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Se qualcuno, "de Roma" (o di Parma) andasse a curiosare ...

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Messaggio Da Erasmus Mer 10 Lug 2013, 18:07

Come dissi altre volte: "recepta refero".
Virgilio Dastoli, ora presidente del CIME [ Consiglio Italiano del Movimento Europeo (CIME), www.movimentoeuropeo.it] ed ex presidente della rappresentanza in Italia della Commissione Europea (nonché mio vecchio amico – ma non ci vediamo da vent'anni! – e "federalista DOC") ha organizzato a Roma, per domani 11 luglio, una conferenza alla quale dovrebbero partecipare (secondo la "locandina") diìverse importanti personalità (e non tutte di tendenza federalista ... per esempio il famigerato Vaclav Klaus).

Se qualcuno "de Roma" andasse a curiosare, penso che non resterebbe deluso.
Soprattuto dal grande Guy Verhofstadt, ex premier belga ed ora presidente del gruppo ALDE al PE, nonché co-fondatore ed animatore del "Gruppo Spinelli" (che in realtà è un Intergruppo informale con partecipazione di eurodeputati pro-europeisti di ogni formazione politica).

Trascrivo di seguito il programma.
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“Cittadinanza europea, legittimità democratica e unione economica:
quale agenda per un’Europa più forte? ”
11 Luglio 2013, Roma - Sala Protomoteca, Campidoglio
8.00 Registrazione
8.40 Saluti di benvenuto
Giuseppe Vita Presidente, UniCredit
8.50 Relazione introduttiva
Emma Bonino, Ministro degli Affari Esteri
9.10 Più Europa o meno Europa? L’ Europa di cui abbiamo bisogno
Guy Verhofstadt, Membro Parlamento Europeo e Presidente Gruppo ALDE
Klaus Vàclav,  ex Presidente della Repubblica Ceca
           (Moderatore: Lapo Pistelli, Vice Ministro degli Affari Esteri)
9.50 Cittadinanza europea e legittimazione democratica: come costruire un’Unione politica
Sylvie Goulard, Membro Parlamento Europeo
Mark Leonard , Direttore European Council on Foreign Relations (ECFR)
Franco Debenedetti, Presidente Istituto Bruno Leoni
Giuliano Amato, Presidente International Advisory Board, UniCredit
(Moderato da Giovanni Moro, Presidente Fondaca)
11.20 Pausa caffè
11.30 Il futuro dell’Europa: verso una più forte unione economica e monetaria
Daniel Gros, Direttore Centro per gli Studi Politici Europei (CEPS)
Romano Prodi, Presidente Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli,
    ex Presidente Commissione Europea, ex Primo Ministro Italiano
Federico Ghizzoni , Amministratore Delegato UniCredit
Dora Bakoyannis, Membro Parlamento Greco
Emma Marcegagli,  Amministratore Delegato di Marcegaglia Group
(Moderato da Lucrezia Reichlin, Prof. Ord. e Direttore del Dipart. di Economia, London Business School
13.00 Conclusioni
Enrico Letta,  Presidente del Consiglio dei Ministri (in attesa di conferma)

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Messaggio Da Erasmus Mer 10 Lug 2013, 20:15

Ho appena corretto il titolo del thread aggiungendo "(o di Parma)" perché Verofstadt parla (questa volta come unico oratore) a Parma posdomani 12 luglio.

Ho ricevuto quest'altra e.mail:
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Cari amici federalisti,
vi scrivo per informarvi che il 12 luglio, a Parma, alle ore 17.30 presso il salone delle conferenze del Collegio delle Orsoline, l'ALDE (Alleanza dei Liberali e Democratici Europei) assieme al gruppo dei soci e simpatizzanti locali, ha organizzato una conferenza in cui l'unico relatore sarà Guy Verhofstadt. 

Dato l'argomento "Un'Italia europea per un'Europa federale" e dato il relatore, gli organizzatori hanno invitato il MFE e la GFE a partecipare all'evento.
Se qualcuno di voi potesse o volesse passare da Parma quella giornata, me lo faccia sapere, per favore.
Un caro saluto

Francesco  <francescov1988@gmail.com>

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Messaggio Da afam Mer 10 Lug 2013, 20:29

Caro Erasmus, come sarebbe bello se tutti ci rendessimo conto che le speranze per il nostro futuro consistano "solo" nell'Unione (vera) dell'Europa!
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Se qualcuno, "de Roma" (o di Parma) andasse a curiosare ... Empty Guy Verhofstadt e Václav Kaus faccia-a-faccia

Messaggio Da Erasmus Ven 12 Lug 2013, 23:36

Interventi usciti ieri, su Il Sole 24 ore, in occasione dell'East Forum 2013 a Roma , che ha visto, tra l'altro, anche il faccia-a-faccia tra federalista Guy Verhofstadt e l'eruroscettico Václav Klaus, (in un dibattito moderato da Lapo Pistelli).

Da Il Sole 24 Ore, 11 luglio 2013
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1
L'Unione più unita contro i nazionalismi 
di Guy Verhofstadt

Gli euroscettici sfruttano la crisi economica per minare l'Unione Europea, la sua storia, le sue istituzioni. Come per un matrimonio, la Ue richiede sostegno e fiducia, che possano farla resistere nella buona e nella cattiva sorte; diversamente, rischia separazione e divorzio. È il momento di rinnovare le promesse; per impegnarsi di nuovo per un futuro unito più stabile, efficiente e responsabile.

La crisi ha svelato i punti deboli della governance economica europea, ove è stata introdotta una politica monetaria ma non una parallela politica fiscale. Diversamente da altre valute globali, l'euro dipende da 17 strategie economiche e mercati obbligazionari differenti, nessun tesoro o emissione di debito comuni e nessun supervisore bancario comune. Tutto ciò spiega perché i mercati obbligazionari chiedano tassi di interesse notevolmente più alti ai Paesi dell'Eurozona, nonostante livelli di debito pubblico inferiori, di quanto non facciano con gli Stati Uniti o il Giappone. Si sta cercando di affrontare alcune di queste lacune, ma i progressi sono lenti e il consenso su una visione comune è sfuggente.

Tale visione dovrebbe basarsi su una struttura più integrata, che fornisca all'Unione gli strumenti per agire in modo efficace. Questa integrazione dovrebbe basarsi su una struttura di tipo federale, per dar vita a politiche più efficaci e responsabili. La parola con la "f" è stata assai diffamata negli ultimi anni, benché molti Stati siano strutture federali. È possibile essere contemporaneamente Fiammingo, Belga e Europeo. In verità, in un mondo sempre più post-nazionale, ove l'economia globale è trainata da grandi blocchi commerciali e mercati emergenti, gli Stati europei del XIX secolo mancano di peso politico ed economico. Il G8, con tutta probabilità, nel 2030 apparirà diverso da oggi: senza più neanche uno Stato della Ue. In questo contesto, è meglio condividere la sovranità a livello europeo, piuttosto che perderla a livello globale. 

Tuttavia, l'Unione Europea lotta per conquistare le menti e i cuori della gente. Benché il Parlamento europeo possieda la legittimità che gli deriva dal fatto di essere eletto direttamente, manca di credibilità agli occhi degli elettori, che non si sentono motivati a votare i propri membri del Parlamento. Le elezioni europee sono considerate alla stregua di referendum nazionali sui governi in carica piuttosto che opportunità per discutere delle scelte politiche su argomenti transnazionali, quali cambiamenti climatici, terrorismo, immigrazione o globalizzazione, e i governi nazionali hanno una predilezione per dare la colpa a Bruxelles di quello che va storto, mentre rivendicano il merito di ciò che va bene. C'è bisogno di una trasformazione radicale della coscienza pubblica: i partiti europei devono compiere uno sforzo per organizzare campagne a livello europeo e affrontare le insieme, come Unione di 500 milioni di cittadini, e non come 27 entità nazionali separate, e la prospettiva di eleggere il presidente della Commissione europea da liste di partito costituirebbe un ottimo incentivo per incrementare l'affluenza alle urne, così che si cominci a credere che al voto seguano risultati tangibili.

Le prossime elezioni europee, nel giugno 2014, saranno le più europee di sempre. La crisi ha reso le persone più consapevoli. Non è barricandosi all'interno dei propri confini nazionali che giungeremo alla soluzione. È grazie all'Europa che avremo successo, oppure no. Il punto sul quale concordo con gli euroscettici è questo: non è questa Europa che risolverà i nostri problemi. Dobbiamo muoverci in direzione di un'Europa più efficace e più integrata. La condizione attuale - il tirare avanti - altro non fa che creare attrito, animosità.

La Ue era intesa ad unire i popoli dopo le due guerre mondiali. Un'Unione Europea più unita è il baluardo contro il nazionalismo. Ed è la strada giusta per affrontare le sfide sovranazionali del XXI secolo.
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Guy Verhofstadt è presidente del "Gruppo ALDE" (Alleanza dei Democratici  e dei Liberali per l'Europa) al Parlamento Europeo.

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2
L'Ue incentivi il lavoro produttivo 
di Václav Klaus

Osservo i problemi europei da Praga. La Repubblica Ceca fa parte dell'Europa, è un membro dell'Unione Europea e un non-membro dell'Eurozona. È importante differenziare queste tre entità e le tre diverse forme di partecipazione ad esse. Dal mio punto di vista, l'attuale situazione economica in Europa è una diretta conseguenza sia del sistema economico e sociale europeo che non funziona, sia degli accordi istituzionali della Ue, sempre più centralistici e burocraticamente invadenti. Insieme, formano un ostacolo cruciale per ogni ulteriore sviluppo positivo. Si tratta di un ostacolo che non può essere rimosso con correzioni marginali (o con cambiamenti di facciata) o, in ultima istanza, mediante politiche economiche a breve termine più razionali. I problemi sono troppo profondi per azioni di questo genere. Per risolverli, serve qualcosa d'altro.

Per un economista, che - almeno spero - comprende il ruolo dominante di un sistema economico in termini di performance economiche, è più che evidente che lo stesso sistema economico e sociale europeo, la sua economia sovra-regolamentata, vincolata per di più da un pesante carico di norme sociali e ambientali, e che opera in un contesto di stato sociale paternalistico, non può crescere. Un simile fardello è troppo pesante, e gli incentivi al lavoro produttivo sono troppo deboli. Se l'Europa vuole riprendere il suo sviluppo economico, deve intraprendere una trasformazione fondamentale, un cambiamento sistemico, qualcosa che nella nostra parte d'Europa abbiamo dovuto compiere vent'anni fa - una radicale e ampia de-politicizzazione, de-regolamentazione, liberalizzazione e de-sussidiarizzazione dell'economia.

L'altra parte del problema è il modello di integrazione europeo. L'eccessivo e innaturale accentramento, l'armonizzazione, la standardizzazione e l'unificazione del continente europeo basati sul concetto di "un'Unione sempre più stretta rappresenta un altro ostacolo fondamentale. Queste complesse problematiche meritano di essere discusse da molti punti di vista, ma è evidente che hanno trovato il loro "climax" nel tentativo di unificare l'intero continente a livello monetario. A quel punto i costi del progetto di integrazione europea hanno iniziato a superare visibilmente i suoi benefici.

L'evidente fallimento del progetto della moneta unica, ed è appropriato definirlo tale, era inevitabile, era un evento atteso, ed è stato ben compreso in anticipo da molti di noi, così come lo sono state le conseguenze di questo fallimento - soprattutto per i Paesi europei economicamente più deboli, abituati, in passato, ad essere sottoposti a poco felici, quanto necessarie ed inevitabili svalutazioni delle loro monete. Tutti gli economisti degni di questo nome erano consapevoli del fatto che la Grecia ed alcuni altri paesi, poichè imprigionati in un tale sistema, erano destinati a fallire.
I benefici - promessi come risultato dell'accettazione di una moneta comune - non sono mai arrivati. La crescita attesa negli scambi internazionali e nelle transazioni finanziarie è stata contenuta ed è stata più che compensata dagli enormi costi di questo regime.

In condizioni ottimali (in senso economico), anche le zone monetarie non perfette possono funzionare, come hanno fatto, per un po', tutti i tipi di regimi basati sul tasso di cambio fisso. Quando la situazione è peggiorata - come con la crisi finanziaria ed economica, alla fine dello scorso decennio - tutte le incongruenze, le debolezze, le inefficienze, le discrepanze, le disparità e i disequilibri sono diventati evidenti e l'unione monetaria ha smesso di funzionare correttamente. E non è certo da considerarsi una sorpresa. In passato, tutti i regimi a cambio fisso (come il sistema di Bretton Woods) hanno avuto bisogno di riallineamenti dei tassi di cambio prima o poi, un argomento, questo, presente in ogni testo elementare di economia. Le aspettative, per meglio dire i desideri o sogni, sul fatto che un'economia europea tanto eterogenea sarebbe stata resa omogenea per mezzo dell'unificazione monetaria si sono rivelati sbagliati. Le economie europee, dall'introduzione dell'euro, sono andate verso direzioni non convergenti, bensì divergenti. Nel discutere degli attuali problemi europei, è sbagliato concentrarsi sui risultati o i fallimenti dei singoli Paesi, ad esempio la Grecia o qualsiasi altro Paese del Sud Europa. La Grecia non ha determinato l'attuale problema europeo, la Grecia è vittima del regime monetario dell'Eurozona. Il sistema è il problema. Quando ha accettato l'euro, la Grecia ha compiuto un tragico errore. Tutto il resto era ed è il suo comportamento abituale, che non ho alcun diritto di criticare. Permettere a questo Paese di lasciare l'Eurozona - in forma strutturata - potrebbe essere l'inizio di un lungo cammino di questa nazione verso un futuro economico sano.

Per concludere, l'Europa è matura per una decisione fondamentale: i cittadini europei devono continuare a credere nel dogma che la politica possa dettare l'economia e continuare a difendere la moneta comune ed altri accordi simili, a qualsiasi costo, o devono finalmente accettare il ritorno alla razionalità economica?
La risposta data dalla stragrande maggioranza dei politici europei a una simile domanda finora è stata sì, dobbiamo continuare. Spetta a noi dire loro che le conseguenze di una tale politica saranno costi sempre più alti per tutti e, alla fine, se sarà protratta nel tempo, porterà al collasso economico.

Ciò di cui abbiamo bisogno in Europa è una trasformazione fondamentale del nostro pensiero e del nostro comportamento. L'Europa deve intraprendere un cambiamento sistemico, non solo un cambiamento nella politica! Arrivare ad una decisione del genere un processo politico vero e proprio, non di vertici sempre più frequenti a Bruxelles. La soluzione deve giungere quale risultato di dibattiti politici nei singoli Paesi membri della Ue. Deve essere generata dalle persone, dal demos di questi Paesi. Però bisogna fare in fretta. Continuare ad improvvisare, come si sta facendo ora, può costare davvero molto caro.
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Václav Klaus è stato presidente della Repubblica Ceca 
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