hanno continuato a comminare sentenze di morte e a ordinare l'esecuzione di soldati delle Forze di difesa del popolo
ugandese (UPDF).
Non è chiaro il numero esatto dei soldati messi a morte ai sensi del codice militare.

[Fonte: www.amnesty.it; Amnesty International, Rapporto Annuale 2006, 2007, 2010, 2012]



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